Eroina, Traditrice, Figlia . Морган Райс

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Eroina, Traditrice, Figlia - Морган Райс страница 8

Eroina, Traditrice, Figlia  - Морган Райс Di Corone e di Gloria

Скачать книгу

      C’erano un paio di guardie vicino alla porta principale, dietro a un tavolo con delle carte disposte, mostrando come stessero passando il tempo. Alcune cose non cambiavano mai, nonostante chi c’era in carica.

      Sollevarono lo sguardo quando Stefania si avvicinò, e Stefania fu piuttosto divertita dalla sorpresa che gli vide in volto.

      “Quella è… hai catturato Stefania?” chiese uno degli uomini.

      “Come hai fatto?” chiese l’altro. “Dove l’hai trovata?”

      Stefania udì l’incredulità, ma anche il senso di non sapere cosa fare adesso.

      “Stava sgattaiolando via dalla stanza di Ceres,” rispose Elethe senza esitazioni. La sua damigella era una buona bugiarda. “Potete… devo dirlo a qualcuno, ma non sono sicura a chi.”

      Era una buona mossa. Allora entrambi guardarono Elehte, cercando di decidere cosa fare. Fu allora che Stefania tirò fuori un ago con entrambe le mani e lo spinse avanti a colpire i colli delle guardie. Gli uomini si girarono, ma il veleno era ad azione rapida e i loro cuori già si stavano fermando. Ancora due respiri al massimo e collassarono.

      “Prendi le chiavi,” disse Stefania indicando la cintura di una delle guardie.

      Elehte obbedì, aprendo la prigione. Erano piene fin quasi ad esplodere, proprio come Stefania aveva sospettato. Non c’erano neanche altre guardie. Apparentemente tutti quelli con la capacità di combattere si trovavano entro quelle mura.

      C’erano uomini e donne che erano ovviamente soldati e guardie, torturatori e semplicemente nobili leali. Stefania vide altre delle sue damigelle lì, che la guardarono come se fosse pazza. La mossa sensata era quella di non insistere sulla loro lealtà, ma di fingere di servire il nuovo regime. La cosa importante era che fossero lì.

      “Signora Stefania?” disse una, come se non potesse credere a ciò che stava vedendo. Come se lei fosse la loro salvatrice.

      Stefania sorrise. Le piaceva l’idea di persone che la vedevano come il loro eroe. Avrebbero probabilmente fatto molto di più che semplicemente obbedire, e le piaceva l’idea di girare le armi di Ceres anche contro di lei.

      “Ascoltatemi,” disse loro. “Vi è stato preso un sacco. Avevate così tanto, e quei ribelli, quei contadini, hanno osato prendervelo. Io dico che è ora di riprendervelo.”

      “Sei qui per farci uscire?” chiese uno degli ex soldati.

      “Sono qui per fare molto di più,” disse Stefania. “Ci riprenderemo il castello.”

      Non si era aspettata delle grida di esultanza. Non era così romantica da avere bisogno che un branco di sciocchi la applaudissero a ogni decisione. Ma il piccolo mormorio tra loro fu un po’ irritante.

      “Avete paura?” chiese loro.

      “Ci saranno i ribelli lì!” disse un nobile. Stefania lo conosceva. L’Alto Deputato Scarel era sempre stato svelto a sfidare gli altri in duello quando sapeva di poter vincere.

      “Non abbastanza da tenersi quel castello,” disse Stefania. “Non ora. Qualsiasi ribelle è ora fuori sulle mura, impegnato a tenere a bada l’invasione.”

      “E l’invasione?” chiese una nobildonna. Era poco meglio dell’uomo che aveva appena parlato. Stefania conosceva i segreti di ciò che aveva fatto prima di sposarsi con un benestante, segreti che di certo avrebbero fatto arrossire buona parte dei presenti.

