l’Arrivo . Морган Райс

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l’Arrivo  - Морган Райс Le Cronache dell’invasione

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scelto, mentre Kevin prese il livello sottostante del suo.

      “Paura dell’altezza?” chiese Luna.

      “Solo non voglio rischiare di avere una visione e cascare a terra,” disse Kevin. Non che avesse avuto alcuna visione dopo quella che l’aveva avvisato dell’invasione. Non che averne una gli avrebbe portato niente di buono. Si trovò a chiedersi che senso avessero avuto le sue visioni se niente di tutto questo era minimamente stato di aiuto.

      “Giusto,” disse Luna. “Immagino… sì, immagino che dovresti stare attento.”

      “Magari domattina le cose sembreranno migliori,” suggerì Kevin. Non che ci credesse veramente.

      “Dovremmo poter vedere per capire se le cose stanno andando meglio o no,” sottolineò Luna.

      “Beh, magari saremo in grado di trovare un modo di rivedere le cose,” disse Kevin. Ma anche se ci fossero riusciti, cosa avrebbero visto? Avrebbero visto orde di alieni sparpagliati per il mondo adesso? Un paesaggio desolato con niente a riempirlo?

      “Forse escogiteremo cosa fare poi,” suggerì Luna. “Magari sogneremo di un modo di rendere tutta la situazione migliore di adesso.”

      “Forse,” disse Kevin, anche se sospettava che ogni sogno lui avesse avuto sarebbe stato dominato dalla vista di quelle persone in silenzio.

      “Buonanotte,” disse Kevin.

      “Buonanotte.”

      A dire il vero a Kevin parve passare un’eternità prima di riuscirsi ad addormentare. Stava sdraiato lì nel buio, ascoltando Luna mentre il suo respiro si faceva più profondo e iniziava a russare in un modo che probabilmente non avrebbe mai ammesso una volta sveglia. Tutto questo sarebbe sembrato molto diverso senza lei lì. Anche se ci fosse stato qualcun altro, Kevin si sarebbe sentito solo, ma dato come stavano le cose…

      … Dato come stavano le cose, si sentiva ancora quasi solo, ma almeno Luna era lì a condividere quella solitudine. Kevin non riusciva a prendere le distanze dal pensiero di ciò che era accaduto a sua madre, a tutti, ma almeno sapeva che Luna era al sicuro.

      Quei pensieri lo seguirono nel sonno e nei suoi sogni.

      Nei suoi sogni Kevin era circondato da tutti coloro che conosceva. C’era sua madre, i suoi compagni di scuola, i suoi insegnanti, la gente della NASA. C’era anche Ted, con l’attrezzatura militare buttata in spalla, e il professor Brewster, il volto accigliato che suggeriva la sua disapprovazione per tutto quello che Kevin aveva fatto.

      Le loro espressioni mutarono mentre Kevin li guardava, diventando più aliene che se fossero stata prese da un film di fantascienza. Alcuni di loro avevano la pelle grigia e gli occhi grandi, mentre altri assomigliavano più a insetti con placche di armatura sul corpo. Il professor Brewster aveva dei tentacoli che gli uscivano dalle mani, mentre gli occhi della dottoressa Levin erano sorretti da delle antenne. Avanzavano lentamente verso di lui e Kevin si mise a correre.

      Correva attraverso i corridoi dell’istituto della NASA, quasi incapace di tenere testa a tutti loro mentre si riversavano fuori da ogni porta, e anche se aveva vissuto in quei luoghi, Kevin non riusciva a trovare la via d’uscita. Non riusciva a trovare un modo per migliorare la situazione.

      Si tuffò in un laboratorio, chiudendosi la porta alle spalle e barricandola con sedie e tavoli, e qualsiasi altra cosa potesse trovare. Lo stesso la gente trasformata fuori dalla stanza si mise a battere contro la porta, i loro pugni che rimbombavano mentre, per nessun motivo comprensibile a Kevin, un allarme iniziava a suonare…

      Kevin si svegliò con un sussulto. Era ancora buio, ma un’occhiata all’ora sul suo telefono gli disse che lo sera solo perché si trovavano sottoterra. Di sottofondo c’era un allarme che stava suonando, un ronzio sordo e costante, mentre sotto di esso si sentiva risuonare una serie di colpi metallici.

      Capì che Luna era sveglia, perché fu lei ad accendere le luci.

      “Cosa c’è?” chiese Kevin.

      Luna lo guardò. “Penso… penso che qualcuno voglia entrare.”

      CAPITOLO DUE

      Corsero al centro di comando, i colpi alla porta sempre più forti ora che si trovavano più vicini all’ingresso. Lo stesso, con l’intercapedine, Kevin era stupito che il suono si sentisse. Con cosa stavano colpendo il portone?

      Luna non sembrava impressionata, quanto piuttosto preoccupata.

      “Cosa c’è che non va?” le chiese Kevin.

      “E se fossero gli alieni? O la gente sotto il loro controllo?” chiese lei. “E se stessero andando a caccia dei superstiti rimasti?”

      “Perché dovrebbero farlo?” chiese Kevin, ma la paura iniziò a insidiarsi in lui al solo pensiero. E se fosse veramente così? E se fossero riusciti ad entrare?

      “È quello che farei io se fossi un alieno,” disse Luna. “Impossessarmi di tutto, assicurarmi che non resti nessuno con cui combattere. Uccidere chiunque si metta in mezzo ai piedi.”

      Kevin si trovò a giurare a se stesso, non certo per la prima volta in vita sua, di non mettersi mai contro Luna. Ma poteva comunque sentire la paura sotto alle sue parole. E poteva anche condividerla. E se fossero corsi in un posto che sentivano sicuro, solo per trovarlo già in fase di cedimento adesso?

      “Possiamo vedere chi ci sia là fuori?” chiese Kevin.

      Luna indicò gli schermi neri. “Sono morti da ieri sera.”

      “Ma quello è solo il segnale che proviene dai collegamenti con il resto del mondo,” insistette Kevin. “Devono esserci… non lo so, delle videocamere di sicurezza o qualcosa del genere.”

      Dovevano esserci. Una struttura militare per la ricerca non se ne sarebbe stata cieca di fronte a tutto ciò che succedeva attorno. Iniziò a premere pulsanti sui computer di sistema, tentando di trovare un modo di far fare loro quello che voleva. La maggior parte degli schermi erano vuoti, i segnali dal resto del mondo interrotti, o bloccati… o forse solo spariti. Anche Luna si mise a schiacciare pulsanti accanto a lui, anche se Kevin aveva il sospetto che non avesse idea di cosa fare esattamente, proprio come lui.

      “Chiunque sia, non so se dovremmo farli entrare,” disse Luna. “Potrebbe esserci chiunque là fuori.”

      “È vero,” disse Kevin, “ma se si trattasse di qualcuno che ha bisogno del nostro aiuto?”

      “Forse,” disse Luna, non particolarmente convinta. “Chiunque sia, stanno dando colpi piuttosto forti alla porta.”

      Era vero. Gli echi metallici di ogni colpo riverberavano attraverso il bunker. Arrivavano a gruppi di tre, e lentamente Kevin iniziò a rendersi conto che c’era uno schema negli spazi tra essi.

      “Tre brevi, tre lunghi, tre brevi,” disse.

      “Intendi SOS?” chiese Luna.

      Kevin le lanciò un’occhiata.

      “Pensavo che tutti lo sapessero,” disse lei. “È praticamente tutto ciò che ricordo.”

      “Quindi

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