La Fabbrica della Magia . Морган Райс
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Читать онлайн книгу La Fabbrica della Magia - Морган Райс страница 15
Tornò al disegno e aggiunse delle frecce. Oliver sentì una palla di carta colpirgli la testa, ma questa volta non reagì neppure. Non gli interessava più cosa pensassero di lui i suoi compagni. In effetti erano probabilmente solo gelosi che lui avesse un cervello e conoscesse cose fantastiche sulle leggi della fisica di Isaac Newton, quando tutto quello di cui loro erano capaci era appallottolare pezzi di carta e lanciarli contro la testa di qualcuno.
Tenne le braccia incrociate ancora più strette e, ignorando le palle di carta che lo colpivano, si concentrò sull’immagine della signorina Belfry. Stava disegnando una freccia che puntava verso il basso. Accanto scrisse forza verso il basso. L’altra freccia indicava in su, e accanto c’era la parola portanza.
“E le mongolfiere?” chiese da dietro una voce con tono di sfida. “Non funzionano per niente a quel modo, eppure volano.”
Oliver si girò cercando la persona che aveva parlato. Era un ragazzo dall’aspetto burbero – sopracciglia scure e folte, mento con la fossetta – che aveva lanciato palle di carta insieme a Paul.
“Beh, lì c’è in gioco una legge completamente diversa,” spiegò Oliver. “Funziona perché l’aria calda va verso l’alto. I fratelli Montgolfier, che hanno inventato i palloni aerostatici, avevano capito che se si intrappola l’aria all’interno di una sorta di contenitore, come un pallone, quello si mette a galleggiare per la più bassa densità dell’aria calda all’interno, confronto a quella fredda di fuori.”
Il ragazzo parve solo più arrabbiato per la spiegazione di Oliver. “Bene, e i razzi?” disse sfidandolo ancora. “Non galleggiano, né fanno niente di ciò che hai detto. Vanno su però. E volano. Come funzionano, saputello?”
Oliver sorrise. “Lì si torna al terzo principio della dinamica di Isaac Newton. Solo che questa volta la forza coinvolta è la propulsione, non la portanza. La propulsione è la stessa cosa che fa muovere il treno a vapore. Una forte esplosione da un’estremità produce una reazione opposta di propulsione. Solo che con il razzo si tratta di coprire tutta la distanza fino allo spazio, quindi l’esplosione deve essere davvero enorme.”
Oliver si sentiva sempre più entusiasta man mano che parlava di queste cose. Anche se tutti i ragazzi lo stavano fissando come se fosse un tipo strano, non gli importava.
Si rimise dritto sulla sua sedia. Lì c’era la signorina Belfry che lo guardava sorridente e orgogliosa.
“E sapete cos’avevano in comune tutti questi inventori?” chiese. “I Montgolfier, e i Wright e Robert Goddard che lanciò il primo razzo alimentato a propulsione liquida? Ve lo dico io. Hanno fatto cose che si dicevano essere impossibili! Le loro invenzioni erano considerate delle pazzie. Immaginate qualcuno che vi dice che possiamo usare gli stessi principi delle antiche catapulte cinesi per lanciare un uomo nello spazio! Eppure sono diventati inventori rivoluzionari, le cui invenzioni hanno cambiato il mondo, e l’intera traiettoria dell’umanità!”
Oliver sapeva che stava parlando a lui, dicendogli che non importava quello che la gente diceva o faceva: lui non doveva mai farsi mettere a tacere.
Poi successe una cosa notevole. In risposta alla passione e all’entusiasmo della signorina Belfry, tutti in classe rimasero in stupefatto silenzio. Non era il teso silenzio della preparazione di un attacco, ma l’umile silenzio per aver appreso qualcosa di ispirante.
Oliver sentì stringersi lo stomaco. La signorina Belfry era un’insegnante spettacolare. Era l’unica persona ad aver mostrato un estremo livello di entusiasmo per la fisica, la scienza e gli inventori, e la sua eccitazione era addirittura riuscita a mettere a tacere i suoi turbolenti compagni di classe, anche se solo temporaneamente.
