Una Corte di Ladri . Морган Райс

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Una Corte di Ladri  - Морган Райс Un Trono per due Sorelle

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Siobhan scrollare le spalle. “Non ha importanza. Adesso hai la forza della fontana che scorre in te. Sarai più veloce e più forte, i tuoi sensi saranno più affinati. Vedrai cose che la maggior parte della gente non può vedere. Questo combinato con il tuo talento personale ti renderà formidabile. Ti insegnerò a colpire in battaglia o dall’ombra. Ti renderò letale.”

      Kate aveva sempre voluto essere forte, ma lo stesso si trovò a sentirsi un po’ spaventata da tutto questo. Siobhan le aveva già detto che ci sarebbe stato un prezzo per tutto ciò, e più sembrava meraviglioso, più lei sospettava che il prezzo sarebbe stato alto. Ripensò a ciò che aveva sognato, e sperò che non si trattasse di un avvertimento.

      “Ho visto delle cose,” disse Kate. “Le ho sognate, ma non sembrava tanto un sogno.”

      “Come ti sembrava?” le chiese Siobhan.

      Kate stava per dire che non lo sapeva, ma colse l’espressione di Siobhan e pensò di agire meglio. “Sembrava vero. Ma spero che non lo sia. Nel mio sogno Ashton stava venendo razziata. Era in fiamme, e la gente veniva massacrata.”

      Si aspettava in parte che Siobhan si mettesse a ridere solo per averlo detto, o magari lo sperava. Invece Siobhan le parve pensierosa, e annuì tra sé e sé.

      “Me lo sarei dovuto aspettare,” disse la donna. “Le cose si stanno muovendo più rapidamente di quanto pensassi, ma il tempo è una cosa sulla quale non ho alcun potere. Beh, non permanentemente.”

      “Sai cosa sta succedendo?” chiese Kate.

      Questo fece sorgere un sorriso che non fu in grado di decifrare. “Diciamo semplicemente che mi sto aspettando che dei fatti si verifichino,” rispose Siobhan. “Ci sono cose che ho previsto, e cose che si devono fare in brevissimo tempo.”

      “E non mi dirai di cosa si tratta, giusto?” chiese Kate. Cercò di non lasciare trasparire la frustrazione nella sua voce e si concentrò su tutto ciò che aveva guadagnato. Era più forte adesso, e più veloce, quindi doveva avere importanza se non sapeva tutto? Eppure era così.

      “Stai già imparando,” rispose Siobhan. “Sapevo che non stavo facendo un errore scegliendoti come apprendista.”

      Nel sceglierla? Era stata Kate a cercare la fontana, non una volta, ma due. Era stata lei a chiedere il potere, e sempre lei ad accettare i termini di Siobhan. Non avrebbe permesso alla donna di persuaderla che era accaduto il contrario.

      “Sono stata io a venire qui,” disse. “L’ho scelto io.”

      Siobhan scrollò le spalle. “Sì, è vero. E ora è il momento che inizi a imparare.”

      Kate si guardò attorno. Non era una biblioteca come quella in città. Non era un campo da allenamento con maestri di spada come quello dove il reggimento di Will l’aveva umiliata. Cosa poteva imparare, qui in questo posto selvaggio?

      Lo stesso si preparò, portandosi in piedi davanti a Siobhan e aspettando. “Sono pronta. Cosa devo fare?”

      Siobhan piegò la testa di lato. “Aspetta.”

      Si avvicinò a un punto dove era stato preparato in un buco l’occorrente per un fuoco, pronto ad essere acceso. Siobhan gettò una scintilla su di esso senza curarsi di usare un acciarino, poi sussurrò delle parole che Kate non fu in grado di cogliere mentre il fumo iniziava a salire.

      Il fumo iniziò a vorticare e agitarsi, articolandosi in forme mentre Siobhan lo dirigeva come un maestro avrebbe diretto dei musicisti. Il fumo si compattò in una forma che era vagamente umana, dileguandosi alla fine e lasciando qualcosa che sembrava un guerriero di un qualche tempo passato. Teneva in mano una spada che sembrava tremendamente affilata.

