I misteri del castello d'Udolfo, vol. 4. Анна Радклиф

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I misteri del castello d'Udolfo, vol. 4 - Анна Радклиф

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che i suoi ultimi successi le avevano aumentate d'assai. Non iscoraggitosi per questo, appiccò intelligenze nell'interno della piazza, che gli procurarono la parola d'ordine, e mescolatosi colla sua gente ai seguaci di Montoni, potè introdursi nel castello e sorprenderlo, mentre un altro stuolo de' suoi, dopo una lieve resistenza, faceva cedere le armi alla guarnigione. Tra le persone prese con Montoni, trovavasi Orsino: avendo saputo, dopo l'inutile sforzo fatto per rapire Emilia, che quello scellerato aveva raggiunto Montoni ad Udolfo, Morano ne aveva avvertito il senato. Il desiderio di prendere quest'uomo, autore dell'assassinio d'un senatore, fu uno dei motivi che fecero accelerare l'impresa, il cui successo riuscì gradito tanto, che, malgrado i sospetti politici e l'accusa segreta di Montoni, il conte Morano fu rimesso in libertà. La celerità e facilità di questa spedizione prevennero il chiasso e le dicerie, sicchè Emilia, in Linguadoca, ignorò la disfatta e l'umiliazione del suo crudele persecutore.

      Il di lei spirito era sì oppresso da tanti affanni, che verun sforzo della sua ragione, valea a superarne l'effetto. Villefort non risparmiava alcun mezzo per consolarla. L'invitava spesso a passeggiare con lui e colla figlia, e tenevale acconci discorsi sperando sradicare gradatamente il soggetto del suo dolore e risvegliare in lei nuove idee. Emilia, vedendo in lui un vero amico, il protettore della sua gioventù, lo prese ad amare con affetto figliale.

      Il di lei cuore si apriva con Bianca come con una sorella. La bontà e semplicità di questa fanciulla compensavala abbastanza della privazione di qualche vantaggio più lusinghiero. Passò qualche tempo prima che Emilia potesse distrarsi tanto dal pensiero di Valancourt, per ascoltare l'istoria promessale dalla vecchia Dorotea, la quale in fine, premurosa di narrargliela, glie ne fece sovvenire, e Emilia l'aspettò l'istessa sera.

      Infatti, dopo mezzanotte, giunse Dorotea, e dopo pochi minuti di riposo cominciò così il suo racconto: « Sono ormai venti anni che la signora marchesa arrivò in questo castello. Quanto era bella allorchè entrò nella sala ov'eravamo riuniti per riceverla! Quanto sembrava felice il signore marchese! Chi l'avrebbe potuto indovinare! Ma che dico? Signora Emilia, mi parve che la marchesa fosse un poco afflitta. Lo dissi a mio marito, ed egli mi rispose che sbagliava: non glie ne parlai più, e tenni per me le mie osservazioni. La signora marchesa aveva all'incirca la vostra età, e, come l'ho spesso notato, vi somigliava moltissimo. Il signor marchese diede feste splendide, e pranzi così magnifici, che da quel tempo il castello non fu mai così brillante. Io allora era giovine ed allegra quanto chicchessia. Mi rammento che ballava con Filippo il cantiniere; era vestita in gran gala. Vi giuro che faceva la mia figura. Il signor marchese allora mi osservava. Ah! egli era pur allora il bravo signore. Chi avrebbe potuto mai supporre che lui…

      – Ma la marchesa cosa faceva? » interruppe Emilia.

      – Ah! sì, è vero. La marchesa mi pareva che non fosse felice. Io la sorpresi una volta a piangere. Allorchè mi vide, si asciugò gli occhi sforzandosi di ridere. Non osai domandarle che avesse, ma la seconda volta che la trovai in quello stato, glie ne chiesi il motivo, e parve offendersene. Non le dissi più nulla, ma però indovinai qualcosa. Pareva che il padre l'avesse costretta a sposare il marchese per le sue ricchezze. Essa amava un altro signore, grandemente invaghito di lei. M'immaginai dunque che si affliggesse d'averlo perduto, ma però non me ne ha parlato mai. La mia padrona procurava di nascondere le sue lacrime al marito. Io la vedeva spesso dopo i suoi trasporti di dolore, prendere un'aria tranquilla quand'egli entrava. Il mio padrone divenne d'improvviso pensieroso e severo colla moglie, la quale se ne afflisse, senza però lagnarsene mai. Allora parve disposta a tornare di buon umore, ma il marchese era così salvatico, e le rispondeva con tanta durezza, che fuggiva piangendo nella sua stanza. Io ascoltava tutto nell'anticamera. Povera signora! qualche volta credeva che il marchese fosse geloso: la mia padrona, benchè ammirata da tutti, era troppo onesta per meritare il più lieve sospetto. Fra tutti i cavalieri che frequentavano il castello eravene uno che mi pareva fatto per lei. Egli era così gentile, così galante! Ho osservato sempre che, quando veniva in casa il signor marchese era più malcontento del solito, e la padrona più pensierosa. Mi venne allora in idea che fosse quello il gentiluomo amante e riamato da lei, ma non ho potuto mai assicurarmene.