Proprio in quel momento una forte folata di vento fece vibrare gli infissi delle finestre. Tutti sobbalzarono e voltarono gli occhi verso il cielo grigio fuori dall’edificio.
“Pare che il temporale si stia preparando,” disse la signorina Belfry.
Non aveva quasi completato la frase, che la voce del preside gracchiò dagli altoparlanti.
“A tutti gli studenti. Abbiamo appena ricevuto l’allerta dal Servizio meteorologico nazionale. Questo sarà il temporale del secolo, una cosa mai vista prima. Non sappiamo davvero cosa aspettarci. Quindi per motivi di sicurezza il sindaco ha fatto cancellare le lezioni per il resto della giornata.”
Tutti si misero a gridare esaltati e Oliver tese l’orecchio per sentire le ultime parole dell’annuncio del preside.
“Il temporale dovrebbe colpire nelle prossime ore. Ci sono degli autobus all’esterno. Andate direttamente a casa. L’avviso ufficiale è di non farsi trovare fuori quando il temporale colpirà tra circa un’ora. Si tratta di un’allerta che copre l’intera città, quindi i vostri genitori vi staranno aspettando a casa. Chiunque non si attenga all’ordine verrà sospeso.”
Attorno a Oliver nessuno pareva essere interessato. Tutto quello che avevano sentito era che la scuola era finita e che avrebbero fatto quello che volevano. Presero i loro libri e uscirono in fretta e furia dall’aula, come una mandria di bufali.
Oliver raccolse le sue cose più lentamente.
“Hai fatto un ottimo lavoro oggi,” disse la signorina Belfry mentre riponeva nella sua borsa i suoi modellini. “Ti arrangi a tornare a casa?” Sembrava preoccupata per la sua sicurezza.
Oliver annuì per rassicurarla. “Prenderò l’autobus con tutti gli altri,” disse, rendendosi conto che questo significava dover sopportare un intero viaggio insieme a Chris. Rabbrividì.
Oliver si infilò lo zaino in spalla e seguì il resto degli studenti all’esterno. Il cielo era davvero scuro, praticamente nero. Aveva un aspetto veramente minaccioso.
A testa bassa Oliver si diresse verso la fermata dell’autobus. Ma proprio in quel momento scorse una cosa dietro di sé, qualcosa di molto più spaventoso di una tempesta tropicale: Chris. E insieme a lui c’erano i suoi compagni di merende.
Oliver si girò e scattò. Andò dritto verso la fila del primo autobus. Era pieno zeppo di studenti ed era chiaramente pronto a partire. Senza neanche controllare dove fosse diretto, Oliver si lanciò a bordo.
Giusto in tempo. Il motore sibilò e la porta si chiuse dietro di lui. Una frazione di secondo dopo Chris apparve dall’altra parte, guardandolo minacciosamente. I suoi amichetti si misero ai suoi fianchi e guardarono tutti Oliver attraverso la porta, che non era nient’altro che un sottile schermo protettivo di vetro.
L’autobus partì, allontanando Oliver dai loro volti.
Mentre l’autobus avanzava e prendeva man mano velocità, Oliver guardò fuori dal finestrino. Con suo sconforto, Chris e la sua banda andarono dritti sull’autobus che aspettava subito dietro. Anche quello partì dalla scuola, seguendo il suo.
Oliver deglutì spaventato. Con Chris e i suoi amici sull’autobus dietro al suo, sapeva che se l’avessero visto scendere, l’avrebbero fatto anche loro. Poi sarebbero piombati su di lui e lo avrebbero malmenato. Si morsicò il labbro per la preoccupazione, non sapendo cosa fare. Se solo il suo mantello dell’invisibilità esistesse davvero. Questo era proprio il momento per usarlo!
Con un forte boato il cielo parve aprirsi. La pioggia si riversò mentre i lampi attraversavano il cielo. Altro che un’ora di tempo, pensò Oliver. Il temporale era già su di loro.
L’autobus