Eroina, Traditrice, Figlia . Морган Райс

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Eroina, Traditrice, Figlia  - Морган Райс Di Corone e di Gloria

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era la madre del successo, e Akila non aveva intenzione di perdere per mancanza di sforzo.

      “No,” mormorò mentre controllava le funi della sua ammiraglia. “La parte dove loro hanno cinque volte più navi di noi farà il resto.”

      L’unica speranza era di colpire e spostarsi. Tirarli contro le navi incendiarie. Farli sbattere contro la catena. Usare la velocità delle loro navi per prendere quello che potevano. Lo stesso sarebbe potuto non bastare.

      Akila non aveva mai visto una forza di quella stazza. Dubitava che qualcuno l’avesse mai vista. La flotta inviata a Haylon era stata progettata per punizione e distruzione. L’esercito ribelle era stato il risultato del mettere insieme almeno tre grosse forze.

      Questa era più grande. Non era un esercito, quanto un intero paese in movimento. Questo era conquista, e più di conquista. Cadipolvere aveva visto un’opportunità, e ora aveva intenzione di prendere tutto ciò che l’Impero aveva.

      A meno che noi non li fermiamo, pensò Akila.

      Forse non sarebbe stata la sua flotta a fermarli. Forse il meglio che potevano sperare era di poter rallentare e indebolire l’esercito invasore, ma magari sarebbe stato sufficiente. Se avessero potuto guadagnare tempo a Ceres, lei avrebbe potuto trovare un modo di vincere contro ciò che restava. Akila l’aveva vista fare cose impressionanti con quei suoi poteri.

      Magari avrebbe preso l’intero esercito di Cadipolvere e avrebbe risparmiato loro la preoccupazione.

      Molto più probabilmente Akila sarebbe morto lì. Se questo avrebbe potuto salvare Delo, ne sarebbe valsa la pena? Non era quella la questione. Se avesse potuto salvare la gente lì, e la gente di Haylon, ne sarebbe valsa la pena? Sì, questo valeva la pena per Akila. Uomini come quelli non si accontentavano di quello che avevano. Sarebbero scesi anche su Haylon non appena finito lì. Se il suo sacrificio avesse tenuto al sicuro i contadini dell’isola, Akila l’avrebbe fatto anche mille volte.

      Guardò verso il mare dove la flotta era arrivata e la sua voce si ammorbidì.

      “Sei in debito con me per questo, Tano,” disse, proprio come il principe era in debito con lui per essere venuto a Delo e non averlo fatto a pezzi a Haylon. Forse la sua vita sarebbe stata molto più semplice se l’avesse fatto.

      Guardando la flotta che avanzava, Akila sospettava che sarebbe stata anche molto più lunga.

      “Bene!” gridò. “Ai vostri posti, ragazzi! Abbiamo una battaglia da vincere!”

      CAPITOLO DUE

      Irrien sedeva alla prua della sua ammiraglia provando un misto di soddisfazione e anticipazione. Soddisfazione perché la sua flotta stava avanzando esattamente come lui aveva ordinato. Anticipazione per tutto quello che sarebbe successo dopo.

      Attorno a lui la flotta scivolava in avanti quasi in silenzio, come lui aveva ordinato quando avevano iniziato a cingere la costa. Silenziosi come squali che inseguono la preda, silenziosi come il momento che segue la morte di un uomo. Proprio allora Irrien si sentiva la punta luccicante di una lancia, con il resto della sua flotta che lo seguiva come il resto della lama.

      La sua sedia adesso non era la pietra scura sulla quale sedeva a Cadipolvere. Era invece una cosa più brillante e definita, fatta di cose che aveva ucciso: le ossa spesse di un segugio delle tenebre formava lo schienale, le dita delle ossa di un uomo ne costituivano i braccioli. L’aveva ricoperta di pelli di animali che aveva cacciato. Era un’altra lezione che aveva imparato: in pace un uomo doveva parlare della sua civiltà. In guerra doveva parlare della sua crudeltà.

