Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7 - Edward Gibbon

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S Anton. p. 452, ed è stata ammessa l'asserzione della sua totale ignoranza da molti degli antichi, e dei moderni. Ma il Tillemont (Mem. Eccl. Tom. VII. p. 666) dimostra con alcuni probabili argomenti, che Antonio sapeva leggere e scrivere nella Copta sua lingua nativa, ed era solo ignorante della letteratura Greca. Il Filosofo Sinesio (p. 51) confessa, che il naturale ingegno d'Antonio non aveva bisogno dell'aiuto della scienza.

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Arurae autem erant ei trecentae uberes, et valde optimae (vit. Patr. l. 1. p. 36). Se l'arura è lo spazio di cento cubiti Egizi quadrati (Rosweyde onomastich. ad vit. Patr. p. 1014, 1015), ed il cubito Egiziano di tutti i tempi è uguale a ventidue pollici inglesi (Graves vol. 1. p. 233) l'arura conterrà circa tre quarti d'un acro inglese.

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Si fa la descrizione del Monastero da Girolamo (T. 1. pag. 248, 249. in vit. Hilarion.) e dal P. Sicard (Missions du Levant. Tom. I. pag. 122, 200). Tali descrizioni però non sempre si posson conciliare fra loro. Il S. Padre lo dipinse secondo la sua fantasia, ed il Gesuita secondo la sua esperienza.

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Girolamo Tom. I. p. 146, ad Eustoch. Hist. Lausiac. c. 7, in vit. Patr. p. 712. Il P. Sicard (Mis. du Levant Tom. 2. p. 29, 79) visitò, e descrisse questo deserto, che adesso contiene quattro monasteri, e venti o trenta Monaci. Vedi D'Anville Descript. de l'Egypt. p. 74.

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Tabenna è una picciola isola del Nilo, nella diocesi di Tentira o Dendera, fra la moderna città di Girge, e le rovine dell'antica Tebe (d'Anville p. 194). Il Tillemont dubita, se fosse un'isola; ma si può dedurre da' fatti, che adduce ci medesimo, che il primitivo suo nome fu di poi trasferito al gran Monastero di Bau, o Pabau (Mem. Eccl. Tom. VII. p. 678, 688).

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Vedi nell'opera intitolata Codex Regularum (pubblicata da Luca Holstenio Rom. 1661) una prefazione di San Girolamo alla sua traduzione latina della regola di Pacomio. Tom. I. p. 61.

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Rufin. c. 5, in vit. Patrum p. 459. Ei la chiama Civitas ampla valde, et populosa, e vi conta dodici chiese, Strabone (lib. XVII. pag. 1166), ed Ammiano (XXII. 16) hanno fatto onorevol menzione d'Ossirinco, gli abitanti di cui adoravano un piccol pesce in un magnifico Tempio.

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Quanti populi habentur in urbibus, tantae pene habentur in desertis multitudines monachorum. Rufin. c. 7, in vit. Patr. p. 461. Esso applaudisce al fortunato cambiamento.

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Si fa menzione accidentalmente dell'introduzione della vita monastica in Roma, ed in Italia da Girolamo (Tom. I. p. 119, 120, 199).

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Vedi la vita d'Ilarione, scritta da S. Girolamo (T. I. p. 241, 252). Le storie di Paolo, d'Ilarione, e di Malco son raccontate mirabilmente dal medesimo autore; e l'unico difetto di questi piacevoli componimenti è la mancanza di verità, e di senso comune.

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La prima sua ritirata fu in un piccol villaggio sulle rive dell'Iri, non molto distante da Neocesarea. I dieci o dodici anni della sua vita monastica furono disturbati da lunghe, e frequenti distrazioni. Alcuni critici hanno posto in dubbio l'autenticità delle sue regole ascetiche; ma sono di gran peso le prove estrinseche, che se ne adducono, ed essi non possono dimostrare se non che quella è opera d'un vero o finto entusiasta. Vedi Tillemont Mem Eccl. Tom. IX. p. 636, 644. Helyot His. des Ord. Mon. Tom. I. p. 175, 181.

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Vedasi la sua Vita, ed i tre Dialoghi di Sulpicio Severo, il quale asserisce (Dial. t. 16) che i librai di Roma furono ben contenti della pronta e facile vendita della sua opera popolare.

