Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12 - Edward Gibbon

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ostili della flotta, furono contro Zara52, città forte sulle coste della Schiavonia, che sottrattasi ai Veneziani, sotto la protezione del Re ungarese erasi posta53. Rotta la catena, o sbarra che il porto ne difendeva, sbarcati i loro cavalli, le loro truppe, le loro macchine da guerra, costrinsero nel quinto giorno la città ad arrendersi a discrezione. Gli abitanti ebbero salve la vite, ma per punirli d'aver ribellato, vennero saccheggiate le loro case, spianate le mura della città. Innoltrata essendo la stagione, i confederati risolvettero scegliere un porto sicuro in fertile paese, per ivi trascorrere il verno tranquillamente: ma ne turbaron la quiete le nimistà di nazione surte fra i soldati e i marinai, e le frequenti lotte che da queste nimistà conseguivano. La conquista di Zara era stata origine di discordie e di scandali. Spiacea che la prima fazione de' confederati, non di sangue infedele, ma del sangue medesimo de' Cristiani, avesse lordate le loro armi; lo stesso Re di Ungheria e i suoi nuovi sudditi fra i campioni della Croce si noveravano; il timore o la incostanza aumentava gli scrupoli de' devoti. Il Pontefice avea scomunicati diversi spergiuri Crociati che saccheggiavano e trucidavano i lor fratelli54: anatema che risparmiò solamente il Marchese Bonifazio e Simone di Montfort, l'un d'essi, perchè non si era trovato all'assedio, l'altro pel merito di avere abbandonata del tutto la lega. Innocenzo avrebbe perdonato di buon grado ai semplici e docili penitenti francesi, ma a maggiore sdegno lo concitava l'ostinata ragione de' Veneziani, che ricusando di confessare le loro colpe, non sapean che farsi di perdono, nè voleano, quanto alle bisogne lor temporali, l'autorità d'un prete conoscere.

      L'unione di una flotta e di un esercito sì poderoso, le speranze del giovine Alessio avea rianimate55. Così a Venezia come a Zara, non risparmiò vivissime istanze ai Crociati, perchè il riconducessero in patria, e la liberazione del suo genitore operassero56. Le raccomandazioni di Filippo, Re di Alemagna, la presenza e le preghiere del giovine Greco a pietà mossero i pellegrini; e il marchese di Monferrato, e il Doge di Venezia, la causa ne assunsero e perorarono. Un doppio parentado e la dignità di Cesare aveano colla famiglia imperiale congiunti i due fratelli primogeniti di Bonifazio57, che sperava acquistarsi, per l'importanza di un tanto servigio prestato, un reame. Più generosa l'ambizione del Dandolo, inspiravagli ardente desiderio di assicurare al suo paese gl'immensi vantaggi che una tale impresa al commercio veneto promettea58. La prevalenza di questi due personaggi ottenne buona accoglienza agli ambasciatori d'Alessio; e se per una parte, la vastità delle offerte fattesi da questo giovane, era tale da mettere in qualche diffidenza, per l'altra i motivi da esso addotti, e i vantaggi ai quali per sè stesso agognava, poterono giustificare l'indugio posto alla liberazione di Gerusalemme, e all'uso delle forze che a tal fine esser doveano serbate. Promise pertanto Alessio per sè e pel padre suo, che appena ricuperato il trono di Costantinopoli, al lungo scisma de' Greci porrebbero termine, sottomettendosi eglino e i loro sudditi, alla supremazia della Chiesa romana. Si obbligò ricompensare le fatiche e i servigi de' Crociati coll'immediato sborso di dugentomila marchi d'argento; seguire i pellegrini in Egitto; o, se più espediente fossesi giudicato, mantenere durante un anno diecimila soldati, e finchè vivea, cinquecento uomini a cavallo pel servigio di Terra Santa. Patti così seducenti vennero dalla Repubblica di Venezia accettati, e l'eloquenza del Doge e del Marchese indusse i Conti di Blois, di Fiandra, di S. Paolo, ed altri otto Baroni a prender parte in una impresa tanto gloriosa. Co' soliti giuramenti un Trattato di lega offensiva e difensiva si confermò: ciascuno individuo, giusta lo stato suo, o la sua indole, fu adescato da motivi di generale interesse, o da quelli del proprio; dall'onore di restituire ad un Sovrano il trono perduto, o dall'opinione assai fondata che tutti gli sforzi de' Crociati per liberare la Palestina sarebbero vani, ogni qualvolta la conquista di Costantinopoli, non precedesse e agevolasse quella di Gerusalemme. Ma i ridetti Capi comandavano una truppa di guerrieri liberi e di volontarj, alcuni di questi loro eguali, che ragionavano, e talvolta a proprio talento operavano. Benchè una grande maggiorità per la nuova lega si fosse chiarita, non immeritevoli di considerazione erano il numero e gli argomenti di coloro che la ributtavano59. Anche gli animi i più intrepidi abbrividivano al racconto udito delle forze navali di Costantinopoli, e delle inaccessibili fortificazioni di questa città. Pure non allegavano in pubblico i lor timori, e forse a sè stessi palliandoli, più decorose obbiezioni, dedotte dal dovere e dalla Religione, mettevano in campo. Citavano i dissidenti la santità del voto che, unicamente per far libero il Santo Sepolcro, dalle lor famiglie e case aveali allontanati; non essere lor pensamento che motivi oscuri ed incerti di umana politica dovessero distoglierli da una santa impresa, l'evento della quale nelle mani della Providenza si stava: le censure pontificie e i rimproveri di lor coscienza averli assai severamente puniti per la conquista di Zara, prima colpa che si rimprocciavano; non volere aggiugnerne una seconda col lordare in avvenire le proprie armi nel sangue cristiano: sullo Scisma dei Greci aver già l'Appostolo di Roma pronunziata sentenza; non appartenerne ad essi la punizione; nè tampoco il farsi vendicatori degl'incerti diritti dei Principi di Bisanzo. Mossi da sì fatti principj, o pretesti, una gran parte di pellegrini, per valore e pietà i più rinomati, abbandonarono il campo; eppure nocquero meno all'impresa, che non quella fazione di mal contenti che rimanendo, cercarono tutte le occasioni di spargere nell'esercito la discordia, e con opposizioni, or manifeste, or segrete, il buon esito dell'armi impacciarono.

