Vivere La Vita. Lionel C
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Lâho sentito molto bene, quando con per mano mia mamma, abbiamo cominciato a passeggiare sul marciapiede vicino ai giardini ed in quei momenti, non sapevo a cosa fare più attenzione.
Dare più importanza.
Ai giardini da una parte, oppure a quello che vedevo da l'altra parte, perché la c'era una cosa impressionante. Una costruzione con tantissime finestre, che prendeva tutta la mia attenzione.
Un condominio gemello al nostro.
Sembrava vicino, ma era abbastanza lontano da poter lasciare lo spazio in mezzo, ad un campo che a me sembrava molto grosso. Su quel campo, in quel momento, in mezzo alla polvere sollevata da loro stessi, ed accompagnati da tantissime grida, un bel gruppo di ragazzi molto più grandi di me, correvano dietro ad un pallone.
Era il campo in terra rossa, dove poi crescendo, insieme ai miei amici del condominio, avrei giocato e vinto tante finali di "coppa del nostro mondo di calcio", contro le squadre di condomini vicini, o lontani nella città .
Mentre guardavo tutte queste cose, camminando insieme a mia mamma, con la mia mano nella sua mano, siamo arrivati alla fine del giardino. Li c'era una cosa ancora più bella di tutto quello che avevo visto prima. Un pezzo di terra, con l'erba alta, verde, piacevole, morbida e molto profumata. Lo so, perché appena arrivati, abbiamo lasciato il marciapiede e siamo entrati anche noi. La cosa ancora più bella e che nell'erba alta, c'erano non pochi bambini.
Tutti, della mia misura, della mia altezza.
Appena dentro, mia mamma, mi ha mollato la mano quasi spingendomi dolcemente verso quei bambini. Erano tutti insieme, radunati in un bel gruppetto, e sembrava che si conoscessero tra di loro.
Per me era la prima volta, oppure la prima volta che ricordo.
Molto bello, perché appena arrivato, non mi hanno respinto ed all'inizio, senza dire nulla, ma con dei gesti, mi hanno permesso di avvicinarmi e di stare con loro. Appena vicino, hanno cominciato anche a parlarmi, ma purtroppo lo facevano tutti insieme e non capivo nulla. Quello che ho capito molto bene e che erano di due categorie, perché c'erano quelli che in mano avevano una macchinina, oppure altri giochi che anch'io conoscevo, e c'erano quelli che avevano una specie di bambino molto, molto piccolo e morbido.
Era per la prima volta che vedevo delle cose così.
Quelli con il bambino morbido avevano anche i capelli più lungi.
Erano le femminucce, con le loro bamboline.
La cosa molto bella e che quasi ognuno di loro, maschietti e femminucce, mi voleva dare quello che aveva in mano, e mi sono subito sentito così bene insieme a loro, da non ricordare neanche più della presenza di mia madre.
Infatti, le persone grandi erano non molto lontane.
Vicine da poterci vedere bene, ma abbastanza lontane, per non fare parte di tutto quello che succedeva tra noi piccoli.
Noi piccoli, perché quella bella erba verde e profumata, mi arrivava quasi al petto.
à stato tutto bellissimo, e quando sempre con mia mamma per mano, siamo andati via per salire in casa, ero molto contento. Non vedevo l'ora di tornare di nuovo con la mia macchinina preferita, per farla vedere e toccare ai miei, ormai amici ed amiche.
Quello che sentivo era molto, molto bello e dentro il mio petto c'era un qualcosa che mi sembrava si muovesse.
Saltellava e forse era per via di quelle cose nuove e belle che vivevo.
Questa bella sensazione, mi faceva stare ancora meglio.
Mi capitava sempre più spesso ed un giorno, è stata così forte da avere quasi paura che veniva fuori dal petto.
Era il giorno in qui i miei genitori hanno detto che andavamo a trovare i nonni.
Ero felice, curioso ed impaziente.
Subito sono andato a prepararmi ed ero pronto per partire.
Mi hanno fermato, quasi bloccato i miei genitori, molto sorridenti e con dei modi molto tranquilli, divertenti e non riuscivo a capire niente, non riuscivo a capire il perché.
Mi chiedevo perché avevano già cambiato idea, se pochi attimi prima erano decisi di andare dai nonni.
I giorni dopo, ho visto che succedevano delle cose mai viste prima.
Cose comprate, depositate sui tavoli ed altri posti in casa. Roba da vestire che di solito stava negli armadi, appoggiata sui divani e sulle poltrone. Poi, quando non c'era più spazio per appoggiare niente, da nessuna parte, mio papà ha cominciato a mettere tutto in dei grossi contenitori abbastanza rigidi. Una volta pieni li chiudeva a chiave, e grazie ad una maniglia, li spostava per non essere di intralcio. Quando i tavoli, le poltrone ed i divani sono tornati puliti e liberi come erano di solito, mi è stato detto di prepararmi.
Stavamo partendo.
Scesi di casa, c'era mio padre che portava quei due grossi contenitori e mia madre con per mano me ed il mio fratello.
Abbiamo fatto poca strada.
Il marciapiede che affiancava i giardini del condominio ed il nostro bel pezzo di terra con l'erba tutta verde. Subito dopo, abbiamo attraversato il corso e ci siamo fermati sul marciapiede, da l'altra parte. Mio padre ha posato i due contenitori, e stavamo li fermi, insieme ad altre persone. Come ad un segnale, tutte le persone hanno cominciato a fremere e dopo pochi istanti, d'avanti a noi si è fermata una macchina molto grossa.
Siamo saliti tutti.
La macchina era tutta piena di gente.
C'era chi stava seduto e c'era chi, come noi, stava in piedi in mezzo a delle persone molto, molto più grandi di me. Tutte quelle cose nuove: la grossa macchina, le persone, il rumore del motore, le vibrazioni che si sentivano, il fatto che ogni tanto quella macchina si fermasse, e c'era chi scendeva e chi saliva, il tutto mi faceva sentire più rigido. La serenità che ho sempre vissuto dentro di me, la gioia perché si andava dai nonni, all'improvviso erano come scomparse e quello che sentivo era una cosa nuova.
Una cosa che mi toglieva la tranquillità e che non mi piaceva.
Quando mio papà mi ha preso in braccio, ho scoperto che quella grossa macchina, aveva finestre dappertutto intorno. Riuscivo a vedere fuori le case, i prati, le macchine e tutte le altre cose che andavano via.
Stavo già meglio.
Il mio respiro, che prima era molto corto, veloce, è ritornato ad essere quello che conoscevo.
Così tranquillo da non ricordarmi neanche che respiravo.
Purtroppo, dopo abbastanza poco tempo, la grossa macchina si è fermata, tutta la gente è scesa ed insieme alla gente anche noi.
Come quando siamo scesi di casa, mio padre ha preso i due grossi contenitori, mia madre ha preso per mano mio fratello e me e tutti insieme abbiamo cominciato a camminare. Dopo pochi passi, ci siamo trovati su un marciapiede molto stretto e con recinzioni molto alte sui due lati. Questo marciapiede sembrava diviso a metta, da una linea che non