Destino Di Draghi . Морган Райс

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Destino Di Draghi  - Морган Райс L’Anello Dello Stregone

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e si incamminò per andarsene.

      “Aspetta!” gridò Gareth, non più desideroso che se ne andasse, ma piuttosto bisognoso di risposte. “Cosa intendi dire?”

      Gareth non poteva fare a meno di percepire che Argon gli stesse mandando un messaggio, che gli stesse dicendo che non avrebbe regnato a lungo. Ora doveva sapere se era proprio questo che intendeva dire.

      Gareth lo rincorse, ma proprio mentre gli si stava avvicinando, Argon scomparve davanti ai suoi occhi.

      Gareth si voltò, si guardò attorno ma non vide nulla. Udì solo una risata vuota che risuonava da qualche parte, sospesa nell’aria.

      “Argon!” gridò.

      Si voltò di nuovo, guardò verso il cielo cadendo su un ginocchio e buttando indietro la testa. Quindi strillò: “ARGON!”

      CAPITOLO SETTE

      Erec camminava insieme al Duca, a Brandt e a una decina di uomini del Duca percorrendo i vicoli intricati di Savaria, con la folla che cresceva man mano che loro procedevano, diretti verso la casa della ragazza. Erec aveva insistito per poterla incontrare senza ulteriori esitazioni e il Duca aveva voluto fargli strada personalmente. E ovunque andasse il Duca, la gente lo seguiva. Erec si guardò attorno scrutando la corposa e crescente brigata e si sentiva imbarazzato rendendosi conto che sarebbe giunto di fronte alla dimora della ragazza con decine di persone al seguito.

      Da quando l’aveva vista, Erec non era stato capace di pensare ad altro. Si chiedeva chi fosse quella giovane dall’aspetto così nobile che lavorava come servitrice alla corte del Duca. Perché era fuggita da lui così frettolosamente? Perché era successo che, dopo tutti quegli anni e con tutte le donne di alto lignaggio che aveva incontrato, proprio quella gli avesse rapito il cuore?

      Avendo frequentato le famiglie reali per tutta la vita, essendo figlio di un re lui stesso, Erec era in grado di riconoscere qualsiasi membro di una famiglia reale all’istante. E dal primo momento in cui l’aveva vista aveva avuto la sensazione che appartenesse a un livello molto più elevato di quello che apparentemente ricopriva. Bruciava dalla curiosità di sapere chi fosse, da dove venisse e cosa ci facesse lì. Aveva bisogno di un’altra occasione di vederla, di vedere se si era immaginato tutto o se le cose erano veramente così.

      “I miei servitori dicono che vive alla periferia della città,” spiegò il Duca mentre camminavano. Mentre procedevano la gente da ogni parte della strada apriva le finestre e guardava verso il basso, tutti sorpresi per la presenza del Duca e il suo seguito in strade così comuni.

      “Pare sia la servitrice di un oste. Nessuno sa nulla delle sue origini o da dove venga. Si sa solo che un giorno è giunta nella nostra città ed è diventata una servitrice vincolata contrattualmente per questo locandiere. Il suo passato è un mistero.”

      Svoltarono tutti in un’altra strada laterale. I ciottoli sotto i loro piedi divennero più irregolari, le piccole abitazioni più vicine l’una all’altra e dall’aspetto sempre più fatiscente man mano che avanzavano. Il Duca si schiarì la voce.

      “L’ho assoldata come servitrice presso la mia corte per un’occasione speciale. È una persona tranquilla e se ne sta sulle sue. Nessuno sa molto di lei. Erec,” disse infine il Duca appoggiandogli una mano sul polso, “sei certo di quello che stai facendo? Questa donna, chiunque lei sia, è semplicemente una paesana come un’altra. Tu potresti scegliere qualsiasi altra donna del regno.”

      Erec ricambiò lo sguardo con pari intensità.

      “Devo rivedere quella ragazza. Non ha importanza chi lei sia.”

