Gioia!. Annie Vivanti
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Mi accolse festosa salutandomi da lontano colla mano alzata e il sorriso raggiante.
– Oh.... Andrea Galeazzi! Che piacere!…
In quell'istante mi parve che tutte le acque dell'Atlantico scorressero tra me e lei.
Carissimo Andrea,
Ma come puoi pensare ch'io voglia rinunciare al nostro progetto? Mi credi dunque incostante e leggera? frivola e senza cuore?
È perfettamente vero che i Laforêt mi hanno invitata a passare l'estate nel loro castello di Revoire. Ma non per un istante ho pensato ad accettare l'invito.
Il mio pensiero è con te; lo sai.
P. S. Mi pare che di tutti i titoli suggeriti l'altra sera, «Narciso» è quello che mi piace di più. Anche «Pervertimenti» non sarebbe male....
Tu, che ne dici?
Oldofredi mi ha promesso le illustrazioni.
La statua è finita.
Tutto è pronto.
Agli amici più intimi ho già detto addio.
Il mio cuore è in tumulto.
Non parto. No. Non posso partire con te. Sarebbe la peggiore delle follie, sarebbe la più atroce delle crudeltà.
Pensa, pensa quanto saremmo infelici.
Sì: dopo un anno, dopo due anni – forse anche prima – pensa quanto soffriremmo tu ed io. Tu più di me!… O io più di te!… Non lo so.
So che verrebbe presto tra noi l'ora atroce del rimpianto e dei rimproveri.
Oggi ci sembra che l'esistenza intera non basterebbe alla nostra sete d'amore. Oggi, che tutto ci separa, che non possiamo mai saziarci l'uno dell'altro, mai guardarci abbastanza, mai parlarci abbastanza, ecco, ci irrompono dal cuore, ci fioriscono sulle labbra le grandi parole enfatiche di tutti gli amanti: la Lontananza!… l'Isolamento!… l'Eternità!…
Ma quando fossimo isolati, quando fossimo lontano, quando – dissetati e placati – ci trovassimo soli di fronte l'uno all'altra nella perpetua solitudine accoppiata degli amanti che vivono fuori della legge.... credi tu che non ne soffriremmo?
Tu forse non lo credi. Ma io lo so.
Quando tu, per amor mio, avessi lasciato dietro di te tutto ciò che ti fu caro, tutto ciò che ha formato fino ad oggi la tua esistenza: tua madre, tuo fratello, i tuoi amici, i tuoi impegni, i tuoi doveri, – ne avresti rammarico e rimpianto.
E quanto a me?… Oh, Andrea, io non sono che una piccola anima meschina; sono come tutte le donne – o quasi tutte – che, pur anelando alla vietata gioia vogliono anche la decorosa rispettabilità; che pur non volendo rinunciare al piacere, non intendono derogare dalle convenienze; che vogliono la passione ma non lo scandalo; che vogliono l'abbraccio degli uomini ma anche il saluto delle donne....
Tu mi odierai; tu mi disprezzerai! E avrai ragione.
Ebbene, disprezzami, odiami, ma non soffrire. Non voglio, non voglio che tu soffra per me. Non lo valgo, non lo merito.
Io ti ho sempre mentito. Io ti scrivevo delle lettere tristi quando ero gioiosa, ti scrivevo delle lettere gioiose quando ero triste; e anche ora, ora che vorrei essere così sincera con te, forse.... non lo sono.
Forse la verità è un'altra.
Non lo so. So che tu non devi, che tu non devi soffrire per me.
Andrea, Andrea! Dimmi che non soffri.
Non importa se io soffro. Segui la tua strada.
Quanto a me non affliggerti. Anche prima di conoscerti ero triste.
Addio.
È finito. Finito!
Quando penso a lui, solo laggiù, nel suo studio tetro e desolato, mi sento morire.
Perchè l'ho amato? Perchè ho sofferto? Perchè l'ho lasciato?…
Non so. Non capisco il mio cuore.
Parto domani per Castel Révoire; con Flavia.
Viene anche Oldofredi.
Quanto vano gioire e vano soffrire! Ecco: torno qual'ero; torno alle mie silenziose creature.
E di tutto questo turbine di voluttà e d'angoscia, di tutta questa bufera che è passata sul mio cuore, che cosa resta?
Resta una statua intitolata: «Gioia».
II. Notte di Vigilia
Un invito da Bérangère! Dopo un anno di silenzio. Stupita rileggo il biglietto postale:
«Diletta Annie,
So che sei in Isvizzera. Dove passi il Natale? Perchè non a Montreux, colla tua sempre affezionata amica
Io ripasso mentalmente la lista delle diverse persone con cui ho promesso di passare quest'anno il Natale: con Jack a Dublino; con Maman a Nervi; con Vivien a Glasgow; con Barbara a Torino; con Silvia a Roma; con O'Kelly a Parigi.... Secondo una mia abitudine, nei momenti d'incertezza faccio saltare in aria un soldo perchè decida della mia sorte: se è testa – Bérangère; se è croce, no.
Il soldo balza, gira e cade. È croce. Dunque è esclusa Bérangère. Ma allora, rifletto io, chi prescegliere tra tutti gli altri a cui ho promesso?… Ritentiamo la sorte!
Stavolta è testa. Dunque Bérangère.
Ed io le scrivo:
«Cara Bérangère,
Aspettami nel pomeriggio della Vigilia.
Chiusa la lettera, mi si affaccia un dubbio: Bérangère Tarnier? Era fidanzata un anno fa al conte Lucien de Lussain-Maldé di Château-Mirval; poi non ne ho più saputo nulla. Sfumate le nozze? o smarrito il faire-part?
Mi decido a indirizzare: «Bérangère Tarnier, Montreux»; e il mattino del 24 dicembre salgo nel treno Berne-Genève con gente di ogni paese e d'ogni colore, politico e fisico. Di fronte a me un grande e magnifico Bey egiziano guarda con cupi occhi sfilare il paesaggio da cartolina illustrata, sognando certo le sue pianure torride, i suoi deserti sabbiosi, la sua gente oppressa dal ferreo pugno britannico.... Accanto a lui un uomo biondo, ancor giovane, di cui i tragici occhi azzurri hanno scandagliato le profondità ultime del dolore; lo riconosco: è Von Hindenburg, nipote del chiodato Feld-Maresciallo. Presso a lui, rosea e ridente sotto al grande cappello nero, Mary Snowden,