Novelle. Balbo Cesare

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Novelle - Balbo Cesare

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nelle mie lettere; e se ne prendo ancor due o tre, a' venticinque anni potrò pur essere de' veterani, e mandato, come dicono essi, a' miei focolari.» E in somma quei tre giorni furono un giorno di festa a tutto il paese, e di vacanza alla scuola; e credo i tre più bei giorni della vita della povera Maria. Ripartì lasciando tre luigi d'oro a suo padre, uno al fratello, che era uno de' miei scolarucci, e un bel fazzoletto e un anello a Maria: e giunto a Venezia le mandò in una lettera una catenella, che mai più poi non si sciolse dal collo della fanciulla.

      Allora succedette la guerra d'Austria, la terza che fece Toniotto; e siccome in ognuna guadagnava busse ed avanzamenti, ebbe una ferita sul capo che questa si seppe a casa, e molto turbò la povera Maria: ma pure ei ne guarì, e fu fatto passare nella Guardia Imperiale. Quando ne scrisse, ei non avrebbe potuto dir più se fosse stato fatto maresciallo, tanta gioia ne mostrava. Alla pace fu a Parigi, e ne scriveva sovente, ed anche ne mandava ora una cosuccia, ora un'altra alla Maria; e diceva che era passato allo stato maggiore, e più sperava esser fatto ufficiale, e allora! allora tutti sarebbero felici. Così andarono due altri anni, e facendosi la guerra di Russia, Toniotto partì per essa più speranzoso che mai; e tanto più quanto scrisse di Smolensko, che era stato fatto aiutante sotto ufficiale, ed aveva avuta l'altra croce della corona di ferro, e nessuno dubitava che non fosse ufficiale prima del finir di quella guerra; e che questa molti credevano dovesse essere l'ultima che farebbe l'Imperadore; ma, quando non fosse, egli si teneva ufficiale, ed ogni cosa anderebbe bene. Pensate allora che invidia incominciasse a far la Maria alle altre, che prima molte n'aveano quasi pietà, come se a forza d'aspettare avesse a morire fanciulla. E la Mariuccia intanto, io pur dimenticava di dirlo, aveva imparato a scrivere molto bene, e scriveva al futuro sposo, e tutto in somma pareva felicissimo. Quando venuto l'inverno incominciò a mormorarsi che l'esercito francese era stato tutto distrutto; ed io fui alla città, e pur seppi ch'era vero in gran parte, e non si ricevevano più lettere di nessuno, e men di Toniotto; e finalmente essendo già avanzato l'anno, scrissero alcuni Piemontesi della guardia che era morto al passaggio terribile della Beresina. Immaginatevi che dolore fosse al vecchio padre e al giovinetto fratello suo che aveva posto tutto il suo amore al fratello maggiore, e più di tutti poi alla infelicissima Maria. Nè io descriverovvi il suo dolore, e come ammalò e fu per morire, e i pianti e la disperazione de' suoi parenti e suoi fratelli, di cui uno appunto in quel tempo fu levato nella coscrizione, e partì per Germania; e l'altro pochi mesi dopo, perchè s'incalzavano allora dappresso le levate, fu pur portato a Francia. E che dirovvi io più? Quando incominciano in una casa le disgrazie, elle si succedono che fa spavento per sè stessi anche agli indifferenti. I due fratelli di Maria furono ammazzati l'uno ad Hanau, il secondo sotto le mura di Parigi, all'ultime schioppettate di quella guerra che a noi fu così straniera, e costò tanto. Rimase sola a reggere i due parenti infelicissimi, e quasi istupiditi dal dolore, la povera Maria; a cui quel dovere di sorreggere la loro vecchiezza, e la volontà speciale di Dio, che la serbava ad altro, diedero forza di sopravvivere.