      – Quale era il nome di quel cavaliere? » disse Emilia.

      – Non posso dirvelo, signorina, perchè non conviene. Una persona morta poco tempo fa mi ha assicurato che la marchesa non era in buona regola la moglie del marchese, avendo ella prima sposato segretamente il cavaliere che amava. Non ardì confessarlo al padre, uomo brutale, ma non è verosimile, ed io non l'ho mai creduto. Come vi diceva, il marchese era quasi fuori di sè, allorchè quel cavaliere veniva qui. Il trattamento che faceva del continuo alla moglie la rese alfine infelicissima. Non voleva più che vedesse alcuno, e la costringeva a vivere affatto isolata. Io l'ho sempre servita: vedeva i suoi patimenti, ma ella non se ne doleva mai. Dopo un anno di questa vita, la padrona si ammalò: credei da principio che il suo male derivasse dagli affanni; ma, ohimè! temo molto che quella malattia non avesse un motivo più terribile.

      – Più terribile! » sclamò Emilia; « ed in qual modo?

      – Io ne dubito molto; vi furono circostanze strane davvero, ma vi dirò solo ciò che accadde. Il signor marchese…

      – Zitto! Dorotea. »

      La vecchia mutò colore. Ascoltarono tuttaddue attentamente, e udirono cantare.

      « Mi pare di aver già sentita questa voce, » disse Emilia.

      – L'ho intesa spesso anch'io, e sempre precisamente a quest'ora, » disse Dorotea con gravità. « Se gli spiriti possono cantare, certo questa musica non può venire che da loro. »

      A misura che la musica si avvicinava, Emilia la riconobbe per l'istessa già intesa all'epoca della morte del padre. La custode soggiunse:

      « Mi pare d'avervi già detto, signorina, che cominciai a sentire questa musica poco dopo la morte della mia cara padrona.

      – Zitto, » disse Emilia, « apriamo la finestra ed ascoltiamo. » Ma la musica si allontanò insensibilmente, e tutto rientrò nel silenzio. Il paese intiero era avvolto nelle tenebre, e lasciava scorgere solo indistintamente qualche parte del giardino.

      Emilia, appoggiata alla finestra, considerava quel tenebrore con rispettoso silenzio, ed alzava gli occhi al cielo adorando i decreti del Supremo Fattore. Dorotea allora continuò con voce sommessa:

      « Vi diceva adunque, signorina, che mi rammentava della prima sera in cui intesi questa musica: ciò avvenne una notte poco dopo la morte della mia cara padrona. Non so per qual motivo non era andata ancora a dormire, e pensava dolorosamente alla marchesa, ed alla trista scena ond'era stata testimone. Tutto era tranquillo, e la mia camera era lontana da quelle degli altri domestici; in quella solitudine, e colla fantasia piena di tristi idee, mi trovava isolata, e bramava udire qualche rumore, giacchè sapete che quando si ode movimento, non si ha tanta paura. Io mi asteneva perfino dal girare gli occhi per la camera, temendo sempre di vedere la faccia moribonda della mia povera padrona, che mi stava presente: quando d'improvviso intesi una dolce armonia, la quale pareva essere sotto la mia finestra; non ebbi la forza di alzarmi, ma credei fosse la voce della marchesa, e piansi di tenerezza. Da quella notte, intesi spesso quest'armonia, la quale però era cessata da qualche mese, ma ora è tornata di nuovo.

      – È strano, » disse Emilia, « che non siasi ancora scoperto il cantore.

      – Oh! signora, se fosse una persona naturale, si conoscerebbe da molto tempo; ma chi può avere il coraggio di correr dietro ad uno spirito? E quand'anco avesse tal coraggio, cosa si scoprirebbe? Gli spiriti, come sapete, possono prender la figura che vogliono: ora son qui, ora son là, e poco dopo sono cento miglia distanti.

      – Di grazia, riprendiamo l'istoria della marchesa, » disse Emilia; « informatemi del genere della sua morte.

      – Sì,

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