I misteri del castello d'Udolfo, vol. 3. Анна Радклиф

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I misteri del castello d'Udolfo, vol. 3 - Анна Радклиф

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si propone di passare; che quanto alle sentinelle, non ne mettono alcuna in fondo al bastione, perchè le mura altissime e la torre di levante bastano da quella parte per guardare il castello, e che quando sarà oscuro, non potrà esser veduto all'altra estremità.

      – Ebbene, » disse Emilia, « sentirò ciò che vuol dirmi, e ti prego di accompagnarmi stasera sul bastione: intanto di' a Bernardino di esser puntuale all'ora indicata, giacchè potrei ancor io esser veduta dal signor Montoni. Dov'è egli? Vorrei parlargli.

      – È nel salotto di cedro, a parlamento con altri signori. Io credo che voglia dare un banchetto per riparare il disordine dell'altra notte: in cucina sono tutti occupatissimi. »

      La padroncina le domandò se aspettavano nuovi ospiti. Annetta non lo credeva. « Povero Lodovico! » diss'ella; « sarebbe allegro come gli altri se fosse ristabilito! Il caso però non è disperato: il conte Morano era più ferito di lui, e intanto è guarito e se n'è tornato a Venezia.

      – Come facesti a saperlo?

      – Me l'han detto ier sera, signorina; mi sono scordata di contarvelo. »

      Emilia la pregò di avvertirla quando Montoni fosse solo. Annetta andò a portar la risposta a Bernardino, che l'aspettava impaziente. Il castellano intanto fu così occupato per tutto il giorno, che Emilia non ebbe l'occasione di calmare i suoi timori sul destino della zia. Volse i suoi pensieri all'ambasciata del portinaio: si perdeva in mille congetture, e man mano che si avvicinava l'ora del misterioso colloquio, cresceva la sua impazienza. Il sole finalmente tramontò: sentì appostare le sentinelle, ed appena giunse Annetta, che doveva accompagnarla, scesero insieme. Emilia temeva d'incontrar Montoni, o qualcuno de' suoi. « Rassicuratevi, » disse Annetta, « sono ancora tutti a tavola, e Bernardino lo sa. »

      Giunte al primo terrazzo, la sentinella, gridò: Chi va là? Emilia rispose, e s'incamminarono al bastione orientale, ove furono fermate da un'altra sentinella, e dopo una seconda risposta, poterono continuare. Emilia non amava esporsi così tardi alla discrezione di quella gente, impazientissima di ritirarsi, accelerò il passo per raggiunger Bernardino, ma non trovandolo si appoggiò pensierosa al parapetto. Il bosco e la valle eran sepolti nell'oscurità, un lieve venticello agitava solo la cima degli alberi, e tratto tratto si udivano voci nell'interno del vasto edifizio.

      « Cosa sono queste voci? » disse Emilia tremante.

      – Quelle del padrone e de' suoi ospiti che gozzovigliano, » rispose Annetta.

      – Gran Dio! com'è mai possibile che un uomo sia così allegro quando forma l'infelicità del suo simile!… E la fanciulla guardò con raccapriccio la torre di levante presso cui si trovava: vide una fioca luce attraverso la ferriata della stanza inferiore: una persona vi passava col lume in mano; tale circostanza non rianimò le sue speranze a proposito della signora Montoni, poichè, avendola cercata colà appunto, non vi aveva trovato che una vecchia divisa e delle armi. Nulladimeno si decise a tentar di aprire la torre al di fuori, appena Bernardino si fosse partito da lei.

      Passava il tempo, e costui non compariva. Emilia, inquieta, esitò se dovesse aspettarlo ancora; avrebbe mandata Annetta a cercarlo, se non avesse temuto di restar sola.

      Mentre ragionava colla seguace della tardanza, lo videro comparire. Emilia si affrettò a domandargli che cosa voleva dirle, pregandolo di non perder tempo, poichè l'aria notturna l'incomodava.

