l’Ascesa . Морган Райс
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Читать онлайн книгу l’Ascesa - Морган Райс страница 4
“Penso che stiamo per entrare,” disse Kevin. E non intendeva solo in un mondo, ma all’interno di esso, oltre il guscio esterno della sua superficie.
Chloe non sembrava per niente felice di fronte a quella prospettiva. “Saremo in trappola. Non troveremo mai un modo per uscire.”
“Invece sì,” la rassicurò Kevin.
Doveva crederlo. L’alternativa era pensare che stavano andando incontro alla loro morte, mentre la navicella che li trasportava saliva all’interno della superficie del mondo…
… entrandoci.
Kevin fissava la scena. L’interno della navicella madre era come un guscio vuoto, e dentro c’era tutto ciò che Kevin avrebbe pensato di vedere sulla sua superficie. Oceani e masse di terra, veicoli che andavano avanti e indietro e città così grandi da occupare ogni centimetro di terreno a disposizione, trasformando l’intera grande navicella in un gigante alveare brulicante di attività. Dei pinnacoli si ergevano da diversi punti della grande città, dorati e luccicanti, come palazzi che si stagliavano in mezzo al resto. Un’enorme sfera oro-rossiccia pulsava al centro del pianeta, emanando luce e calore.
A Kevin parve di vedere delle figure in basso, ma erano troppo lontane per distinguerne i dettagli.
“Alieni,” disse Chloe, guardando a sua volta. “Non gente controllata da loro, non messaggi, non le loro voci… alieni.”
Kevin sapeva cosa intendesse dire. Per tutto questo tempo, avevano avuto solo degli accenni dell’esistenza degli alieni, avevano visto solo gli effetti di ciò che potevano fare. Ora si trovavano nel mondo degli alieni, e ce n’era così tanto.
Sentirono il rumore dell’atterraggio quando la navicella su cui viaggiavano andava a posarsi sul terreno, dando loro completa visuale su una città in cui creature di ogni forma e dimensione camminavano a strane angolazioni, apparentemente messe trasversalmente o con la testa all’ingiù, contro ogni legge della gravità. O forse avevano loro stesse il controllo della gravità, così che ogni posizione poteva risultare per loro quella corretta.
Questa volta la porta di aprì davvero. Kevin poté sentire la leggera brezza n viso, tiepida e mite, pregna di un odore mai sentito.
La cosa che lo sorprese di più, però, era ciò che li aspettava dall’altra parte.
Un terzetto di figure era lì in piedi, tre individui pronti ad accoglierlo.
Erano quasi identici, cosa che agli occhi di Kevin pareva quasi impossibile in quel posto. Erano alti e senza capelli, con la pelle pallida e occhi che gli ricordavano quelli delle vespe, eccetto per il fatto che erano di colore bianco candido. Indossavano delle lunghe tuniche sopra a una tuta da ginnastica chiara, e sembravano avere addosso un assortimento di dispositivi di metallo.
Quello che si trovava al centro parlò. Le sue parole arrivarono in inglese da un traduttore che aveva al braccio, ma Kevin non aveva bisogno di dover tradurre quel monotono e piatto discorso. Lo fece il suo cervello per lui.
“Benvenuto, Kevin McKenzie. Ti stavamo aspettando.”
CAPITOLO DUE
Kevin fissava l’alieno che aveva parlato, l’orrore che gli scorreva dentro.
L’alieno lo guardava a sua volta con i suoi grandi occhi bianchi, e parlò ancora mentre i due ai suoi fianchi restavano in silenzio. Le parole venivano tradotte automaticamente nella testa di Kevin prima che lo facesse il dispositivo.
“Io sono Puro Xan dell’Alveare,” disse l’alieno. “I due accanto a me sono Puro Ix e Puro Ull. E voi siete Chloe Baxter e Kevin McKenzie, primati del pianeta Terra.”
Kevin era stupefatto. Gli ci vollero diversi secondi per mettere ordine tra i propri pensieri.
“Siamo umani,” disse, intenzionato a correggerli, a parlare con loro, addirittura magari a convincerli. Dopotutto gli stavano parlando in un modo in cui non si erano preoccupati di rivolgersi a nessun altro.
“Primati,” rispose Puro Xan, “come ho detto. Esseri inferiori, ma forse esseri da cui può valere la pena di imparare qualcosa.”
Non c’era alcuna emozione nel modo in cui l’alieno parlava, ma ci fu una particolare inflessione e variazione quando accennò all’imparare, tale da far scorrere un brivido lungo la schiena di Kevin.
“Cosa intendi dire?” chiese Kevin. “Cosa intendete farci?”
“Le nostre navicelle madri viaggiano per raccogliere risorse,” spiegò Puro Xan. “Tecnologia, minerali, menti, corpi a cui poter ridare forma. Vi faremo dei test per imparare cose nuove, fino a che non ci sarete più utili. Poi vi potremo gettare via.”
Kevin vide il volto di Chloe impallidire, e anche lui poteva condividere la sua paura. Il pensiero di essere smembrato e fatto a pezzi per motivi di studio e poi gettato via era terrificante.
“Non abbiamo paura di voi,” disse Chloe, sforzandosi di mettere tutta la sfida possibile nella sua voce.
“Sì invece,” disse Puro Xan. “Sei un essere inferiore, con paure e bisogni, debolezze e difetti. Non appartieni all’Alveare. Non appartieni ai Puri. Noi non abbiamo queste debolezze, ma solo gli aspetti migliori, concessi a noi dai nostri modellatori delle membra.”
“Pensate di essere perfetti?” chiese Chloe. “Pensate di essere perfetti, così come siete?”
“Non ancora,” disse Puro Xan. “Ma lo saremo. Basta parlare a essere di ordine inferiore adesso.”
L’alieno si rivolse agli altri, e Kevin capì che le parole successive sarebbero state prendeteli.
“Scappa!” gridò a Chloe, ed entrambi si girarono, scattando alla massima velocità possibile. Kevin correva più veloce di quanto il suo corpo gli permettesse, ignorando il dolore e la fatica, ignorano il modo in cui la sua malattia cercava di trascinarlo a terra a ogni passo, e sperando che, se lui e Chloe fossero riusciti a guadagnare sufficiente vantaggio, avrebbero potuto seminare Puro Xan e gli altri nel caos della nave madre.
“Dove andiamo?” chiese Chloe.
“Non lo so,” disse Kevin. Non aveva ancora nessun piano, nessuna idea di cosa avrebbero fatto poi.
Continuò a correre, arrischiando una rapida occhiata alle spalle per vedere se gli alieni li stessero inseguendo. Ma se ne stavano fermi, apparentemente in concentrazione. Uno di loro toccò una cosa che aveva al braccio.
Senza alcun preavviso, il mondo divenne più pesante. Era come se dei pesi stessero premendo dall’alto su Kevin, rendendolo troppo consistente da poter stare in piedi. Si sforzò per non cadere a terra e vide Chloe fare lo stesso, spingendo verso l’alto, come a poter sollevare il cielo sopra di loro. Ma non era l’aria: era come se le stesse ossa e i muscoli di Kevin fossero troppo