Il figlio del Corsaro Rosso. Emilio Salgari
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Читать онлайн книгу Il figlio del Corsaro Rosso - Emilio Salgari страница 27
– E se fossero archibugieri?
– Non ve ne sono fra le cinquantine, – rispose Buttafuoco. Nessuno sparerà contro di noi un colpo di fucile, ve l’assicuro io. Zitti tutti! Può essere l’avanguardia della cinquantina che perlustra.
Il fruscio aumentava, mentre i latrati dei cani diventavano sempre piú fiochi. Probabilmente i terribili mastini avevano trovata una vecchia traccia e la seguivano colla loro abituale ostinazione.
Un momento dopo, cinque uomini armati di alabarde s’aprivano il passo attraverso i folti cespugli, fermandosi quasi sotto l’enorme albero.
– Carrai! – esclamò uno. – Dove sono scappati quei maledetti perros?
– Saranno vicini ai fuggiaschi, Alonzo – rispose un altro.
– Possono strangolarli sul colpo! Erano tre, non è vero?
– Almeno io non ne ho veduti altri, quando hanno ucciso il nostro Cid.
– Che gambe avevano quegli uomini per percorrere una tale distanza? Scommetterei che erano bucanieri.
– T’inganni, Diaz. Sono gli uomini usciti da San Domingo e che hanno ucciso quel povero Barrejo.
– Caramba! Noi lo vendicheremo.
– Taci! I cani ritornano.
Ed infatti i latrati che poco prima erano diventati fiochi si facevano udire ora piú distinti.
La terribile muta, accortasi di correre su una vecchia traccia, ritornava a corsa sfrenata, latrando rabbiosamente.
Passò un minuto, poi venticinque o trenta cani, enormi, col pelame ispido, le teste grosse e le mascelle assai sporgenti, somiglianti molto ai cani americani che vengono chiamati dai piantatori della Virginia e della Luisiana blood hound, balzarono addosso ai cinque soldati con tale impeto che per poco non li gettarono a terra.
– Una corsa inutile, è vero, miei piccini? – disse colui che chiamavano Diaz. – Non vi scoraggiate. Quei bricconi non avevano le ali e quindi sapremo ritrovarli.
– Tu sei un vero imbecille che non conosci i cani cubani.
– Sarò anche un cretino, ma intanto sono ritornati con gli orecchi bassi e senza le prede.
Uno scoppio di risa salutò quella risposta.
– Voi siete dei triplici cretini! – gridò Diaz furioso. – Da dove venite?
Dai presidios forse? – O dalla via dell’Alcalà di Madrid?
– Caramba! – urlò Alonzo. – Siamo dinanzi al nemico e urlate piú forte dei nostri mastini! È cosí che voi preparate le imboscate? Vi denuncerò tutti al governatore di San Domingo e vi farò disarmare. Il sergente sono io!
– Portategli dell’aguardiente e non si ricorderà piú di avere dei galloni – disse un altro soldato con voce ironica.
– Se parli ancora ti uccido, miserabile!
Seguí un profondo silenzio, poi la voce del sergente si fece ancora udire:
– Via, piccini! Quei birbanti non devono essere molto lontani.
I cani a quell’ordine si slanciarono in tutte le direzioni, cacciandosi in mezzo alle macchie.
S’avanzavano e retrocedevano fiutando rumorosamente l’aria, poi tornavano ostinatamente verso il drappello, abbaiando sordamente.
– Ci sentono – disse Buttafuoco, accostando le labbra ad un orecchio del signor di Ventimiglia.
– Che ci scoprano? – chiese il conte.
– Sarà un po’ difficile. Tuttavia teniamoci pronti ad annientare con una scarica l’avanguardia delle cinquantine – rispose il bucaniere. – Il mio archibugio è pronto.
– Ed anche il mio.
Non fate però fuoco se prima non vi do il comando.
Le ricerche dei cani durarono un buon quarto d’ora, poi essi ripresero la corsa, seguendo la traccia di prima. Non avendone trovate altre piú recenti, si ostinavano su quella vecchia lasciata forse da qualche negro fuggiasco.
L’avanguardia della cinquantina, dopo una breve discussione, prese il partito di seguirli, e scomparve ben presto attraverso la foresta.
– Finalmente possiamo respirare liberamente! – esclamò il guascone. – Mi pareva di sentirmi i denti di quei cagnacci nelle gambe.
– Avrebbero trovato ben poco da rosicchiare, signor soldato – disse Mendoza ironicamente. – E per questo forse se ne sono andati a cercare dei polpacci piú rotondi.
Malgrado la gravità della situazione tutti si erano messi a ridere, perfino Buttafuoco.
– Che cosa facciamo dunque? – chiese il conte. – Scendiamo?
– Sarebbe una grave imprudenza – rispose il bucaniere. – I cani possono ritornare, scoprire le nostre orme e darci la caccia. Avete fretta di giungere a San Josè?
– Nessuna: la mia fregata non lascerà i paraggi del capo Tiburon, se io non mi farò vedere, ed il mio luogotenente è troppo furbo per lasciarsi sorprendere e battere dai galeoni spagnuoli.
– Allora vi consiglio di passare la notte qui.
– Cosí diventeremo dei volatili! – disse Mendoza. – Purché non giungano i cacciatori!
– Vi ho detto che le cinquantine non hanno armi da fuoco – disse il bucaniere. – Dei cacciatori con le alabarde ne parleremo! Accettate, signor conte?
– Giacché non si può far di meglio e la prudenza lo esige, passiamo la notte quassú – rispose il signor di Ventimiglia. – Ed il vostro arruolato non verrà scoperto? La capanna non è molto lontana.
– Non si lascerà sorprendere, ve lo assicuro io. Ha dei buoni cani che l’avvertiranno in tempo dell’avvicinarsi delle cinquantine. Sono perfettamente tranquillo per lui. Ah, me lo ero immaginato! Che brutta faccenda se avessimo lasciato questo asilo… Le vedete, signor conte?
– Chi?
– Le cinquantine: sbucano ora dal bosco e avanzano a catena. Gli spagnuoli vi considerano persone pericolosissime, perché vi fanno l’onore di mandarvi dietro due colonne.
– Potevano risparmiarsi quest’onore – brontolò Mendoza. – Io non lo desideravo affatto.
Il conte si era alzato sul ramo che gli stava sotto e guardava attentamente nella direzione che il bucaniere gli indicava.
L’albero che serviva loro d’asilo si trovava a poche decine di metri dal margine del bosco, sicché essendo la notte abbastanza chiara, i filibustieri potevano scorgere benissimo le persone che fossero avanzate nella vicina pianura terminante verso gli stagni e le paludi.
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