I racconti della spiaggia. Andrej Titov
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Читать онлайн книгу I racconti della spiaggia - Andrej Titov страница 3
Marco ricordava benissimo quella terribile sera, in ogni suo particolare. Quell’episodio gli tornava in mente molto spesso e dopo averlo analizzato tante volte si era autoconvinto che non avrebbe potuto evitare l’incidente. I suoi riflessi pronti, con l’aiuto del fato, fecero sì che l’incidente non causasse numerose vittime. Almeca era seduto sui sedili posteriori e rimase illeso, mentre Marco, che era al volante, accusò ferite gravi e molte fratture. Si salvò per miracolo, e dovette curarsi a lungo.
– E cosi, dopo l’incidente, il tempo sembrava essersi fermato, e il nostro Signore- disse Almeca, indicando con la testa verso l’alto – mi chiese se fossi stato disposto ad andare lassù al posto tuo.
Almeca si mise a sedere e continuò:
– Io, ovviamente, detti la mia conferma, ma con un paio di condizioni: che tu non avresti dovuto sentirti in colpa per la mia morte e che io sarei dovuto restare in vita fino ad un paio di giorni dopo la tua guarigione.
Poi ho pensato di scappare, ma tu decidesti di riportarmi dal mio allevatore, visto che con tutte quelle ferite non potevi starmi dietro.
Marco continuava ad ascoltare attentamente, ricordando quella terribile esperienza.
– Quindi ora sono un angelo custode per i cani.
– Continuò Almeca sorprendendo ulteriormente il suo vecchio padrone – A dire il vero nessuno può vedermi, tranne in casi speciali. Per questo ho dovuto chiedere il permesso.
Il mio lavoro consiste nell’accompagnare le anime degli animali domestici (come mucche, capre, criceti,…) nel loro viaggio versò lassù. Ovviamente aiuto anche i miei simili, che qui sono tanti e le persone li curano molto bene. I più difficili da seguire sono i gatti, – protestò Almeca; – perché vanno per conto loro e sono molto arroganti! C’e’ tanto lavoro e gli angeli custodi canini del posto non amano lavorare velocemente… sono lenti, lenti, lenti! – disse Almeca con un espressione ridicola.
– Io ti devo la mia vita- disse finalmente Marco.
– Ma figurati. La vita, noi tutti, la dobbiamo solo a lui! – rispose Almeca alzando nuovamente il naso al cielo.
– Significa, – continuò Almeca, – che la tua presenza sulla Terra era ancora necessaria e Lui aveva ancora dei programmi per te. Le casualità, come quella capitata a te, non sono altro che maglie di una catena decisa dal Signore, che ci porta tutti noi su una strada verso un obiettivo più importante. Ogni essere vivente ha il proprio obiettivo, un proprio destino da compiere. E quando qualcosa ci appare come una casualità una coincidenza, in realtà fa tutto parte di un piano che noi non conosciamo. Noi non possiamo nemmeno immaginare in cosa consista questo obiettivo, noi possiamo solamente tentare di vivere in sintonia con l’amore. Sentire questa passione anche nei nostri gesti abituali, quando con il proprio corpo e la propria anima senti che tutto ciò che succede intorno a te è giusto.
Per noi è difficile fare delle opere di bene, ma possiamo almeno evitare di fare delle cattiverie. Tutto questo sarà notato e riconosciuto! – disse saggiamente il labrador.
Almeca girò la testa, come se stesse ascoltando una voce inudibile. Poi, voltandosi verso Marco, esclamò: -Ho appena sentito che hanno bisogno di me in una città qui vicino. Devo spostarmi urgentemente perché i miei colleghi locali non riescono a finire gli incarichi lavorativi. Ti saluto padrone! Forse ci rivedremo ancora! Ah si, dimenticavo… allacciati le scarpe, per favore! – Con queste parole Almeca salutò il vecchio padrone e si mise a correre lungo la spiaggia.
Marco rimase sconvolto. Seguì Almeca con lo sguardo, poi si mise a guardare le onde del mare e alla fine posò gli occhi sulle sue scarpe. Non poteva credere cosa gli fosse appena accaduto.