      La povera fanciulla aveva allora poco più di ventidue anni, ed era d'una bellezza fatta così celeste dal dolore celestemente portato, che io non ho mai veduto nulla da pareggiarle in terra. Dolor siffatto innalza e nobilita qualunque persona più volgare: ed ella nè contadina, nè tenera fanciulla, ma quasi gran donna, ed a me anzi come santa od angelo parea. Io non l'ho veduta da quel tempo ridere mai più; nè tuttavia era sul suo volto o tristezza aspra, o sopracciglio di sorta alcuna; ma una mesta semplice compostezza che era di lei sola. L'anno 1814, tornati i nostri Principi, e quindi alcuni pochissimi de' soldati già dell'esercito francese, e' si seppero gli ultimi particolari di Toniotto; che durante tutta quella terribile ritirata era stato uno de' pochissimi che serbasse imperterrito il coraggio; e quando tutti morivan di freddo, ei diceva che tenea sul cuore due cose che gliel serberebbero caldo, quando anche ei vi avesse sopra tutti i diacci di quella Russia. Non sapevano ben dire se fosse stato fatto ufficiale; ma certo, egli era che conducea sempre la compagnia, e marciava alla testa; e così era stato a quel terribile ponte ch'egli avea varcato de' primi; e appena passato s'era precipitato come un lione su' nimici, e côlta una palla in mezzo al cuore, era caduto senza vita. «Povero Toniotto! era l'amore del reggimento, e l'onor poi de' Piemontesi di tutto l'esercito.» «Povera Maria!» diceva io, «ben altra è la tua disgrazia di aver a vivere ancora così.» Nè io stesso sapeva tutte le sue pene. Tre anni erano dalla morte di Toniotto, ed io vidi mutarsi quel suo volto così composto a dolore, e diventar inquieto, e sue fattezze mutarsi ogni dì; onde più volte le mi accostai presentandomi a udir suoi casi, se volesse dirmeli. Ma non l'interrogava io, ed ella non mi rispondea. Un giorno pure ch'io l'avea trovata per via, e ci accompagnavamo insieme, ed ella mi parve più agitata che mai, io non potetti dopo un lungo silenzio non esclamare: «Povera Maria!» Ed ella allora diè in uno scoppio di pianto, e quasi fu, credo, per buttarsi nelle mie braccia; ma si coprì il volto con ambe le mani, e pur singhiozzando: «O maestro», disse, «ei mi vogliono maritare!» Io 'l confesso: il pensiero non me n'era venuto in mente mai; non più che se fosse stato un delitto, o una impossibilità. Ora venutomi per quelle poche parole, ei fu come un lampo che mi scoprisse un paese nuovo; e vidi come la cosa fosse venuta, come andava, e come anderebbe; nè altro potei soggiungere se non «povera Maria!» Poco appresso mi fermai, e feci seder la fanciulla; ed aspettato che ella alquanto si riavesse, e cessassero i singhiozzi: «E tu ti mariterai, povera Maria! E poscia che il vecchio padre, e la orba madre te l'han chiesto, e vogliono sostegno e consolazione agli ultimi loro giorni, tu non la negherai loro. A ciò hai sopravvissuto: perciò non ti sei abbandonata al tuo dolore, e ti sei trattenuta di morire. Quelli furono gli sforzi maggiori, quello il maggior sacrifizio. Nè il vorrai ora far inutile e perderne il frutto per non sottoporti a questo di più. Virtuosa Maria, buona Maria, santa, forte fanciulla; compirai il debito tuo, il tuo ufficio su questa terra; e compiuto che tu l'abbia, padre, madre, fratelli ed anche marito ti porteranno insieme a raggiugnere il tuo amore là, dove tutti gli amori si confondono e uniscono in uno immenso, solo, universale… O Maria, non sono fole, non sono parole vane, vote di senso, quelle parole di Dio, che noi siamo qua giù per soffrire. Non si fa il proprio dovere, non si fa bene mai senza patire più o meno; e a chi il dovere, il bene si porge con più patimenti, quello è il figliuolo prediletto dal padre, a cui son dati più meriti ad acquistare, e destinati più premii.» Io diceva ciò interrottamente e strignendo la mano alla fanciulla, che metteva gli occhi in cielo, e ad ogni istante gli innalzava più, e il suo volto tornava quello celeste e sereno di prima, anzi più che mai; e disse finalmente: «Ben lo sapevo che sarebbe così, e che voi pure il vorreste.» Ci alzammo, e non si fece più parola fino a casa.

      Il padre e la madre di Maria erano veramente disgraziatissimi ancor essi; ed essendo poveri, il diventavano più, per non poter più andare a giornata, nè coltivar per bene il poderuccio; e benchè Maria vi si affaticasse, tanto più che avrebbe voluto non s'accorgessero di ciò che mancava in casa, tuttavia ogni giorno era peggio, e n'erano a stentare. Io mi stupiva come non mi fosse venuto in mente prima; ed ora avrei dato volentieri la metà del mio pane per supplire a ciò che mancava in quella famiglia, e lasciar a Maria sua libertà. Ma io poteva morire; e Dio sa come allor mi dolse di non aver mai saputa far masserizia, e metter a parte alcun che della mia pensione di frate, e dell'assegnamento da maestro. Ma più ci pensavo, più vedevo che non ci era verso. E se ne fece capace anche Maria. Onde fra i molti che sempre gli avean offerta la mano, scelse uno chiamato Francesco; buon giovane, già da bambino grande amico di Toniotto, de' pochissimi non istati levati per la guerra, e che non era mai uscito di casa, e sempre aveva amata Maria; e benchè sapesse non esser riamato d'amore, e non n'avesse speranza, mai non avea voluto tor altra moglie. Ora Maria gli disse schiettamente il perchè prendeva marito; e ch'egli ben sapea, che d'amar mai nessuno com'ella aveva amato Toniotto, anzi di trarsi mai quell'amore dal cuore non le era possibile; ma che s'egli pur voleva lei come una vedova a cui fosse lecito amar il primo perduto amore, ella fra ogni vivente amerebbe lui solo, e le sarebbe buona moglie sempre. E il buon giovane, che altro non isperava, molto volentieri accettò; e ne fu l'uomo più felice del mondo; e di più offerendosi ella di farne ciò ch'ei volesse, le concedette di non tôrsi dal collo la catenella di Toniotto; e poi fecero le nozze senza gran chiasso; e quello che si sarebbe speso in mangiari e balli, Francesco che era ricco e solo con sua madre, lo mise mezzo a riattar la casa propria, e farci una camera bella per li due vecchi, che ve li portò il medesimo dì delle nozze; e mezzo ce lo diede al parroco e a me, che ne fecimo distribuzione a' poveri; e fu

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