Terra vergine: romanzo colombiano. Barrili Anton Giulio

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Terra vergine: romanzo colombiano - Barrili Anton Giulio

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mare e di terra, di golfi e di canali, ed alti e bassi, e forti e deboli. Per prevederne l'andamento bisognerebbe conoscere i paraggi. Voi conoscete benissimo ogni particolarità dei venti che soffiano nel canale del Rio Tinto, e in quello dell'Odiel; non è vero?

      – Certamente. Poveri a noi, se non avessimo pratica dei brontoloni di casa nostra.

      – Ebbene, qui sono altri brontoloni; – replicò l'almirante. – E siamo in casa d'altri, e non li conosciamo ancora. Ma non sarà sempre così. Quando ci avremo fatta la mano, sapremo come governarci con loro. Per ora, osserviamo e studiamo. A me intanto par di capire una cosa: che qui, come altrove, certi venti sono proprii di certe stagioni. Qui, ora, è la stagione in cui regna il levante; approfittiamone. Verrà la stagione in cui soffierà il suo contrario, e un po' più forte che non abbia fatto finora. Anche debole, lo abbiamo sentito; ne conosciamo dunque l'esistenza. E forse ci ha dato questo indizio di sè, per levare ogni dubbio a voi, sospettoso uomo. A me dice ancora che una terra è laggiù, donde egli viene a battaglia, ma finora con poca forza di resistenza. Ed è meglio così, per la nostra navigazione; non pare anche a voi? —

      Perez Hernèa si acquetò, per allora. L'almirante aveva ragioni per tutti i dubbi, per tutti gli argomenti in contrario. Ma egli non era da per tutto, e non poteva vincere ugualmente tutti i pregiudizi di una gente ignorante e ostinata. Quella lunga navigazione dove gli indizi favorevoli non conducevano a nulla, quel verde che non finiva mai, quel vento sopra tutto, quel vento che soffiava costantemente da una parte, come per portarli ferocemente a capitar male dall'altra, mettevano tutti in apprensione; e urtava i nervi la inflessibilità dell'almirante, di quello straniero che voleva condurre tanti poveri figliuoli d'Andalusia alla morte, per un suo puntiglio, per una sua stravaganza.

      Molti erano stati incerti fino allora se egli fosse un impostore od un pazzo. Incominciavano a creder tutti che gli avesse dato volta il cervello. Queste fissazioni, che mostrano tanta imperturbabile serenità, son veramente proprie dei pazzi.

      E non si chiedeva più nulla a lui. Si obbediva ai suoi ordini, materialmente, macchinalmente, senza metterci punto di quell'ardore, di quella buona volontà che fa della obbedienza una cooperazione intelligente.

      Per contro, incominciavano da prora i crocchi, i capannelli, quei borbottamenti, quelle mormorazioni, che non sono ancora il principio della rivolta, ma ne accennano l'intenzione. Le povere caravelle malconce; i viveri scarsi; l'acqua fradicia; i venti contrari al ritorno; di coste all'orizzonte neppur l'ombra; mare, sempre mare, nient'altro che mare; quella era la prospettiva. E quanto sarebbe durata?

      Indizi di terre ne erano venuti… Sì, anche troppi, ed era il caso di richiamarsene, come della famosa sua grazia a sant'Antonio di Lisbona. Quei pellicani, quelle cingallegre, tutti quelli uccelli di passo che erano trascorsi a squadre, a sciami, a nembi, sul capo dei naviganti, ora venendo da prora via, ora da poppavia, non indicavano essi, nella capricciosa direzione del volo, che qualche spirito maligno si prendeva giuoco di loro? E qui taluni notavano che quei negri volatori, passando sulle caravelle, avevano fatto sentire un acuto stridìo. Sì, certamente, era uno scherno di potenze invisibili; le quali infondevano con vane immagini le speranze nei cuori, e si beffavano ancora dei troppo creduli marinai. E quegli uccelli, quei tonni, quelle nebbie basse all'orizzonte, non erano che apparizioni diaboliche. I mostri non sorgevano ancora dalle acque, dond'erano aspettati; si mostravano invece all'orizzonte, brulicavano in aria.

      Questa spiegazione degli indizi ingannatori apparve così chiara, che fu creduta a breve andare da tutti. No, non più avanti, per contentare il capriccio dell'avventuriere, del pazzo. Quell'uomo voleva trovar terra a ponente, o morire; proposito da disperati! Ma egli poteva farlo, egli che non aveva famiglia; non potevano essi, che a Palos, a Huelva, a Moguer, lasciavano occhi per piangerli. Bisognava dunque ricusargli obbedienza, forzarlo a ritornare indietro. Chi li avrebbe biasimati? chi li avrebbe accusati di viltà? Si erano spinti quattrocento e più leghe sull'Oceano, sul mare tenebroso, spavento di tutti i naviganti del mondo. Che si voleva di più? che morissero tutti di fame, errando inutilmente sopra un mare senza sponde? o che nei gorghi di quel mare trovassero il sepolcro?