      A. D. 1203

      Tale diffalta non fece che i Veneziani affrettassero meno gli apparecchi della partenza, e forse, sotto apparenza di generosa sollecitudine inspirata loro dal giovine Alessio, celavano il risentimento che contra la nazioni di lui e la famiglia nudrivano. Oltrechè, la cupidigia loro sentivasi offesa dalla preferenza che di recente i Greci aveano data alla rivale Repubblica di Pisa; non dimenticavano antichi e tremendi conti rimasti addietro tra essi e la Corte di Costantinopoli; fors'anche il Dandolo non si dava, per lo meno, cura di dismentire la popolare credenza che accusava l'Imperator Manuele, di avere violati nella persona del veneto Doge i diritti delle nazioni e della umanità, privandolo della facoltà della vista, nel tempo che il grado di Ambasciatore la persona di lui rendea sacra. Da parecchi anni le onde adriatiche d'un sì straordinario armamento non si ricordavano; centoventi barche piatte, o palandre per li cavalli; dugentoquaranta vascelli carichi di soldati e d'armi, settanta di vettovaglie, protetti da cinquanta galee ben munite, e pronte alla pugna, tal si era lo stato di una sì formidabile flotta60. Propizio il vento, tranquillo il mare, sereno il cielo mostravansi, e gli occhi d'ognuno con ammirazione a questa scena guerriera e splendentissima stavano intenti. Gli scudi de' cavalieri e degli scudieri, giovando parimente ad ornamento e a difesa, vedeansi ad entrambe le sponde delle navi in bell'ordine collocati; e le varie bandiere delle nazioni e delle famiglie, che sventolavano a prora, uno spettacolo magnifico e decoroso offerivano. Le catapulte e le macchine atte a lanciar sassi e a conquassare muraglie, allor l'ufizio dell'artiglieria de' nostri giorni prestavano. Una musica militare raddolciva i travagli e le noie della navigazione, intantochè que' guerrieri affidati alla persuasione che quarantamila eroi cristiani erano bastanti a conquistar l'Universo, scambievolmente s'incoraggiavano61. Per l'abilità e l'esperienza de' veneti piloti, giunta con prospero viaggio da Venezia a Zara la flotta cristiana, da quest'ultimo lido a Durazzo, situato sul territorio greco, immune da avversi casi pervenne. L'isola di Corfù le offerse reficiamenti e riparo. Superato con fausta navigazione il pericoloso capo Maleo, estremità australe della Morea, i confederati approdarono alle isole di Negroponte e di Andros62, gettando le áncore dinanzi ad Abido, riva asiatica dell'Ellesponto. Nè difficili, o sanguinosi furono i preludj della conquista. Privi di zelo patrio e di coraggio gli abitanti delle greche province, nè solamente a resister pensarono. E per vero dire la presenza del legittimo erede del trono potea questa loro docilità render lodevole, e n'ebbero di fatto il compenso nella moderazione e nella severa disciplina che gli occupatori mantennero. Nell'attraversare l'Ellesponto questa flotta trovandosi entro canale angustissimo rinserrata, il numero delle vele la superficie dell'acqua oscurò. Postesi alla giusta distanza le navi in mezzo al

