I racconti della spiaggia. Andrej Titov
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Continuamente gli appariva la figura di Laura nelle mani di un altro. Leo, come un onda vicino, sentì l’aroma della sua pelle, che sapeva d’erba di campo, sentì il suo respiro spesso e i sospiri amorosi smorzati. L” Alcool all’inizio gli inaspriva le dolorose allucinazioni, poi lo faceva crollare in un sonno profondo. Svegliandosi, Leo vedeva di nuovo Laura, i suoi occhi chiusi dal godimento, la sua mano sottile sul collo dello sconosciuto che veste un abito costoso…
Che senso ha vivere ancora in quest’inferno? Lavoro, moglie, soldi – tutto è perso. Sono rimasti solo i debiti, e non ci sono i mezzi per saldarli. Sembrava, che tutto il bene fosse sparito per sempre insieme a Laura. Leo non poteva pensare al suo futuro senza nostalgia e paura. Involontariamente gli veniva in mente suo zio, che si era ucciso con un colpo di fucile e suo cugino che si era impiccato. I motivi di entrambi suicidi sono rimasti sconosciuti. In famiglia parlavano di perdite nascoste al casinò, di malattie mortali e perfino di amanti ricattatrici. Ma queste erano solo delle versioni. Ora a Leo sembrava di aver capito il motivo per cui i suoi parenti scelsero proprio questa via. Semplicemente si erano stancati della vita.
E ora era stanco anche lui. Seduto alla guida della sua auto, guardava i monti da entrambi i lati della strada e sussurrava:
– Solo gli uomini coraggiosi riescono volontariamente a porre fine alla propria vita, quando realizzano di aver fallito.
Con sicurezza guidava l’auto su una stretta serpentina di montagna verso la riva del mare. In mente aveva Laura. Leo immaginava il suo viso, quando lei verrà a conoscenza. Sicuramente riconoscerà la sua colpa, tremerà d’amara vergogna e molto probabilmente piangerà. Perché lei non è mai stata insensibile. E” giusto che viva con un sasso pesante sulla coscienza per l’eternità, pensava Leo, facendo arrivare l’auto sull’alta rupe al limite, dove cominciava il mare.
Questo era il posto preferito per l’esercitazione degli alpinisti. La Prima discesa delle rocce era ripida, quasi verticale. Sulla seconda discesa la rupe era dolce per cui si poteva salire con la macchina. Trecento metri più in là dalla cima c’era anche un parcheggio attrezzato. Leo lasciò lì la sua auto e poi andò a piedi. Il sole scendeva, e al crepuscolo era difficile salire sullo scivoloso sentiero. Ma Leo andava avanti senza alcuna paura.
– In 5 minuti finirà tutto, cara Laura, – Borbottò lui, mostrando sul viso un sorriso beffardo.
Salì sulla cima e di colpo vide nelle ultime luce del tramonto il profilo di una persona. Qualcuno stava sull’ estremità e si chinava verso il basso, sembrava stese misurando l’altezza del dirupo.
– Penso, ma quanto tempo durerà la caduta? – all’improvviso si chiese da solo Leo.
La persona si girò di scatto verso di Leo. Era una ragazza giovane che vestiva un mantello chiaro. Il vento di montagna agitava i suoi lunghi capelli sparsi.
– In totale solo 5 secondi, – continuò Leo, – ma dicono che in questo momento ti passa tutta la vita davanti
Lui fece un passo in avanti verso la ragazza e vide che aveva lacrime negli occhi e il suo viso era spaventato. Lei tese una mano avanti, come se vietasse a Leo di avvicinarsi.
– Va bene, io non faccio passi avanti, – con calma pronunciò lui, – vorrei solo avvisarti. A delle persone non importa niente delle tue pene. Tu pensi che costringerai qualcuno a torturarsi per i sensi di colpa per la tua morte? Non ha senso! Ti spaccherai la testa, resterai sdraiata sui sassi mutilata e coperta di sangue. Loro ti seppelliranno, e in tre giorni dimenticheranno tutto. Per cosa ti vuoi uccidere?