      Le coscienze più timorate si davano pensiero di ciò che avrebbero detto i sovrani, vedendo ritornare le caravelle in Europa. Ma che cosa potevano dire i sovrani? Essi medesimi non si erano risoluti di concedere al marinaio genovese gli uomini e le navi, se non per levarsi d'attorno quel molesto supplicante, e a loro malgrado, come in troppe occasioni era stato dimostrato. Vedendo ritornare uomini e navi, la regina, forse, si sarebbe addolorata, poichè il Genovese aveva saputo ammaliarla col suoi racconti del Cataio e di Ofir; ma poi avrebbe capito che quel cercare il levante a ponente era una stravaganza, una pazzia; e buona com'era avrebbe finito con rallegrarsi di veder salve tante vite di bravi spagnuoli. Quanto al re Ferdinando, egli aveva detto di sì per contentare la moglie; ma che fosse contrario nel profondo dell'anima alla impresa di Cristoforo Colombo non era mai stato un mistero per nessuno. Il ritorno della spedizione, senza aver nulla ritrovato della terra promessa, neanche uno scoglio fuor d'acqua, sarebbe stato un vero trionfo per lui.

      Sì, dunque, ritornare indietro, ricusando obbedienza all'almirante, obbligandolo ad accettare la legge da loro. Ma se non avesse voluto persuadersi con le buone, era egli conveniente di passare alle cattive? Non sarebbe sempre rimasto a carico loro il fatto della disobbedienza e delle conseguenti offese alla sua persona? Da senno, o da burla, era almirante, era vicerè, era governatore; e tutto ciò per decreto reale.

      Il modo di superare quella piccola difficoltà alcuni dei più audaci lo avevano trovato, e ne avevano già discorso lungamente tra loro. Ma non se ne aprivano ancora liberamente nei crocchi più numerosi; stavano a bocca chiusa, o parlavano a monosillabi, a interiezioni, quando erano presenti marinai di altre nazioni; specie quando c'erano i due genovesi. E i due genovesi avevano capito; e si erano lungamente consultati tra di loro, per venire ad una risoluzione che di giorno in giorno si faceva più urgente. Finalmente uno di quei capiscarichi che quando è stato lor confidato un segreto, credono di averlo colto a volo, non istanno più nella pelle se non lo consegnano altrui, si lasciò sfuggire qualche parola coi due.

      – Ah sì? il vostro Genovese non vuol saperne di tornare indietro? – aveva egli detto. – Ebbene, ci resti lui, a naufragare per tutti. Un'ondata che spazzi la coperta, e si prenda quel matto ostinato, non è poi tanto difficile a trovare.

      – Trovare… sinonimo d'inventare, non è vero? – aveva risposto Damiano.

      – Eh sicuramente! Capirete bene, voi altri, che quando la pazienza scappa… E il vostro Genovese la farebbe perdere ai santi. —

      Damiano non volle sentirne più altro. Quella sera dormì male. A mezzanotte doveva andar egli di guardia alla vela, e Cosma gli teneva compagnia. Era l'uso, tra loro, di non separarsi mai; tanto che i piloti avevano finito col mandarli sempre insieme a far le quattro ore di guardia.

      – Senti; – disse Damiano al compagno, quando furono soli sul ponte; – io, per me, non ho più pace, fino a tanto che non ho detto ogni cosa all'almirante. E tu, che cosa ne pensi?

      – Io penso, – rispose Cosma, – che avremmo fatto bene a parlare anche prima. Finalmente, qui non si tratta di riferire i discorsi della gente; si tratta d'impedire un delitto. L'almirante dev'essere posto in grado di custodirsi da un colpo di mano.

      – Giustissimo! – ripigliò Damiano. – Eccolo là, per esempio, che esce dal gavone di poppa, come fa tutte le notti, per invigilare la guardia. Egli infatti non dorme che da un occhio. Ma per la sua persona egli non ha nessuna vigilanza. Due uomini risoluti potrebbero gittarglisi addosso, afferrarlo per la vita, levarlo di peso, e una, due, tre, buttarmelo a mare come un sacco di cenci.

      – Che infamia! e sarebbero capaci di farlo.

      – Dunque, si dice tutto?

      – Si dica. —

      Mentre

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