      Il Duca scosse la testa con disapprovazione, e continuarono tutti a camminare, svoltando tra una strada e l’altra e percorrendo vicoli intricati e stretti. Mentre procedevano, quel quartiere di Savaria diventava sempre più squallido, le strade si riempivano di ubriachi, erano piene di sporcizia, polli e cani randagi che gironzolavano. Passarono di taverna in taverna, le grida degli avventori si udivano nelle strade. Alcuni beoni passarono loro davanti con passo malfermo e mentre iniziava a calare la sera vennero accese alcune torce.

      “Fate strada al Duca!” gridò la guardia che stava a capo della spedizione, avanzando e addirittura spingendo da parte alcuni ubriaconi. Da ogni parte della strada diversi brutti ceffi si facevano da parte e guardavano, stupiti, mentre il Duca passava con Erec accanto.

      Infine giunsero a una piccola e umile taverna, fatta di stucco e ricoperta da un tetto spiovente in ardesia. Aveva l’aspetto di poter ospitare al massimo una cinquantina di avventori al piano di sotto, e aveva forse qualche stanza di sopra. La porta era sbilenca, c’era una finestra rotta e la lampada d’ingresso pendeva storta, la torcia baluginante, la cera troppo bassa. Grida di ubriachi trapelavano dalle finestre. Tutti si fermarono di fronte alla porta.

      Come poteva una ragazza tanto raffinata lavorare in un luogo come quello? si chiedeva Erec, disgustato, mentre ascoltava le grida e le burle che provenivano dall’interno. Il cuore gli si spezzò mentre formulava quel pensiero, mentre pensava all’oltraggio che lei doveva per certo soffrire in un luogo come quello. Non è giusto, pensò. Si sentiva determinato a salvarla da tutto ciò.

      “Perché te ne vieni nel posto peggiore per trovare una moglie?” gli chiese il Duca voltandosi verso Erec.

      Anche Brandt si voltò verso di lui.

      “Ultima possibilità, amico mio,” gli disse. “C’è un castello pieno di donne d’alto rango che aspettano solo che tu torni lì.”

      Ma Erec scosse la testa, determinato.

      “Aprite la porta,” ordinò.

      Uno degli uomini del Duca corse in avanti e spinse la porta. L’odore di birra scadente uscì in un’ondata facendolo indietreggiare.

      All’interno diversi ubriaconi erano piegati sul bancone o seduti attorno a tavole di legno e gridavano, ridevano, si sbeffeggiavano a vicenda e sgomitavano. Erano tipi grezzi – Erec poté rendersene conto all’istante – con pance troppo gonfie, la barba incolta, gli abiti sporchi. Nessuno di loro era per certo un guerriero.

      Erec entrò perlustrando il posto con lo sguardo alla ricerca della ragazza. Si chiese se per caso non fossero giunti nel posto sbagliato.

      “Mi scusi signore, sto cercando una donna,” disse Erec all’uomo che gli stava accanto, alto e largo, con la pancia grossa e la barba ispida.

      “Davvero?” gridò l’uomo con tono canzonatorio. “Beh, allora sei venuto nel posto sbagliato! Questo non è un bordello. Anche se ce n’è uno dall’altra parte della strada, e dicono che le donne lì siano belle e prosperose!”

      L’uomo si mise a ridere, con voce troppo alta, in faccia ad Erec, e diversi suoi compagni lo imitarono.

      “Non è un bordello quello che cerco,” rispose Erec per niente divertito, “ma una precisa donna, una che lavora qui.”

      “Sicuramente intendi la cameriera dell’oste,” disse un altro grosso ubriacone. “Probabilmente è sul retro da qualche parte a grattare il pavimento. Peccato, mi piacerebbe che stesse qui seduta sulle mie gambe!”

      Tutti gli uomini iniziarono a ridere fragorosamente, estremamente divertiti dalle loro stesse barzellette, ed Erec arrossì al pensiero. Provava vergogna per lei. Perché era costretta a servire quella gente? Era una cosa tanto indegna che lui neanche riusciva a contemplarla.

      “E tu chi sei?” chiese un’altra

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