La voce dell’uomo era chiara e convincente. La ragazza velocemente si allontanò dal dirupo
– Perché lo volevi fare? – chiese Leo, – Hai perso il lavoro che ti piace, come me? Hai perso tutti i risparmi, come me? Ti ha lasciato la persona cara, e tu sei rimasta da sola nel momento più difficile della tua vita?
Lui allungò la mano verso la ragazza, volendo prenderla per il gomito e portarla via dal dirupo. Lei d’improvviso sorrise e di colpo si asciugò gli occhi con il dorso della mano.
– Non preoccuparti! Io stavo per saltare da lì. Semplicemente fotografavo i monti e per caso ho fatto cadere il telefono E i miei occhi sono bagnati per colpa del vento… Sai, sei molto simpatico. Buono e intelligente. A te serve solo una persona che potrà sostenerti nelle disgrazie. Vorresti fossi io questa persona?
Con queste parole la ragazza prese Leo per mano e lo portò via dal dirupo.
Angelo canino
Marco si svegliò alle sei di mattina, e come di consuetudine decise di fare una corsa lungo il mare. Era un’ hobby che praticava da tempo, ormai, ed era diventata parte della giornata.
L’itinerario lo portò lungo le vie che oramai conosceva a memoria, passando le case con i giardini curati, con tanti meli, fichi e altri alberi da frutto. Mentre correva e si godeva il panorama godeva di un’aria fresca proveniente dal mare, le cui acque bagnavano la costa di questa piccola cittadina turistica in Slovenia, del quale non potè fare a meno di innamorarsi.
Amava fermarsi durante la corsa per osservare il panorama. Era uno spettacolo incantevole: osservava i primi raggi del sole attraversare le nuvole grigio-bluastre che sormontavano la costa.
– Hai le scarpe slacciate. Occhio, che rischi di cadere! – disse un’esile voce.
Marco sussultò e si guardò intorno, ma non vide nessuno.
– M'è sembrato di sentire qualcuno, – pensò Marco, sorridendo ai propri pensieri.
– Non ti e’ sembrato affatto! – si sentì dire dalla stessa voce. —Guardati i piedi! —
Marco, impietrito dalla sorpresa, vide vicino a lui un labrador di color oro, che lo fissava direttamente negli occhi.
– Sei tu quello a cui piace parlare? – chiese Marco, non potendo credere di aver appena risposto ad un cane. Lui, un uomo per bene e con la testa a posto, sano, giudizioso, che ad un tratto si mette a parlare con un cane? Chi potrebbe mai crederci? Nemmeno lui riusciva a credere cosa stesse succedendo.
– Certo che sono io, – rispose il Labrador —Sono cambiato così tanto da non riconoscermi, padrone? – continuò con allegria.
Marco non poteva crederci. Era il suo Labrador! Il suo amico a quattro zampe che dieci anni prima dovette lasciare agli allevatori. Il dolore che provò dopo il distacco lo perseguitò per molto tempo a seguire.
– Almeca! Oh mio Dio! Sei davvero tu? Cosa ci fai qui, a mille chilometri da casa? E sai pure parlare? O sono andato fuori di testa? – — chiese Marco con una voce tremante.
– Non sei andato fuori di testa, – rispose Almeca – Anch’io sono rimasto molto sorpreso nel vederti correre ieri. Ho passato tutto il giorno a riflettere se fosse il caso di venire a parlarti. Ho dovuto chiedere il permesso per venire a parlarti. Lo vedi anche tu che questa e’ una situazione anomala. Ma sono dovuto venire. Mi manchi tanto, padrone! – disse mentre la coda cominciò a muoversi rapidamente.
– Sicuramente ti devo delle spiegazioni. –