Un Compito Di Valore . Морган Райс

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Un Compito Di Valore  - Морган Райс L’Anello Dello Stregone

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il cappuccio, gli occhi scintillanti e intensi più che mai fissi su Andronico. Lei e Steffen giacevano a terra tra i due titani. Erano due creature dalla forza incredibile, una oscura e l’altra di luce, e ora erano uno di fronte all’altro. Poteva addirittura percepire la lotta spirituale che stava infuriando sopra la sua testa.

      “Dovrei davvero?” lo derise Andronico, sorridendo.

      Ma nel suo sorriso Gwen scorse le labbra che tremavano e poté vedere, per la prima volta, un barlume di paura nei suoi occhi. Non avrebbe mai pensato di poterla scorgere. Andronico doveva conoscere Argon. E qualsiasi cosa sapesse, era sufficiente per fare paura all’uomo più potente del mondo.

      “Non farai altro male alla ragazza,” disse con calma Argon. “Accetterai la sua resa,” disse, facendo un passo in avanti, gli occhi brillanti e ipnotici. “Le permetterai di ritirarsi tra la sua gente. E permetterai al suo popolo di arrendersi, se lo sceglieranno. Ho intenzione di dirtelo una sola volta. Saresti saggio ad accettare.”

      Andronico fissò Argon e sbatté le palpebre diverse volte, come se fosse indeciso.

      Poi gettò la testa indietro e rise di gusto. Era la risata più sonora e tetra che Gwen avesse mai sentito. Il suono riempì il campo e sembrò raggiungere il cielo.

      “I tuoi trucchetti da stregone non funzionano su di me, vecchio,” disse Andronico. “So del grande Argon. C’è stato un tempo in cui sei stato potente. Più potente di uomini, draghi, del cielo stesso, o così almeno si dice. Ma il tuo tempo è passato. Ora è un’era nuova. Ora è il tempo del grande Andronico. Ora non sei che un relitto, il rimasuglio di qualche altra era, di quando i MacGil governavano, di quando la magia era forte. Di quando l’Anello era imbattibile. Ma il tuo fato è legato all’Anello. E ora l’Anello è debole. Come te.

      “Sei un pazzo ad affrontarmi, vecchio. Ora soffrirai. Ora imparerai la forza del grande Andronico.”

      Andronico fece una smorfia e sollevò di nuovo la spada sopra Gwendolyn, questa volta con gli occhi fissi su Argon.

      “Ucciderò questa ragazza lentamente, davanti ai tuoi occhi,” disse. “Poi ucciderò il gobbo. Poi ho intenzione di menomare te, ma lasciarti vivere come simbolo del mio potere e della mia grandezza.”

      Gwendolyn si tenne stretta e tremò mentre Andronico calava la spada verso la sua testa.

      Improvvisamente accadde qualcosa. Udì un suono fendere l’aria, come di migliaia di fuochi, e poi il grido di Andronico.

      Aprì gli occhi incredula nel vedere il volto di Andronico contorto nel dolore. Lasciò cadere la spada e si inginocchiò a terra. Poi vide Argon che faceva un passo avanti, poi un altro, tenendo sollevata una sola mano dalla quale irradiava una palla viola chiaro. La palla divenne sempre più grande e avvolse Andronico mentre Argon continuava a camminare in avanti, imperturbato, avvicinandosi sempre di più.

      Andronico si rannicchiò a terra, completamente avvolto dalla luce.

      Dai suoi uomini si levò un sussulto, ma nessuno osò avvicinarsi. O erano spaventati, o Argon aveva scagliato su di loro una qualche sorta di incantesimo per renderli impotenti.

      “FALLO SMETTERE!” gridò Andronico portandosi le mani alle orecchie. “TI PREGO!”

      “Non farai altro male alla ragazza,” disse Argon lentamente.

      “Non farò altro male alla ragazza!” ripeté Andronico, come in trance.