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Quando Ilarione navigò da Paretonio al Capo Pachino, offrì di pagare il suo trasporto con un libro degli Evangeli; Postumiano, Monaco della Gallia, che avea visitato l'Egitto, trovò una nave mercantile, che partiva d'Alessandria per Marsiglia, e fece il suo viaggio in trenta giorni (Sulp. Sev. Dial. I. 2). Atanasio, che indirizzò la vita di S. Antonio a' Monaci stranieri, fu costretto ad affrettare la sua opera, affinchè fosse pronta per la partenza delle flotte Tom. 2. p. 451.

21

Vedi Girolamo Tom. I. p. 126, Assemanni Bibl. Or. Tom. IV. p. 92, 857, 919, e Geddes Istor. Eccles. d'Etiopia 29, 30, 31. I Monaci Abissini stanno molto rigorosamente attaccati al primitivo Istituto.

22

Britannia di Cambden Vol. I. p. 666, 667.

23

L'Arcivescovo Usserio nelle sue Britannicar. Eccles. antiquitat. (Cap. XVI. p. 425, 503) espone copiosamente tutta quell'erudizione, che può trarsi da' rimasugli de' secoli oscuri.

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Questo piccolo, quantunque non infecondo, spazio chiamato Jona, Hy, o Monte Colomb, che ha solo due miglia di lunghezza ed uno di larghezza, si è distinto, I. per il Monastero di S. Colomba, fondato l'anno 566, l'Abbate del quale aveva una giurisdizione straordinaria sopra i Vescovi della Caledonia; II. per una libreria classica che diede qualche speranza di contenere un Livio intiero; e III. per i sepolcri di sessanta Re Scoti, Irlandesi, Norvegi, che furono sepolti in quel santo luogo. Vedi Usserio (pag. 311, 560, 370), e Bucanano (Rer. Scot. l. II p. 15. edit. Ruddiman).

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Il Grisostomo (nel primo Tomo dell'Edizione Benedettina) ha impiegato tre libri in lode e difesa della vita monastica: egli è indotto dall'esempio dell'arca a presumere, che a riserva degli eletti (cioè de' Monaci) nessuno forse potrà salvarsi (lib. I. pag. 55, 56). Altrove però si dimostra più umano (lib. 3. pag. 83, 84) ed ammette diversi gradi di gloria simili a quelli del Sole, della Luna, e delle Stelle. Nella sua vivace comparazione d'un Re con un Monaco (lib. III. pag. 116, 121), egli suppone, che il Re sarà più scarsamente premiato, e più rigorosamente punito.

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Thomassin (Discipl. de l'Eglis. Tom. I. p. 1426, 1469) e Mabillon (Oeuvr. Posthum. Tom. 2. p. 115, 158). I Monaci furono appoco appoco adottati come una parte della Gerarchia Ecclesiastica.

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Il D. Middleton (Vol. I. p. 110) grandemente censura la condotta, e gli scritti del Grisostomo, uno de' più eloquenti, ed efficaci avvocati della vita monastica.

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Le devote femmine di Girolamo occupano una parte assai considerabile de' suoi scritti: il trattato particolare, che ei chiama Epitaffio di Paola (Tom. 1. p. 169, 192) è uno elaborato, e stravagante panegirico. L'esordio di esso è di una ridicola turgidezza: «se tutte le membra del mio corpo si mutassero in lingue, e se tutte risuonassero di voce umana, io ciò nonostante sarei incapace ec.»

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Socrus Dei esse coepisti (Girol. Tom. I. p. 140, ad Eustoch.). Ruffino (in Hieronym. Op. Tom. IV. p. 223), che ne fu giustamente scandalizzato, domanda al suo avversario, da qual Pagano poeta avesse preso un'espressione sì empia, ed assurda?

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Nunc autem veniunt plerumque ad, hanc professionem servitutis Dei, et ex conditione servili, vel etiam liberati, vel propter hoc a dominis liberati, sive liberandi; et ex vita, rusticana, et ex opificum exercitatione, et plebejo labore. Augustin. de oper. Monach. c. 22, ap. Thomassin. Discipl. de l'Eglis. Tom. III. p. 1094. Quell'Egizio, che biasimò Arsenio, confessò che faceva una vita più comoda da Monaco, che da pastore. Vedi Tillemont Mem. Eccles. Tom. XIV. p. 679.

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Un Frate Domenicano (Voyag. du P. Labat Tom. 1, p. 10) che alloggiò a Cadice in un Convento di suoi confratelli, tosto conobbe, che le preghiere notturne non interrompevano mai il loro riposo, quoiqu' on ne laisse pas de sonner pour l'edification du peuple.

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Vedi una Prefazione

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