Un Cielo Di Incantesimi . Морган Райс
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Читать онлайн книгу Un Cielo Di Incantesimi - Морган Райс страница 5
E la disperazione della loro condizione non era ancora mutata: Reece udì un forte insieme di grida attorno a lui, un suono che si levò da un migliaio di quelle creature che digrignavano i denti in un modo snervante, ridendo e ringhiando contemporaneamente. Sembravano un esercito di sciacalli. Era evidente che Reece li aveva fatti arrabbiare: li aveva privati del loro prezioso oggetto e ora sembravano tutti determinati a fargliela pagare.
Se prima la situazione non era delle migliori, ora era addirittura peggiore. Reece scorse gli altri – Elden, Indra, O’Connor, Conven, Krog e Serna – che fissavano in basso con orrore guardando il calderone di lava. Poi sollevarono gli sguardi e si guardarono attorno disperati. Migliaia di Cerbiti gli si stavano stringendo addosso provenendo da ogni direzione. Reece era riuscito a risparmiare la Spada ma non aveva pensato al dopo, non aveva pensato a come scampare – lui e gli altri – al pericolo. Erano ancora completamente circondati e non c’era via d’uscita.
Reece era determinato a trovare una via di fuga e ora, senza più il fardello della Spada, potevano almeno muoversi velocemente.
Sguainò la propria spada e tirò un fendente in aria emettendo il caratteristico suono. Perché rimanere fermi lì e aspettare che quelle creature attaccassero? Almeno sarebbe morto combattendo.
“ALL’ATTACCO!” gridò Reece agli altri.
Sguainarono tutti le loro armi e si raccolsero dietro a lui, seguendolo mentre scattava allontanandosi dal calderone di lava e lanciandosi nella folla di Cerbiti, roteando la spada da ogni parte e uccidendone a destra e a manca. Accanto a lui Elden sollevò la sua ascia da guerra e iniziò a tagliare due teste alla volta, mentre O’Connor scoccava frecce in corsa, colpendo tutti quelli che gli si paravano davanti. Indra si scagliò in avanti con la sua spada corta pugnalandone due al cuore, mentre Conven usava entrambe le sue spade e, gridando come un pazzo, correva in avanti roteandole selvaggiamente e uccidendo Cerbiti da ogni parte. Serna usava la sua mazza e Krog una lancia, proteggendo le spalle ai compagni.
Erano una compatta macchina da guerra e lottavano per le loro vite, facendosi strada attraverso la fitta folla, cercando disperatamente di fuggire. Reece li condusse verso la cima di una collina, intenzionato a salire in un punto sopraelevato.
Scivolavano mentre avanzavano, la terra tremava ancora, la salita era ripida e il terreno fangoso. Persero un po’ dello slancio iniziale e diversi Cerbiti saltarono addosso a Reece, graffiandolo e mordendolo. Lui si voltò e li prese a pugni, ma quelli erano persistenti e gli stavano aggrappati addosso. Alla fine riuscì a liberarsene calciandoli a terra e poi pugnalandoli prima che potessero risollevarsi e attaccare di nuovo. Graffiato e ammaccato Reece continuò a combattere come tutti gli altri, cercando di salvarsi la vita e scalare la collina per fuggire da quel luogo.
Quando finalmente raggiunsero la sommità dell’altura, Reece ebbe un attimo di tregua. Rimase fermo lì, respirando affannosamente e cercando di riprendere fiato, e in lontananza vide uno scorcio della parete del Canyon velata da densa nebbia. Sapeva che quello era il confine oltre il quale si trovava la loro salvezza: dovevano tornare in superficie per avere salva la vita, dovevano raggiungere quella parete.
Reece si guardò alle spalle e vide migliaia di Cerbiti che correvano in salita verso di loro, vibrando, battendo i denti, emettendo quel verso tremendo più forte che mai. Capì che non li avrebbero lasciati scappare.
“E io?” gridò una voce squarciando l’aria.
Reece si voltò e vide Centra ancora là sotto. Era ancora prigioniero, dietro al capo dei Cerbiti, sempre con un coltello puntato alla gola.
