Le Regole Del Paradiso. Joey Gianvincenzi
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Читать онлайн книгу Le Regole Del Paradiso - Joey Gianvincenzi страница 2
Il ragazzo sembrò cadere dalle nuvole. Era intento a osservare la punta della sigaretta che aveva acceso e a soffiarci sopra.
âLe date di quando è nato e quando è morto?â
âNo di quando ha smesso di portare il pannolino e di quando ha perso la verginità â.
Nessun professore osava scherzare in una classe del genere; Flores lo faceva nel modo giusto, era serio, ma riusciva a far sorridere qualcuno. Gli studenti più difficili da gestire, senza volerlo e senza ammetterlo, stimavano la sua sicurezza e il suo modo di essere severo e morbido allo stesso tempo.
âSecondo me non se lo è mai tolto il pannolino quel moccioso di Socrateâ. Altre risate si levarono dalla bocca di alcuni dopo la perla di saggezza sparata da Allen.
âEsca dallâaulaâ ordinò severamente Flores.
âProf stavoâ¦â
âHo detto esca immediatamente dallâaula!â
Mentre Allen si alzava svogliatamente per abbandonare lâaula, Jane prese un pezzo di carta e ci scrisse sopra la risposta. Era unâabitudine che aveva preso fin dalle scuole elementari: scrivere su un foglio tutte le risposte che gli altri non riuscivano a dare. Ashley, che le era seduta davanti, capì cosa aveva scritto e glielo strappò dalle mani. Sapeva della sua curiosa abitudine.
âProfessore?â fece Ashley alzando la mano.
âCosa câè signorina Trevor?â
âComunque Socrate è nato ad Atene nel 470 avanti Cristo circa ed è morto nella stessa città nel 399â disse con decisione.
âOttimo Trevor. Complimentiâ.
Lei gli sorrise e accartocciò il bigliettino. Le sue amiche le alzarono il pollice.
âVedete? Anche la vostra compagna è preparata. Prendete esempio. Lei lo sapeva, signorina Madison?â
Ashley si girò e le lanciò uno sguardo di fuoco allargando le palpebre.
Dopo un attimo di esitazione rispose: âNo, professoreâ.
* * *
Non appena uscì dal liceo, Jane fu sorpresa da una feroce spallata di Ashley. La ragazza si limitò a raccogliere il libro che le aveva fatto cadere senza badare più del dovuto al colpo. Il suo carattere purtroppo, estremamente docile e tollerante, non le aveva mai permesso di farsi rispettare a dovere da chi, fin dal primo giorno, aveva deciso di approfittarsi di tanta educazione e rispetto per far prevalere la propria falsa superiorità e la propria presunta bellezza. Neanche davanti alle torture più atroci avrebbe ammesso che Jane era di gran lunga migliore di lei, a partire dalla mente, sveglia e acuta, alla bellezza estetica, delicata, ma ferma, evidente senza mai cadere nel volgare.
In ogni caso, le considerazioni giornaliere sul rapporto burrascoso e antipatico che aveva instaurato con Ashley, si volatilizzarono non appena si trovò davanti al cancello grigio di casa sua. Se avesse dovuto descrivere cosa provava nel momento in cui doveva entrare, non ne sarebbe stata capace. Avrebbe voluto vivere in qualsiasi altro posto, ma non lì.
Lâimponente e ricercata architettura esterna dava lâimpressione di essere un fantastico sogno in cui vivere liberi e felici, ma la realtà era tuttâaltro: in nessun posto si sentiva così tanto prigioniera.
Una volta spalancato il cancello, ad accogliere la ragazza - così come i rarissimi ospiti che avevano voglia di fare una visita alla famiglia Madison - câera ogni giorno un adorabile pratino inglese che circondava lâintera casa come un vasto oceano con una minuscola isola deserta; il vialetto che conduceva alla porta dâingresso tagliava in due il prato ed era formato da pietre triangolari di terracotta di un colore simile al rosso porpora. Inoltre, lungo il vialetto câerano, per ogni lato, tre vasi di ceramica alti circa un metro simili a maggiordomi che accompagnavano gli ospiti in casa. Tolta lâestetica raffinata e lâattraente architettura generale, da quando aveva messo piede lì dentro fino al suo ultimo compleanno, il ventunesimo, non aveva fatto altro che sperare in una svolta, in una libertà improvvisa, in una scarcerazione dalla prigionia della grande meravigliosa e allo stesso tempo invivibile villetta. Ma fino a quel giorno non era arrivato mai nulla di simile.
Entrò.
In cucina trovò la sua matrigna, Ginger Dixon, davanti al passeggino della sua piccola sorellastra Alisha Madison, di tre anni.
Ginger rappresentava, agli occhi della giovane, un canone di donna, di madre e di amica che non avrebbe mai voluto seguire; da quel genere di persone non sarebbe mai uscito qualcosa di imitabile, di prezioso, di amabile.
âCiao Ginger, sono tornataâ salutò entrando sorridente in cucina.
La cosa che le saltò subito agli occhi fu ciò che vide dietro la donna. Una montagna di piatti e bicchieri ancora da lavare. Guardò la matrigna che dava da mangiare alla piccola.
âCiao Ginger, sono tornata unâora prima perché non câera ilâ¦â
âJane ti ho vista è inutile che mi saluti per la centesima volta. Ciao! Sei contenta adesso? Non vedi che ho da fare?â le disse senza neanche guardarla.
Jane si scusò senza meravigliarsi di ricevere una risposta simile.
Tornò quindi ad assumere lo stesso sorriso falso e svogliato di prima, cercando di far mangiare la piccola Alisha ormai stranita e propensa a farla irritare ancora di più con qualche capriccio di troppo. La ragazza invece si rifugiò in camera sua, cercando di non badare più di quanto già non facesse al pessimo rapporto che si era creato con quella donna così gelida e poco incline a qualsiasi forma di sentimento che si avvicinasse alla tenerezza o, peggio ancora, alla dolcezza.
La ragazza, per distrarsi e scaricare alcuni residui del nervosismo che cominciava a corroderle lo stomaco, iniziò a studiare alcuni capitoli di filosofia applicando le tecniche mnemoniche più difficili che conosceva. Dopo averle utilizzate quasi tutte, però, si alzò dalla sua postazione e scese giù in cucina con un gran buco allo stomaco.
Per qualche ragione la colf che badava alla cura e allâigiene di casa Madison da una vita non era ancora arrivata, così decise di facilitarle il lavoro iniziando a preparare il pranzo.
Non impiegò più di un quarto dâora e, non appena riempì tutti i piatti, fece irruzione in casa il capofamiglia: Gary Madison. Parlare di lui non era facile, così come non lo era parlare con lui. Se Ginger rappresentava la donna che non sarebbe mai voluta diventare, Gary rappresentava lâuomo che non avrebbe mai voluto al suo fianco. Si era meritato dalla ragazza il soprannome di bestia.
âQuesti hamburger fanno veramente penaâ sbottò Gary gettando la forchetta nel piatto.
Jane si sentì morire. Divenne rossa in faccia, ma non osò guardare suo padre.
âJane, non dirmi che hai cucinato tuâ.