Lo assedio di Roma. Francesco Domenico Guerrazzi
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![Lo assedio di Roma - Francesco Domenico Guerrazzi Lo assedio di Roma - Francesco Domenico Guerrazzi](/cover_pre160902.jpg)
Il Conte di Cavour intorno a Roma manifestò due concetti, uno dei quali, per opinione mia, si ha da reputare buono, e l’altro no. Buono quello di combattere la Chiesa romana più con le armi della ragione, che con le armi di ferro; e forse era meglio dire, dovercisi adoperare ambedue, però con questo intento, che la potestà temporale intorno intorno segata dalla dottrina caschi al primo tocco, come la porta santa sotto il colpo leggerissimo del martello del Papa. Chi poi crede che si possa movere guerra efficace alla potestà temporale lasciando incolume la spirituale, non se ne intende, perchè con questo Roma ripiglierà la prima a tempo ed a luogo; già lo fece una volta e non si capisce perchè non l’avesse a fare da capo; se il ragnatelo rifabbrica la sua rete sette volte, la Chiesa tornerà a tramarla per lo manco settanta volte sette; nè tu spera col Sacerdote pace sicura mai se prima la sua usurpata potestà temporale non cessi, e la spirituale non si rimondi da ogni mescolatura di faccende terrene.
La Chiesa romana quando acciecata dalla superbia, e dal considerarsi tanto nella dottrina superiore al secolo, che la circondava, intese definirsi, fece come Licurgo quando piantò la vigna; ella si tagliava le gambe: custode alla immobilità sua pose la maledizione, e il fuoco: nè di roghi, nè di anatemi ella fece a spilluzzico; ma il pensiero non si brucia: anco ai roghi, anzi soprattutto ai roghi dello errore si accendono le torce della verità: quanto a maledizioni avvertite, che quelle dell’uomo ben possono percotere, e percotono l’uomo, ma l’uomo soltanto, mentre quelle della ragione rompono l’uomo e le sue frodi.
E veramente noi confessiamo come l’uomo col suo intelletto non possa comprendere tutto: tra il cielo e la terra havvi uno spazio, che a sapienza umana non fu concesso penetrare; ma ciò non deve porgere argomento al Sacerdote di empirlo di terrori, di errori, e di fantasmi; aucupi di uccellatore cotesti per cavarne profitto ad ingrassare la mensa: se quì dentro sta chiuso un mistero per me, e tu Sacerdote a posta tua uomo come me, sovente meno di me, adora e taci.
Chi di coltello ammazza conviene che pèra, ha detto Cristo, e con giustizia migliore poteva sentenziarsi: chi seminò l’errore raccatta la morte. Il Sacerdote avvolse intorno alle gambe della umanità una catena d’inganni agguantandola per la cima a fine di reggerne i passi, ma la umanità limandola per secoli con la opera della mente se n’è affrancata, mentre la cima impiombatasi dentro la mano al Prete lo tiene preso provvidenzialmente.
La vita è moto: la immobilità spetta ai cadaveri, ovvero alle cose inanimate: nè cessa soltanto il viandante che si ferma per le lande nevose della Siberia, bensì ogni istituto, che sosta a mezzo il cammino del suo perfezionamento: per condizione di vita l’uomo ha da rimanere incompiuto finchè duri sopra la terra; condanna sia, o grazia il suo intelletto si trova spinto a poggiare sempre e più sempre in alto affaticandosi a diminuire la distanza la quale intercede fra la mente umana e la mente divina.
Che se ti oppongono: spenta l’autorità chi mai fie potente a creare la regola? – Cristo provvide a questo: l’uomo non la può imporre all’uomo, e la Chiesa non istà nello individuo, bensì nella comunione dei fedeli: così fu una volta, e così ha tornare ad essere: dai Concili composti di uomini guasti di ogni reo costume (e per ora invano gli speri diversi) non ti puoi attendere altro che miserie, più tardi ne uscirà regola e scienza: dalle legna secche prima non hai fumo, tristezza degli occhi, poi fiamma conforto delle membra assiderate?
L’altro concetto, che per me reputai pessimo e sbalestrato dal Cavour fu quello della Chiesa libera nello Stato libero. Se la servile piaggeria da una parte non generasse sempre temeraria prosunzione dall’altra, e se prima di avventurare proposte, le quali ci potrieno riuscire funeste le provassimo nella ragione di fatti per meditarci sopra conforme è debito di tutti, massime di cui regge gli stati, troveremmo come la Chiesa romana instasse un dì per siffatta separazione, poi ella stessa la togliesse di mezzo; ed ora ne aborrisca, e quasi fosse empietà la condanni; perpetua la contradizione nei detti, negli scritti, e nelle opere della Chiesa di Roma, comecchè ella sia tutto un prete, un prete solo che striscia pari ad un boa immane traverso quindici secoli: durante tre il Sacerdote raccolse nel suo cuore i raggi della divinità, e la sua via fu quella del paradiso; da quindici secoli a questa parte i passi di lui tendono per dritto tramite allo inferno; e nondimanco in mezzo alla contradizione proponesi fine immutabile; cotesta è volubilità delle vele da mulino per movere la mola, che macina il grano per casa.
