Sovrana, Rivale, Esiliata . Морган Райс
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Il cuore di Ceres le si strinse nel petto, perché Tano era tornato in città solo per lei.
“Lo stesso,” disse suo padre, “cercare di aiutarla ci metterà tutti a rischio.”
Ceres udì quello che stava dicendo, ma voleva lo stesso dare il suo aiuto. E sembrava che Tano fosse un passo avanti rispetto a lei.
“Dobbiamo aiutare,” disse Tano, “mi spiace.”
Suo padre fece per afferrarlo, ma Tano fu velocissimo. Si tuffò in acqua e nuotò verso la nave ignorando apparentemente la minaccia di qualsiasi predatore ci fosse in mare. Ceres considerò il pericolo della cosa per un momento… e poi si gettò a sua volta e lo seguì.
Era difficile nuotare tenendo in mano la grossa spada che aveva rubato, ma in quel momento aveva bisogno di qualsiasi arma avesse potuto prendere. Si tuffò tra le onde gelide sperando che gli squali fossero già sazi dopo la battaglia, e che non sarebbe morta per le schifezze che così tante navi gettavano fuori bordo. Le sue mani si strinsero attorno alle funi della galea attraccata e iniziò ad arrampicarsi.
Era difficile. Il fianco della nave era scivoloso e le funi sarebbero state difficili da risalire anche se Ceres non fosse stata esausta dopo giorni di tormento tra le mani di Stefania. In qualche modo riuscì a tirarsi sul ponte e a gettare la grossa spada davanti a sé nel modo in cui un pescatore avrebbe potuto gettare una rete di vongole.
Salì in tempo per vedere un marinaio che si gettava contro di lei.
Ceres afferrò con due mani la spada rubata, la conficcò e la riestrasse. La fece roteare disegnano un arco e tagliò la testa del marinaio staccandogliela dalle spalle, poi cercò la minaccia successiva. Tano stava già lottando con uno dei marinai che stava picchiando la donna del Popolo delle Ossa, quindi Ceres corse ad aiutarlo. Colpì l’uomo alla schiena e Tano gettò il corpo morente contro l’altro marinaio che stava venendo verso di loro.
“Tu la liberi,” disse Ceres, “e io li tengo a bada.”
Fece roteare la sua spada in cerchi e archi, tenendo sotto controllo i marinai mentre Tano lavorava per liberare Jeva. Da vicino aveva un aspetto ancora più strano di quello che le era apparso da lontano. La sua pelle morbida e scura aveva delle figure e dei vortici blu disegnati sopra che ricoprivano tutto il cranio come nuvole di fumo. Frammenti di ossa decoravano il suo abito di seta e i suoi occhi brillavano di un senso di sfida di fronte alla situazione difficile in cui si trovava.
Ceres non aveva tempo di guardare mentre Tano la liberava, perché doveva concentrarsi nel tenere indietro i marinai. Uno cercò di colpirla con un’ascia facendola roteare sopra la testa. Ceres fece un passo avanti nello spazio creato dall’arma, poi colpì passandogli oltre. Poi iniziò a brandire la spada in cerchio costringendo gli altri ad arretrare. La conficcò nella gamba di un uomo, poi diede un calcio alto e lo colpì sotto la mascella.
“Ce l’ho fatta,” disse Tano, e Ceres si guardo alle spalle vedendo che aveva effettivamente liberato la donna del Popolo delle Ossa… che scivolò velocissima ad afferrare il coltello di un uomo caduto.
Si muoveva nella folla di marinai come un vortice, colpendo e uccidendo. Ceres guardò verso Tano, poi andò con lei cercando di tenere il passo con l’avanzata della donna che in teoria avrebbero dovuto salvare loro. Vide Tano parare un colpo di spada e poi ribattere, ma anche lei aveva un colpo da deviare in quello stesso istante.
Tutti e tre combattevano insieme, spostandosi come i partecipanti a qualche danza formale dove non sembrava esserci mai carenza di partner. La differenza era che questi partner erano armati e un passo falso avrebbe significato la morte.
Combattevano con forza e Ceres gridava la sua rabbia mentre la attaccavano. Colpiva e si muoveva e colpiva di nuovo, vedendo Tano lottare con la forza ordinata e impeccabile di un nobiluomo. La donna del Popolo delle Ossa accanto a lui invece si lanciava in un turbinio di violenta aggressione.
Poi arrivarono i combattenti e Ceres capì che era tempo di andare.
“Di lato!” gridò correndo verso il parapetto.
Si tuffò e sentì di novo l’acqua fredda mentre ci finiva dentro. Nuotò in direzione della barca, poi si tirò su lungo il bordo dello scafo. Suo padre la tirò a bordo e poi aiutò anche gli altri uno per uno.
“Ma cosa pensavate di fare?” chiese suo padre quando ebbero raggiunto il ponte.
“Pensavo che non sarei potuto restare a guardare,” rispose Tano.
Ceres avrebbe voluto discutere, ma sapeva che era parte di come era fatto Tano. Era proprio una delle cose che amava di lui.
“Pazzi,” disse la donna del Popolo delle Ossa con un sorriso. “Meravigliosamente pazzi. Grazie.”
Ceres si guardò attorno osservando le barche che erano loro più vicine. Erano tutte armate adesso e molti dei marinai a bordo correvano a fornirsi di altre armi. Una freccia colpì l’acqua vicino a loro, poi un’altra.
“Remate!” gridò ai combattenti, ma dove potevano andare? Già vedeva le altre navi che si spostavano per bloccarli. Presto non ci sarebbe stata via di scampo. Era il genere di situazione in cui lei avrebbe potuto usare i suoi poteri un tempo, ma ora non li aveva.
Ti prego, madre, implorò nel silenzio della sua mente, mi hai già aiutata prima. Aiutami anche adesso.
Percepì la presenza di sua madre da qualche parte al limitare del suo essere, effimera e calmante. Poté sentire l’attenzione di sua madre che guardava attraverso lei, che cercava di capire cosa le fosse successo.
“Cosa ti hanno fatto?” sussurrò la voce di sua madre. “Questa è opera dello stregone.”
“Ti prego,” disse Ceres. “Non ho bisogno dei miei poteri per sempre, ma mi serve aiuto adesso.”
Nella pausa che seguì una freccia colpì il ponte tra i piedi di Ceres. Era di gran lunga troppo vicino.
“Non posso sciogliere quello che è stato fatto,” disse sua madre. “Ma posso darti un altro dono, solo per questa volta. Sarà solo per una volta però. Non penso che il tuo corpo potrebbe sopportare di più.”
A Ceres non interessava: l’importante era fuggire. Le barche si stavano già avvicinando. Dovevano farlo.
“Tocca l’acqua, Ceres, e perdonami, perché farà male.”
Ceres non obiettò. Mise invece una mano tra le onde e sentì l’acqua bagnata che le scorreva sulla pelle. Si preparò…
… e dovette trattenersi dal gridare mentre qualcosa scorreva in lei brillando e uscendo dall’acqua e risalendo in aria. Era come se qualcuno avesse steso un velo di mussola a ricoprire tutto il mondo.
Attraverso esso Ceres poté vedere arcieri e guerrieri che la guardavano scioccata. Poteva sentirli gridare sorpresi, ma i rumori apparivano sommessi.
“Si lamentano che non riescono a vederci,” disse Jeva. “Dicono che questa è magia nera.” Guardò Ceres con un’espressione di rispetto e timore. “Pare che tu sia proprio quello che Tano ha detto.”
Ceres non ne era certa. Mantenere quella condizione faceva più male che mai. Non era certa di quanto avrebbe