      “La libererai ora e le permetterai di tornare dalla sua gente.”

      “La libererò ora e le permetterò di tornare dalla sua gente!”

      “Concederai al suo popolo la possibilità di arrendersi.”

      “Concederò al suo popolo la possibilità di arrendersi!” gridò Andronico. “Per favore! Farò qualsiasi cosa!”

      Argon fece un respiro profondo, poi si fermò. La luce scomparve dalla sua mano e lui abbassò lentamente il braccio.

      Gwen lo guardò scioccata: non lo aveva mai visto in azione e faceva fatica a capire l’entità del suo potere. Era come vedere i cieli che si aprivano.

      “Se dovremo incontrarci ancora, grande Andronico,” disse Argon lentamente, guardandolo a terra tremante, “sarà lungo il tuo tragitto verso gli oscuri regni della morte.”

      CAPITOLO DUE

      Thor lottava con tutte le sue forze, trattenuto saldamente dai soldati dell’Impero, e guardava impotente mentre Durs, un uomo che una volta aveva creduto essere suo fratello, levava la spada per ucciderlo.

      Serrò gli occhi e si preparò, sapendo che era giunta la sua ora. Se la prese con se stesso per essere stato così stupido, per essersi fidato a tal punto. Lo avevano ingannato fin dall’inizio, un agnello condotto verso il macello. Ancora peggio: in quanto capo della spedizione, gli altri avevano guardato a lui come a una guida. Non aveva portato alla morte solo se stesso, ma anche tutti gli altri. La sua ingenuità, la sua natura fiduciosa,  li aveva messi tutti in pericolo.

      Mentre si dimenava cercava con tutto se stesso di raccogliere i propri poteri, di richiamarli da qualche parte dentro di sé; giusto un briciolo di energia per potersi liberare e reagire.

      Eppure, per quanto provasse, non accadeva nulla. La sua forza personale da sola non era sufficiente per liberarsi da tutti i soldati che lo tenevano stretto.

      Thor sentiva il vento carezzargli la faccia mentre Durs abbassava la spada e si preparò per l’imminente impatto con la lama d’acciaio. Non era pronto a morire. Nella sua mente vide Gwendolyn, nell’Anello, che lo aspettava. Sentiva di aver fatto del male anche a lei.

      Improvvisamente udì un rumore di carne che sbatteva contro altra carne, e quando aprì gli occhi con sua grande sorpresa vide che era ancora vivo. Il braccio di Durs era fermo in aria, il polso bloccato dall’enorme mano di un soldato dell’Impero, ben più alto di lui (cosa non così comune, data la stazza di Durs). Il soldato aveva afferrato il braccio di Durs appena a pochi centimetri dall’andare a segno.

      Durs si voltò verso l’uomo, sorpreso.

      “Il nostro capo non li vuole morti,” mormorò il soldato con voce greve. “Li vuole vivi. Come prigionieri.”

      “Nessuno ce l’ha detto,” protestò Durs.

      “Il patto era che li avremmo uccisi!” aggiunse Dross.

      “I termini del patto sono cambiati,” rispose il soldato.

      “Non potete farlo!” gridò Drake.

      “Davvero?” gli rispose con tono severo, voltandosi verso di lui. “Possiamo fare tutto quello che vogliamo. In effetti, ora anche voi siete nostri prigionieri.” Il soldato sorrise. “Più membri della Legione abbiamo per il riscatto, meglio è.”

      Durs guardò il soldato e il volto gli si adombrò per l’indignazione. Un attimo dopo scoppiò il caos e i tre fratelli vennero aggrediti da decine di soldati dell’Impero che li bloccarono a terra e legarono loro i polsi.

      Thor prese vantaggio dalla baraonda e si voltò alla ricerca di Krohn, che scorse a pochi passi da loro, in agguato nell’ombra, lealmente sempre al suo fianco.

      “Krohn, aiutami!” gridò Thor. “ORA!”

      Krohn

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