      Così affilata, che Kate non ebbe il tempo di reagire quando lui gliela conficcò nel cuore.

      CAPITOLO TRE

      Lasciarono Sofia a penzolare lì per tutta la notte, sostenuta solo dalle funi che avevano usato per la sua punizione al palo. Quella netta immobilità era una tortura quasi quanto la sua schiena lacerata, gli arti brucianti per la mancanza di movimento. Non poteva fare nulla per alleviare il dolore derivato dalle percosse, né la vergogna per trovarsi lì legata alla pioggia come una sorta di avvertimento per gli altri.

      Sofia li odiava adesso, con quel genere di odio che aveva sempre rimproverato a Kate. Voleva vederli morire, e anche quel desiderio era una sorta di dolore, perché non c’era modo che Sofia potesse mai trovarsi nella posizione di rendere questo possibile. Ora non poteva neppure liberare se stessa.

      Non poteva neanche dormire. Il dolore e la strana posizione glielo rendevano impossibile. Il massimo che poteva fare era una sorta di delirio mezzo sognante, con il passato che si mescolava al presente mentre la pioggia continuava a impiastricciarle i capelli sulla testa.

      Sognò delle crudeltà che aveva visto ad Ashton, e non solo nell’inferno vivente dell’orfanotrofio. Le strade erano state ugualmente orribili con i loro predatori e la loro grezza mancanza di cura per coloro che finivano nelle loro mani. Anche nel palazzo, per ogni animo gentile, c’era n’era stato un altro come Milady d’Angelica, che sembrava crogiolarsi nel potere che la sua posizione le dava, per essere crudele con gli altri. Pensò a un mondo pieno di guerre e crudeltà umane, chiedendosi come avesse potuto trasformarsi in un posto così privo di cuore.

      Sofia tentò di volgere i propri pensieri a qualcosa di più carino, ma non era facile. Iniziò a pensare a Sebastian, ma la verità era che le faceva troppo male. Le cose erano sembrate così perfette tra loro, e poi lui aveva scoperto che lei era… era crollato tutto così rapidamente che ora il cuore di Sofia era come in cenere. Non aveva neanche cercato di opporsi a sua madre o di stare con lei. L’aveva cacciata via e basta.

      Sofia pensò allora a Kate, e quella sorta di pensieri portarono con sé il bisogno d gridare ancora una volta aiuto. Inviò un’altra tacita chiamata nei primi bagliori dell’alba, ma di nuovo non accadde nulla. Ancor peggio, pensare a sua sorella portò con sé ricordi di tempi difficili nell’orfanotrofio, o altri momenti precedenti.

      Sofia pensò all’incendio. All’attacco. Era stata così piccola quando era successo, che a malapena ne ricordava i dettagli. Poteva rammentare i volti di sua madre e suo padre, ma non quello che le avevano detto al di fuori di quelle poche istruzioni sulla fuga. Ricordava di essere dovuta scappare, ma poteva mettere insieme solo i più vaghi accenni del tempo prima di allora. C’era stato un cavallo a dondola di legno, una grande casa dove era stato facile giocare e perdersi, una balia…

      Sofia non riusciva a trarre dalla sua memoria più di questo. La Casa degli Indesiderati la riempiva quasi totalmente con un miasma fatto di dolore, quindi era difficile pensare al di là delle botte e della ruota della macina, la sottomissione forzata e il timore che derivava dal sapere a cosa portasse tutto questo.

      La stessa cosa che attendeva Sofia adesso: essere venduta come un animale.

      Da quanto era appesa lì, tenuta ferma al suo posto nonostante cercasse in tutti i modi di liberarsi? Tanto tempo che il sole era ormai basso all’orizzonte. Tanto a lungo che quando le suore mascherate vennero a tirarla giù, gli arti di Sofia cedettero, facendola crollare sui ciottoli del cortile. Le suore non fecero il minimo movimento per aiutarla.

      “Alzati,” ordinò una di esse. “Non vorrai che il tuo debito di essere venduta abbia un aspetto del genere.”

      Sofia

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