“Non abbandonatemi!” gridò. “Mi uccideranno!”
Reece rimase fermo, ardendo per la frustrazione. Ovviamente Centra aveva ragione: l’avrebbero ucciso. Non poteva lasciarlo lì, sarebbe andato contro il suo codice d’onore. Dopotutto Centra li aveva aiutati quando erano stati nel bisogno.
Reece esitò. Si voltò e vide in lontananza la parete del Canyon, la loro via di fuga, che lo tentava.
“Non possiamo tornare da lui!” disse Indra nervosamente. “Ci uccideranno.”
Diede un calcio a un Cerbito che le si stava avvicinando e quello cadde all’indietro, scivolando sulla schiena lungo la discesa.
“Saremmo già abbastanza fortunati a salvarci la pelle noi stessi!” gridò Serna.
“Non è uno di noi!” disse Krog. “Non possiamo rischiare tutti la vita per lui!”
Reece rimase fermo, dibattuto. I Cerbiti si stavano avvicinando e sapeva che era necessario prendere subito una decisione.
“Avete tutti ragione,” ammise. “Non è uno di noi. Ma ci ha aiutati. Ed è un buon uomo. Non posso abbandonarlo alla mercé di queste creature. Nessuno deve essere lasciato alle spalle!” disse con fermezza.
Iniziò quindi a dirigersi verso il versante della collina per tornare verso Centra, ma prima che potesse fare un passo,. Conven si staccò improvvisamente dal gruppo e corse giù, saltando e scivolando sul pendio fangoso, con i piedi ben piantati a terra e la spada sguainata, colpendo chiunque si trovasse sulla sua traiettoria mentre scivolava verso il basso, uccidendo Cerbiti a destra e a sinistra. Si lanciò verso il punto in cui si trovavano prima, temerariamente, gettandosi senza esitazione nel mezzo del gruppo di Cerbiti e riuscendo in qualche modo a farsi strada attraverso di loro con assoluta determinazione.
Reece balzò in azione dietro di lui.
“Voi altri restate qui!” gridò. “Aspettateci!”
Reece seguì le tracce di Conven, colpendo Cerbiti da ogni parte e raggiungendo il compagno per fornirgli manforte: i due combatterono insieme per farsi strada verso Centra.
Conven si lanciava in avanti facendosi spazio tra la folla di Cerbiti mentre Reece si dirigeva verso Centra che li guardava con occhi sgranati per la paura. Un Cerbito sollevò il suo pugnale per tagliare la gola a Centra, ma Reece non gliene diede la possibilità: si fece avanti, sollevò la spada, prese la mira e la lanciò con tutta la sua forza.
La spada volò in aria, roteando e andò a conficcarsi nella gola del Cerbito proprio un momento prima che questi potesse uccidere Centra. Centra gridò guardando il Cerbito morto a pochi centimetri da lui, i volti vicinissimi.
Con sorpresa di Reece Conven non andò verso Centra, ma continuò a correre lungo la collina. Reece vide con orrore cosa stava per fare: Conven sembrava avere intenti suicidi. Si fece strada attraverso il gruppo di Cerbiti che circondavano il loro capo, seduto in alto su una piattaforma intento a guardare la battaglia. Conven uccise Cerbiti da ogni parte: non sembravano aspettarsi una cosa del genere e tutto accadde troppo velocemente perché potessero reagire. Reece si rese conto che Conven si stava dirigendo verso il capo.
Gli si avvicinò, balzò in aria, sollevò la spada e, quando il capo si rese conto di cosa stava succedendo e cercò di scappare, Conven lo pugnalò al cuore. Il capo gridò e improvvisamente si udì un coro di migliaia di strilli provenienti da tutti gli altri Cerbiti, come se anche loro fossero stati pugnalati. Era come se condividessero il medesimo sistema nervoso, e Conven lo aveva distrutto.
“Non avresti dovuto farlo,” gli disse Reece tornando al suo fianco. “Ora hai dato inizio a una guerra.”
Mentre guardava con orrore, Reece vide esplodere una piccola collina dalla quale uscirono migliaia di Cerbiti che si riversarono all’esterno come uno sciame di formiche. Reece si rese