L’errore
Per tutta la notte pensieri gravidi d’ansia e d’angoscia non fecero chiudere occhio a Boris. L’uomo continuava a chiedersi cosa fosse andato storto nella sua vita e perché la sua amata moglie fosse cambiata così sensibilmente negli ultimi mesi. Ilona all’improvviso si era messa a rimarcare antichi torti subiti e a far notare al marito i suoi hobby superficiali e le sue civetterie con le altre donne. A causa di questi ricordi poco piacevoli la coppia cominciò a litigare molto spesso. Tuttavia Boris seguitava a volere molto bene alla moglie e qui all’estero sentiva molto la sua mancanza. Quando Ilona veniva a fargli visita l’uomo cercava di convincerla ad abbandonarsi a qualche carezza intima. Lei non si tirava indietro, eppure si comportava in modo distaccato, passava molto tempo da sola e non gli raccontava nulla di sé stessa. Era evidente che in quel paradiso si stava annoiando e che era venuta solo per senso del dovere.
Fino a un paio di anni fa, Boris era un avvocato moscovita di grande successo. Si dedicava totalmente al lavoro sacrificando molto del suo tempo libero. Era spesso impegnato nei processi più complessi, quelli che attiravano l’interesse del pubblico e della stampa. Nella capitale il legale aveva creato nel tempo una fitta rete di conoscenze utili a cui ricorreva spesso per sviluppare i propri affari. In venti anni riuscì a mettere insieme una fortuna.
All’improvviso Boris si sentì stanco. Iniziò a sobbalzare ad ogni telefonata, non dormiva bene, controllava per ore gli incartamenti dei clienti senza capire cosa stesse leggendo. Capì di essere sovraffaticato, di avere lavorato troppo, di presentare tutti i sintomi tipici del burnout professionale. Si rese conto che non avrebbe potuto resistere un giorno in più in quell’ambiente professionale carico di tensione. Decise di riposarsi, di abbandonare i casi a cui stava lavorando e di trasferirsi in un piccolo paese affacciato sul mare alla ricerca di pace e tranquillità. Si comprò una casa confortevole con una piccola spiaggia privata e iniziò a vivere come aveva sempre sognato. Tutto sembrava perfetto, tranne quella sensazione di solitudine che lo colse sin dal principio…
Sua moglie infatti non voleva lasciare la rumorosa capitale. Spensierata e piena di vita, Ilona non poteva vivere senza assistere a movimentate jam session, andare alle prime a teatro, sottoporsi a lunghe sessioni di palestra e naturalmente incontrare i suoi innumerevoli amici. Tuttavia, non volendo ammettere la realtà delle cose, al marito e ai suoi conoscenti spiegava in modo diverso la sua decisione di rimanere a Mosca. Ilona insisteva sul fatto che non poteva lasciare la madre da sola, sebbene questa fosse una signora ancora piena di forze e di carica vitale. Boris fu costretto ad accettare la versione della moglie, in quanto non voleva privarla dello stile di vita a cui era abituata.
Ilona andava a trovare il marito una volta al mese e rimaneva con lui per due settimane. Quando Boris si svegliava, sua moglie era già in spiaggia. Nuotava fino allo sfinimento e poi prendeva il sole su una sedia a sdraio di paglia. Boris preparava la colazione, panini caldi, caffè e spremuta d’arancia, e gliela serviva in riva al mare.
“Oh, grazie tesoro,” gli rispondeva lei con voce languida.
A colazione restavano in silenzio, limitandosi a mangiare, bere e ammirare il mare. Dopo aver fatto una breve nuotata assieme ognuno si dedicava alle proprie faccende. Boris andava a pescare con un abitante del luogo in alcune isolette lì accanto, mentre Ilona prendeva la macchina e si recava nella vicina cittadina dove saltava da un negozio all’altro a caccia di souvenir o si fermava nei caffè a parlare con gli altri turisti.
Boris preparava anche il pranzo e la cena, e quando non ne aveva voglia i due andavano in un ristorante distante tre chilometri da casa. Ilona sembrava calma e addirittura amorevole. Non parlava molto, ma non rifiutava le avances del marito e dopo l’amore si addormentava sulla sua