Noi ci atterremo per non andare errati alle parole di Cristo, e mettendo il vangelo per falsariga sotto il cammino dei preti conosceremo a prova i passi loro essere quelli del granchio; nè vale opporre che la lettera uccida, e lo spirito ravvivi, conciossiachè la lettera di Cristo risplenda luminosa della luce dello spirito. I preti ad ogni piè sospinto ti vanno ripetendo santo Agostino avere sentenziato nelle cose dubbie doverci noi stare piuttosto alla interpretazione della Chiesa, che alla Scrittura, e quando pure l’opinione di questo santo facesse regola, tu nota com’egli dichiari la Chiesa non il prete, e che cosa sia Chiesa avvertimmo. Ma ai tempi nostri, Roma da imprudenti campioni non so bene se o tradita o difesa, sempre pertinace a rifiutare ogni riforma, scendeva nello arringo della discettazione: per questa guisa dopo renunziato il domma della infallibilità respinge anticipatamente i benefizi della disputa; anzi prima di disputare si confessa vinta, imperciocchè, il campo della disamina secondo lei, non avria ad essere libero e sconfinato, bensì all’opposto da lei definito e ristretto: ora chi a tale patto intende combattere si sente vinto.
Se col sussidio della notizia dei fatti tu vorrai conoscere la causa per la quale la Chiesa chiedente un dì la sua separazione dallo Stato, oggi arrovelli a solo udirne favellare ti fie palese, osservando come sottoposta un giorno allo Stato in ogni sua manifestazione esterna, ella che pure agognava a roba, e a potere terreno ebbe mestiere aggirarsi libera, e inosservata per una sfera di atti diversi, ed anco avversi al principato civile; avendo poi fatto roba ella con le ruine dello stato si compose uno stato, si armò di leggi, il codice romano si adattò a suo dosso, o piuttosto lo convertì in arnese capacissimo a lavorare i suoi disegni, nella maniera medesima che ritagliava per sè il titolo di pontefice massimo, e il paludamento imperatorio mutava in piviale. Ora poi che possiede le decretali d’Isidoro peccatore o mercatore, il Decreto di Graziano, le Clementine, l›Estravaganti, il sesto di Bonifazio VIII e il corpo del diritto canonico, e prosunzione d›infallibilità con altre più enormezze di cui terremo parola, in virtù delle quali, un tempo, ella s›impose sovrana dei sovrani, e dopo, per lo meno pari a loro, repugna a cosiffatta separazione, e veramente non si può operare senza trasformarla, così che avendo arruffato le cose divine con le umane, gl›interessi co› sacramenti, le stole con le manette, l›aspersorio con la mannaia, dividere importi tagliare. Il diritto canonico si caccia dentro il codice civile a mo› di bietta in mezzo al ceppo per ispaccarlo; ed invero egli talvolta dispone diverso, e tale altra opposto alla ragione civile; onde se lo abolisci, e devi abolirlo, non puoi lasciare la Chiesa libera come colei che si compone nella massima parte di questo, il quale ella inalzava alla dignità di domma, ed emana figliuolo primogenito dalla infallibilità sua: dove all›opposto tu glielo lasci stare, e› sarebbe come rapire al corsaro il bottino, e non levargli la galera; con le mani ignude ella strappò le corone di mano dei Re, pensa tu se non vorrebbe ritentare la prova provvista di questa sorte tanaglie! Qui con parole succinte pongo uno esempio. Nelle materie matrimoniali il codice civile conta da due parti; così a mente di questo tu disti dalla tua cugina quattro gradi, imperciocchè fra tuo padre e te corra un grado, un secondo fra tuo padre e l›avo tuo, il terzo fra l›avo e lo zio, finalmente il quarto tra la cugina e te; quindi là dove ti garbi puoi con la tua cugina stringere liberamente legittime nozze; non così per diritto canonico, il quale inteso a moltiplicare i divieti per crescere la messe delle dispense conta da un lato solo; però tu dalla tua cugina distando due gradi non puoi con essa dirittamente ammogliarti se prima, pagando, non ottieni la dispensa. Supposto che tu non voglia, o non possa procurarti la dispensa, ed invece persista nella voglia di sposare la cugina, ecco le coscienze turbate, la famiglia percossa nei fondamenti; se non che il prete ipocrita ti nota: o credi o non credi; se ti piace credere, tu lo hai da fare a questo patto; se non credi che t›importa di me? No, prete, non è così: le