      Per questo motivo Irrien diede uno strattone a una catena collegata alla sua sedia. All’altra estremità era legato uno dei cosiddetti guerrieri di quella ribellione, un uomo che si era piegato piuttosto che morire in battaglia.

      “Arriveremo presto,” disse.

      “S-sì, mio signore,” rispose l’uomo.

      Irrien tirò ancora la catena. “Stai in silenzio a meno che non te lo ordini.”

      Irrien ignorò l’uomo quando iniziò ad implorare perdono. Guardò invece dritto davanti a sé, anche se aveva posizionato la superficie metallica del suo scudo in modo da potersi proteggere da eventuali assassini.

      Un uomo saggio faceva sempre entrambe le cose. Le altre pietre di Cadipolvere probabilmente pensavano che Irrien fosse matto ad andarsene in quella terra priva di polvere lasciandoli lì. Probabilmente pensavano che non vedesse i loro complotti e le loro macchinazioni.

      Il sorriso di Irrien si allargò al pensiero dei loro volti quando si resero conto di cosa stava realmente accadendo. Il suo piacere continuò quando si girò verso la costa, vedendo i fuochi che stavano salendo al cielo man mano che i suoi uomini arrivavano a terra. Ordinariamente Irrien odiava lo spreco di edifici dati alle fiamme, ma per la guerra erano un’arma utile.

      No, la vera arma era la paura. Fuoco e tacite minacce erano solo un modo per renderla più acuta. La paura era un’arma potente quanto un lento veleno, pericolosa come una lama. La paura poteva far scappare un uomo potente, o farlo cedere senza combattere. La paura poteva far prendere ai nemici delle decisioni stupide, lanciandosi in assalti sprovveduti, o scappando quando invece avrebbero dovuto colpire. La paura rendeva schiavi gli uomini, tenendoli al loro posto anche quando erano in tanti.

      Irrien non era tanto arrogante da credere di non poter mai provare paura, ma la sua prima battaglia non era andata nel modo in cui gli uomini ne parlavano, né la sua cinquantesima. Aveva combattuto su sabbie infuocate e sui ciottoli di viali neri, e seppure ci fosse stata rabbia, eccitazione e addirittura disperazione, non aveva mai provato la paura di altri uomini. Era parte di ciò che rendeva così facile per lui prendere quello che voleva.

      Quello che voleva adesso oscillava in lontananza come se il suo pensiero lo avesse evocato, e gli interminabili colpi di remo portavano lentamente il porto di Delo davanti a Irrien. Aveva atteso questo momento, ma non era ciò che aveva sognato. Questo sarebbe arrivato solo non appena avesse fatto tutto, e avesse conquistato tutto ciò che valesse la pena conquistare.

      La città era qualcosa di infimo e puzzolente nonostante la sua fama, come tutte le città degli uomini. Non aveva la magnificenza della polvere infinita, o la netta bellezza delle cose fatte dagli Antichi. Come con tutte le città, quando si ammassavano abbastanza persone insieme, questo tirava fuori la loro vera indole, la loro bruttezza e la loro cattiveria. Nessuna pietra elegantemente levigata poteva mascherarla.

      Eppure l’Impero per cui formava un cardine era un premio che valeva la pena prende. Irrien si chiese brevemente se i suoi compagni si fossero resi conto dell’errore che avevano commesso nel non andare con lui. Che loro occupassero le sedie di pietra stava a dimostrare la loro ambizione e il loro potere, la loro furbizia e la loro abilità nei giochi politici.

      Eppure avevano comunque considerato male le cose. Avevano riflettuto in termini di incursioni gloriose, quando questo poteva essere molti di più. Una flotta di quella dimensione non era lì solo per portare indietro oro e file di schiavi, anche se ci sarebbero state entrambe le cose. Era lì per prendere, e tenere, e stabilirsi. Cos’era l’oro a paragone della terra fertile, libera dalla polvere? Perché trascinare schiavi a una terra ammaccata dalle guerre degli Antichi quando si poteva conquistare la terra dove stavano già così bene? E chi ci sarebbe stato lì ad assicurarsi di ottenere la porzione più ampia possibile di questa nuova terra?

      Perché razziare ed andarsene se si poteva

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