      “Oh, capisco,” disse Stefania. “Preferite aspettare in una bella e sicura prigione che tutto abbia fine. Beh, e poi? Nella migliore delle ipotesi trascorrerete il resto delle vostre vite in questo buco puzzolente, se i ribelli non decideranno di uccidervi in silenzio non appena si saranno resi conto di che prigionieri scomodi siate. Se vinceranno gli altri… pensate che stare in una cella vi proteggerà? Non sarete dei nobili qua dentro per loro, solo dei divertimenti. Brevi divertimenti.”

      Fece una pausa per permettere al discorso di attecchire. Doveva farli sentire come dei codardi per averci anche solo pensato.

      “O potremmo andare là fuori,” disse Stefania. “Prendiamo il castello e ci serriamo contro i nostri nemici. Uccidiamo quelli che si oppongono a noi. Ho già sistemato le cose con Ceres, quindi non sarà in grado di fermarci. Terremo questo castello fino a che la ribellione e gli invasori non si saranno uccisi a vicenda, poi ci riprenderemo Delo.”

      “Ci sono ancora delle guardie,” disse un uomo. “Ci sono ancora dei combattenti qui. Non possiamo metterci contro ai combattenti e vincere.”

      Stefania fece un cenno a Elethe, che iniziò ad aprire i lucchetti delle celle. “Ci sono dei modi. Prenderemo altre armi a ogni guardia che uccideremo, e poi sappiamo tutti dove si trova l’armeria. Oppure potete starvene qui a marcire. Chiuderò le porte e manderò dei torturatori più tardi. Non mi interessa quali.”

      La seguirono e Stefania sapeva che l’avrebbero fatto. Non importava se lo facevano per paura o per orgoglio, o addirittura per lealtà. La cosa importante era che lo stavano facendo. La seguirono attraverso il castello, e Stefania iniziò a dare ordini, anche se fu attenta a farli suonare non proprio come tali, almeno per ora.

      “Lord Hwel, le spiacerebbe prendere alcuni degli uomini più in gamba e andare a sigillare le caserme delle guardie?” disse Stefania. “Non vogliamo che i ribelli escano.”

      “E gli uomini leali all’Impero?” disse il nobile.

      “Lo possono provare uccidendo gli altri traditori,” rispose Stefania.

      Il nobile si affrettò ad andare incontro al suo ordine. Stefania mandò una delle sue damigelle a raggrupparne delle altre, e chiese a una nobildonna di istruire quelle servitrici dicendo loro che avrebbero dovuto mostrarsi obbedienti alle richieste di Stefania.

      Stefania si guardò attorno scrutando il gruppo che stava con lei, giudicando chi sarebbe stato utile, chi aveva segreti da potersi utilizzare, quali debolezze rendevano possibile un loro utilizzo e controllo e quali invece erano pericolosi. Mandò il nobile che era stato così propenso ad evitare il combattimento a controllare in cancelli, e una benestante vedova litigiosa nelle cucine, dove non avrebbe potuto nuocere a nessuno.

      Raccoglievano gente man mano che passavano. Guardie e servitori si univano a loro sentendo le sue parole e cambiando le proprie idee di lealtà rapidamente come il vento. Le damigelle di Stefania si inginocchiarono davanti a lei, poi si alzarono a un suo gesto per essere indirizzate al compito successivo.

      Di tanto in tanto trovavano dei ribelli che non volevano sottomettersi, e quelli morivano. Alcuni morivano in un rapido attacco di nobili, le loro armi spezzate, i corpi devastati dopo essere stati picchiati a morte. Altri morivano con una pugnalata alle spalle, o con una freccia avvelenata conficcata nelle carni. Le damigelle di Stefania avevano imparato per bene i loro compiti.

      Quando vide la regina Atena, Stefania si trovò a chiedersi cosa avrebbe dovuto fare.

      “Che succede?” chiese la regina. “Che sta succedendo qui?”

      Stefania ignorò il suo blaterare.

      “Tia, ho bisogno che vai a vedere come vanno le cose all’armeria. Ci servono quelle armi. Immagino che ormai l’Alto Deputato Scarel avrà trovato una battaglia.”

      Continuò

Скачать книгу