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<p>52</p>

Indera, oggidì Zara, colonia romana che riconosce Augusto per suo fondatore, ai dì nostri ha un circuito di due miglia, e contiene fra i cinque e i seimila abitanti; ottimamente fortificata, un ponte la congiunge alla terra ferma (V. i viaggi di Spon e di Wheeler, viaggi di Dalmazia, di Grecia, ec. t. I, p. 64-70; viaggio in Grecia p. 8-14). L'ultimo di questi viaggiatori, confondendo Sestertia e Sestertii, valuta dodici lire sterline un arco di trionfo decorato di colonne e di statue. Se a que' giorni non v'erano alberi nei dintorni di Zara, convien dire che quegli abitanti non avessero ancora pensato a piantare i ciliegi, dai quali oggidì si ritrae il famoso maraschino di Zara.

<p>53</p>

Il Katona (Hist. crit. reg. Hungar. Stirpis Arpad. t. IV, p. 536-558) unisce fatti e testimonianze, oltre ogni dire, sfavorevoli ai conquistatori di Zara.

<p>54</p>

V. tutta la transazione e i sentimenti del Papa nelle Epistole di Innocenzo III, Gesta, c. 86, 87, 88.

<p>55</p>

Un leggitore moderno farà le maraviglie nel veder dato il nome di valletto di Costantinopoli al giovine Alessio. Questo titolo degli eredi del trono corrispondeva all'Infante degli Spagnuoli, al nobilissimus puer de' Romani. I paggi o valletti de' Cavalieri non erano men nobili de' loro padroni (Villehar. e Duc. n. 36).

<p>56</p>

Il Villehardouin (n. 38) chiama l'Imperatore Isacco Sarsach forse dalla voce francese Sire, o dalla greca Κυρ, κυριος, Sire, Signore, formata colla terminazione del nome proprio: le denominazioni corrotte di Tursac e di Conserac che troveremo in appresso, ne forniranno un'idea della libertà che in ordine a ciò si prendeano le antiche dinastie della Sorìa e dell'Egitto.

<p>57</p>

Ranieri e Corrado: l'uno sposò Maria, figlia dell'Imperatore Manuele Comneno, l'altro Teodora Angela sorella degli Imperatori Isacco ed Alessio. Corrado abbandonò la Corte di Bisanzo e la moglie per accorrere in difesa di Tiro minacciata da Saladino (Ducange, Fam. Byzant., p. 187-203).

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Niceta in Alex. Comn., (l. III, c. IX), accusa il Doge e i Veneziani, come autori della guerra mossa a Costantinopoli, e riguarda come κυμα υπερ κυματι, procella sopra procella, l'arrivo e le ignominiose offerte del Principe esigliato.

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Il Villehardouin e il Gunther spiegano i sentimenti dell'una e dell'altra fazione. L'Abate Martino, che abbandonando l'esercito a Zara si trasferì in Palestina, venne inviato come ambasciatore a Costantinopoli, trovatosi a proprio dispetto spettatore del secondo assedio.

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La nascita e le dignità che si univano in Andrea Dandolo gli somministravano e modi e motivi di cercare negli archivj di Venezia la storia del suo illustre antenato. Il laconismo ch'ei serba ne' proprj racconti rende alquanto sospette le moderne e verbose relazioni di Sanuto (Muratori script. rer. it. t. XXII), del Sabellico e del Ramnusio.

<p>61</p>

V. Villehardouin, n. 62. In cotest'uomo, originali appaiono i sentimenti quanto il modo di esprimerli. Proclive alle lagrime, non quindi meno allegrasi della gloria e del pericolo delle pugne con tale entusiasmo, che ad uno scrittore sedentario non può appartenere.

<p>62</p>

In questo viaggio, quasi tutti i nomi geografici trovansi svisati dai Latini: il nome moderno di Calcide, e di tutta l'Eubea deriva dall'Euripus d'onde Evripo, Negripo, Negroponte, che alle nostre carte geografiche fanno disdoro. (D'Anville, Geogr. anc. t. I, p. 263).