La piccola fonte: Dramma in quattro atti. Bracco Roberto
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(mettendogli una mano sulla spalla) Forse, potreste essere l'uomo che mi ci vuole. Avete influenza su questa bestia rara?
Bestia rara siete voi.
Insomma, avete influenza su questo sedicente poeta?
Se non ritirate il «sedicente», non possiamo andare avanti.
Ritiro il «sedicente».
Tutte le persone che campano a spese di qualcuno hanno un po' d'influenza sul medesimo. Io, poi, oltre a campare a spese di Stefano, gli sono anche parente. Sissignore! Discendiamo dallo stesso ceppo.
Da Adamo ed Eva?
(contraffacendolo) «Da Adamo ed Eva!» (Carezzandogli il mento) Quanto siete grazioso!
Giù le mani!
Gli sono cugino in terzo grado, e cavatevi il cappello!
Io me lo caverò se riescirete a farmi dare le mille e settecento lire che mi deve.
Stefano ha preso da voi mille e settecento lire di saponi?!
Ma che saponi! Sono cinque anni che ho smessa la fabbrica perchè insieme con mio cognato – quello che perdette il posto al Museo – aprii in via Costantinopoli un magazzino d'antichità. Neppure questo sapete?
Chi volete che si dia la pena di parlarmi di voi?!
Io misi un comunicato nei giornali.
Un altro!
Che c'è di straordinario? Per questo ci sono i giornali: per metterci i comunicati.
Bel concetto che avete del giornalismo!
Veniamo al fatto.
Veniamo al fatto.
La bellezza di otto mesi fa, il vostro signor cugino in terzo grado prese da noi una cornice e due sedie.
Una cornice e due sedie, mille settecento lire?!
La cornice, settecento; e le sedie, cinquecento ognuna.
Dio sa quante volte mi sarò seduto su cinquecento lire e non me ne sono mai accorto!
Gli avrò scritto più di venti lettere.
E lui?
Lui, niente! Come se non ne avesse ricevuta nemmeno mezza.
(cacciandosi in tasca la pipetta spenta) Non ci badate: è un po' distratto.
(scaldandosi) Un po' distratto?
Del resto, la distrazione, si sa, è la malattia di tutti i poeti.
(alzando la voce) Ma lo guarisco io di questa malattia!
(toccandogli la pancia come si fa carezzando un cavallo) Buono, buono, don Fausto!
Giù le mani!
Uno di questi giorni, gli parlo io.
Oggi ho delle scadenze e mi necessita il contante per fare onore alla mia firma. Per mezzogiorno al più tardi, il mio conto dev'essere saldato.
Per mezzogiorno, è un po' difficile. Questa è l'ora in cui Stefano è chiuso nel suo studio, e guai a disturbarlo!..
Chiuso o non chiuso, se fra un'ora non sono soddisfatto, mando al vostro signor parente uno sveglierino per atto d'usciere e metto…
(continuando subito) Un comunicato nei giornali.
(fermamente) Nè più nè meno.
Così Stefano vi risponderà in versi.
E io lo chiamerò imbroglione in prosa.
Ma, dico: che modo di parlare è questo?!
E voi perchè mi stuzzicate?
SCENA III
(venendo dal fondo) Che c'è, che c'è, Valentino?
(a Don Fausto) Questa è sua moglie. Fate il gentiluomo con lei. (A Teresa) Non c'è niente, signora Teresa. Niente di serio. C'è soltanto il signor Fausto Cantajello, qui presente, il quale avrebbe un conticino di mille e settecento lire da farsi saldare. Una cornice e due sedie.
Due sedie a bracciuoli, Errico Quarto puro…
(a Teresa) Devono essere quei due seggioloni con quella spalliera… (fa dei gesti descrittivi.)
A servirvi. Su quei due seggioloni pare certo sia stato seduto Errico Quarto in persona.
E diamine! (Gesto analogo) Se ne vede ancora l'impronta.
La cornice, poi, ha contenuto il primo ritratto a olio di Napoleone I.
Ho capito: è per questo che Stefano ci ha messo il ritratto suo.
(che si trova alla destra di don Fausto) Sì, ma io non credo che per oggi mio marito abbia disponibile questa somma. Dovreste avere la bontà di pazientare.
(che ha udito poco, – a Valentino) Dovrei avere la bontà… di che?
A sinistra, a sinistra, signora Teresa.
A sinistra!?..
A destra è sordo. Parlategli a sinistra.
(passando alla sinistra di don Fausto) Dicevo che dovreste avere la bontà di pazientare.