Il figlio del Corsaro Rosso. Emilio Salgari

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Il figlio del Corsaro Rosso - Emilio Salgari страница 26

Il figlio del Corsaro Rosso - Emilio Salgari

Скачать книгу

chi? – chiese il corsaro.

      – Da una o da piú cinquantine di certo.

      – Come lo sapete?

      – Vivendo sempre in mezzo alle foreste, i nostri orecchi acquistano un’acutezza incredibile ed afferrano subito i piú lontani rumori. Vi ripeto che noi siamo seguiti e forse i nostri nemici non sono molto lontani.

      – Eppure io non ho udito nulla. Neppur tu, è vero, Mendoza?

      – Io non odo che le rane ed i rospi cantare, – rispose il filibustiere.

      – Ed io le foglie e la frutta cadere, – aggiunse il guascone.

      – Io invece continuo a udire dei lontani latrati, – disse il bucaniere. – Qualcuno vi ha veduto attraversare le foreste?

      – Abbiamo messo in fuga una cinquantina e le abbiamo ucciso il cane che la precedeva – rispose il conte.

      – Ora comprendo! – disse Buttafuoco. – Quella cinquantina deve averne incontrata qualche altra fornita di cani, ed ora molti uomini ci seguono e non cesseranno di marciare finché non ci avranno raggiunti… Brutto affare!

      – Cerchiamo di raggiungere al piú presto la tenuta della marchesa di Montelimar – disse il conte.

      – È ancora troppo lontana – rispose il bucaniere. – Anche correndo rapidissimi, non potremmo giungervi prima del sorgere del sole.

      – Che siano vicini gli spagnuoli?

      – Essi, forse no; ma i cani sí; e quelle bestiacce sono piú pericolose degli uomini. Io li conosco troppo bene! Non per nulla li chiamano cani strangolatori. Guardatevene, signor conte.

      – Che cosa decidete? Aspettare qui il loro assalto o continuare la marcia?

      Invece di rispondere, Buttafuoco osservò attentamente la foresta foltissima, dove un infinito numero di liane s’intrecciavano in mille modi attorno agli alberi, formando dei bellissimi festoni.

      – Cerchiamo di far perdere le nostre tracce ai doz – disse poi. – Forse ci riusciremo con una marcia aerea. Si tratta solo di far presto, e di guadagnare piú strada che potremo.

      Si gettò in spalla l’archibugio, s’aggrappò ad un ammasso di liane, che pendevano intorno al tamarindo, e si issò a forza di braccia, dicendo:

      – Cercate d’imitarmi.

      – Diamo la scalata alle griselle del bosco! – disse Mendoza. Preferisco una manovra marinaresca a questa interminabile marcia… Signor Barrejo, fingete di trovarvi a bordo di un treponti.

      Il conte, il quale aveva perfettamente compreso quello che il bucaniere stava per tentare, si era subito inerpicato attraverso un altro festone di sipos, mostrandosi abilissimo ginnasta.

      Buttafuoco raggiunse i grossi rami del tamarindo e, servendosi sempre di quelle resistentissime corde vegetali, passò su di un enorme cotoniere, poi su una palma, quindi su di un cavolo palmista, continuando intrepidamente la sua marcia aerea.

      Passare da una pianta all’altra non era difficile, poiché gli alberi crescevano cosí vicini gli uni agli altri da intrecciare i loro rami. Anche senza le liane, quella manovra, per uomini agili, sarebbe stata possibile. Il bracco, destinato purtroppo a cedere sotto i denti dei ferocissimi e robustissimi cani cubani, seguiva da terra il padrone, latrando lamentosamente.

      – Quello stupido ci tradirà! – disse Mendoza al bucaniere, approfittando d’una breve sosta.

      – È vero – rispose Buttafuoco armando l’archibugio. – Mi rincresce, ma la sua morte è necessaria.

      Aveva appena terminato di parlare che già il povero bracco stramazzava al suolo, fulminato dall’infallibile palla del cacciatore.

      – È strano! – disse il bucaniere passandosi una mano sulla fronte. – Mi pare di aver commesso un delitto. Bah! la necessità non ha legge nella foresta!

      Ricaricò l’archibugio e si mise in ascolto. Dei lontani latrati avevano risposto a quel colpo di fucile.

      – Gli spagnuoli hanno raccolto una truppa di doz – disse poi.

      – Fortunatamente potranno assediarci, ma non raggiungerci.

      – E la cinquantina che li segue? – chiese il conte.

      Buttafuoco alzò le spalle.

      – Le alabarde perderanno subito contro gli archibugi – disse. Io non mi occupo affatto di quei manici di scope. Riprendiamo la nostra marcia, signore. I doz cubani hanno scoperto le nostre tracce e le seguono ostinatamente; noi non dobbiamo fermarci qui, cosí vicini al mio bracco.

      Ripresero la loro ginnastica indiavolata, scivolando fra i rami e le liane, ora innalzandosi ed ora abbassandosi fino quasi a terra, guardandosi bensí dal toccarla per non lasciarvi la menoma traccia.

      Avevano percorso altri cinquecento metri e stavano per rifugiarsi tra le fronde di un simaruba, quando udirono, a non molta distanza, dei furiosi abbaiamenti.

      I doz cubani erano giunti e, non avendo piú trovato le tracce dei fuggiaschi, sfogavano il loro malumore con terribili e minacciosi latrati.

      – Devono aver trovato il cadavere del mio bracco, – disse il bucaniere, il quale si era messo a cavalcioni d’un grosso ramo, accanto al conte.

      – Che ci scoprano? – chiese questi.

      – Non ve lo saprei dire, signore, – rispose Buttafuoco. – Quei maledetti cani hanno un olfatto meraviglioso.

      – Siamo su un albero ben alto.

      – Lo vedo bene, – rispose il bucaniere, sorridendo. – Eppure non sono affatto tranquillo. I mastini che adoperano, ve l’ho già detto, sono terribili.

      – Non fiatiamo.

      – E sarà meglio per noi.

      I doz cubani continuavano a latrare furiosamente, a non meno di cinquanta passi. Come Buttafuoco aveva detto, dovevano aver scoperto il cadavere del bracco e si aggiravano intorno alla foresta cercando le orme dei fuggiaschi.

      Ad un tratto si fece udire un latrato sonoro, piú acuto degli altri, seguito da un fruscio di foglie.

      – Vengono! – disse il bucaniere. – Che nessuno parli.

      Mendoza ed il guascone si erano rannicchiati sul loro ramo, tenendo gli archibugi in mano.

      Buttafuoco ed il conte li avevano subito imitati, cercando di rendersi invisibili. Attraverso la cupa e tenebrosa foresta si udí un frastuono di latrati acuti che si perdettero subito in lontananza.

      – Sono passati! – disse il bucaniere al conte. – Ora attenti alla cinquantina. Non deve essere molto lontana; ne sono sicuro.

      – Che si avanzi? – chiese sottovoce il signor di Ventimiglia.

      – Segue sempre i cani. Ascoltate attentamente: udite?

      – Sí, un leggiero fruscio.

      – Sono gli

Скачать книгу