      « Licenziate la cameriera, signorina, » le disse Bernardino con voce sepolcrale, che la fece fremere, « il mio segreto non posso rivelarlo che a voi sola. » Emilia esitò, ma finì a pregare Annetta di allontanarsi alcuni passi; indi gli disse: « Ora, amico mio, son sola, cosa volete dirmi? »

      Egli tacque un momento, come per riflettere poi, rispose: « Io perderei certo il mio impiego se lo sapesse il padrone. Promettetemi, signorina, che non paleserete a chicchessia sillaba di ciò che son per dirvi. Chi si è fidato di me in quest'affare me ne farebbe pagare il fio se venisse a capire ch'io l'avessi tradito. Ma mi sono interessato per voi, e voglio dirvi tutto. » Emilia lo ringraziò accertandolo della sua segretezza, e lo pregò di continuare. « Annetta mi ha detto nel tinello, quanto voi state in pena per la signora Montoni, e quanto desiderate essere informata del suo destino.

      – È vero, se lo sapete ditemi tosto ciò che ha di più terribile; son parata a tutto.

      – Io posso dirvelo, ma vi veggo così afflitta, che non so come cominciare.

      – Son parata a tutto, amico, » ripetè Emilia con voce ferma ed imponente, « e preferisco la più terribile certezza a questo dubbio crudele.

      – Se è così, vi dirò tutto. Già sapete che il padrone e sua moglie non andavano d'accordo; non tocca a me conoscerne il motivo, ma credo che ne saprete il risultato.

      – Bene, » disse Emilia, « e così?

      – Il padrone, a quanto pare, ha avuto ultimamente un forte alterco con lei: io vidi tutto, intesi tutto, e più di quel che possono supporre; ma ciò non riguardandomi, io non diceva nulla. Pochi giorni sono egli mi mandò a chiamare e mi disse: Bernardino, tu sei un brav'uomo, e credo potermi fidare di te… Lo assicurai della mia fedeltà. Allora, per quanto mi ricordo, mi disse: Ho bisogno che tu mi serva in un'affare importante. Mi ordinò ciò che doveva fare; ma di questo non dirò nulla, chè concerne soltanto la padrona.

      – Cielo! che faceste? qual furia poteva indurvi ambidue ad un atto così detestabile?

      – Fu una furia, » rispose Bernardino con voce cupa, e tacquero entrambi. Emilia non aveva coraggio di domandarne davvantaggio. Bernardino pareva temere di spiegarsi più particolarmente; alfine soggiunse: « È inutile riandare il passato. Il padrone fu troppo crudele, sì, ma voleva essere obbedito. Se io mi fossi ricusato, ne avrebbe trovato un altro meno scrupoloso di me.

      – L'avete uccisa? » balbettò Emilia; « io dunque parlo con un sicario? » Bernardino tacque, e la fanciulla mosse un passo per lasciarlo.

      – Restate, signorina, » ei le disse; « voi meritereste di lasciarvelo credere, giacchè me ne stimaste capace.

      – Se siete innocente, ditelo tosto » soggiunse Emilia quasi moribonda; « non ho forza bastante per ascoltarvi maggior tempo.

      – Or bene, la signora Montoni è viva per me solo; essa è mia prigioniera: sua eccellenza l'ha confinata nella camera di sopra del portone, e me ne affidò la custodia. Voleva dirvi che avreste potuto parlarle; ma ora… »

      Emilia, sollevata a tai parole da inesprimibile angoscia, scongiurollo di farle vedere la zia. Egli vi acconsentì senza farsi pregar molto, e le disse che la notte seguente, allorchè Montoni fosse a letto, se voleva recarsi alla porta del castello, potrebbe forse introdurla dalla prigioniera.

      In mezzo alla riconoscenza che le ispirava siffatto favore, parve alla fanciulla di scorgere ne' di lui sguardi una certa soddisfazione maligna, mentre pronunziava quest'ultime parole. Sulle prime scacciò tale idea, lo ringraziò di nuovo, e raccomandò la zia alla di lui pietà, assicurandolo che l'avrebbe ricompensato, e sarebbe esatta all'appuntamento indicato; quindi gli augurò buona sera, ed andossene.

      Passò qualche ora prima che la gioia, eccitata in lei dal racconto di Bernardino, le permettesse di giudicare con precisione dei pericoli che minacciavano ancora la zia e lei stessa. Quando la sua agitazione si calmò, riflettè che la zia era prigioniera d'un uomo, il quale poteva sacrificarla alla vendetta o all'avarizia sua. Allorchè pensava all'atroce fisonomia del portinaio, credeva che il suo decreto di morte fosse già firmato; immaginando colui capace di consumare qualunque atto barbaro. Queste idee

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