Per Te, per Sempre . Sophie Love

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Per Te, per Sempre  - Sophie Love La Locanda di Sunset Harbor

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rispose Emily facendo un respiro profondo. “Non volevo perdere la calma.”

      Ma Chantelle pareva essere stata completamente distratta dalla sua crisi. “Non chiedere scusa,” disse, gli occhi sgranati. “È stato forte!”

      Emily non poté evitare di sentire gli angoli delle labbra tirarsi. “Be’, grazie. Ma non farti strane idee. Urlare contro la gente non è un bel modo di comportarsi.”

      “Okay, mamma,” rispose Chantelle.

      Ma Emily riuscì a vedere il bagliore di rispetto che aveva negli occhi. Quando Chantelle aveva avuto bisogno di qualcuno al suo fianco, Emily per lei c’era stata. Anche se si sentiva malissimo per il suo scoppio d’ira, almeno Chantelle aveva potuto provare di prima mano che la sua mamma orsa le guardava sempre le spalle.

      Una volta fuori sulle gradinate della scuola, Emily si ricordò che non avevano modo di tornare a casa. Valutò l’opportunità di chiamare Daniel, ma sapeva che oggi era estremamente occupato con il lavoro da Jack. Non sapeva se dovesse disturbarlo per questa cosa. Anche se da una parte lui avrebbe voluto sapere quello che era successo, lei era la madre di Chantelle tanto quanto Daniel ne era il padre, ed era sicura di riuscire a gestire la situazione senza di lui. Potevano discuterne quando fosse tornato a casa dal lavoro.

      Compose il numero della locanda. Rispose Lois.

      “Immagino che non ci sia Parker, vero?” chiese Emily a Lois, negli occhi della mente un’immagine del malconcio furgoncino delle consegne all’ingrosso di Parker.

      “C’è,” disse Lois. “Lo vado a prendere.”

      La linea si fece silenziosa. Un attimo dopo attraverso il ricevitore risuonò la voce di Parker.

      “Buongiorno, signora capa,” scherzò, “che cosa posso fare per lei?”

      Emily abbassò lo sguardo su Chantelle, che se ne stava seduta sul gradino trafficando con i lacci delle scarpe. Sembrava così abbattuta. Emily era sicura di aver preso la decisione giusta a non disturbare Daniel. Voleva tornare su un territorio sicuro, nell’agio di casa loro, prima che il problema della giornata di scuola di Chantelle venisse sollevato.

      Emily parlò al telefono con Parker. “Devo chiederti un favore…”

      *

      Quella sera la famiglia si rilassò insieme nel salottino. Finalmente Emily aveva la sensazione che fosse passato abbastanza tempo, ed era pronta ad affrontare l’argomento del primo giorno di scuola di Chantelle.

      “Dunque, Chantelle non ha avuto una buona giornata oggi, vero, tesoro,” disse Emily. “Puoi dire a papà che cosa è successo?”

      Daniel sollevò le sopracciglia e guardò Chantelle. Lei si agitò al suo posto.

      “Non sei nei guai,” spiegò dolcemente Emily. “È solo che papà non sa che sono dovuta venire in ufficio per parlare con la signorina Butler e la signora Doyle.”

      L’espressione di Daniel si fece ancora più sorpresa. “Con la signora Doyle, la preside?” chiese.

      Emily capì che stava combattendo per mantenere il tono di voce piatto.

      Chantelle annuì con vergogna.

      “Volevo cambiare classe per una bambina orribile,” disse, gli occhi fissi in grembo.

      “Quale bambina orribile?” chiese Daniel.

      “È nuova,” disse Chantelle. “Si chiama Laverne. Ed è la migliore amica di Bailey.”

      Daniel guardò Emily. Lei gli ritornò uno sguardo triste.

      “Sono sicuro che non è vero,” disse Daniel. “Sono sicuro che Bailey sta solo cercando di essere gentile con lei perché è nuova e non conosce nessuno.”

      “Non è così,” disse Chantelle battendo il pugno contro il bracciolo del divano. “Laverne ha detto a Bailey che può avere solo un’amica con i capelli biondi, e visto che Laverne è più bionda di me Bailey ha scelto lei!”

      Emily riusciva a vedere che la bambina soffriva, e si faceva sempre più adirata ricordando gli eventi dolorosi della giornata.

      “Hai parlato con Yvonne?” chiese Daniel a Emily.

      Scosse la testa. Nello stesso momento Chantelle urlò, “No!” Sembrava terrorizzata. “Per favore, non ditelo a Yvonne. Non voglio che sgridi Bailey o che la costringa a tornare mia amica. Voglio che lei sia mia amica solo se lo vuole, non perché gliel’ha detto sua mamma.”

      Emily si sentiva malissimo per Chantelle. Il mondo dei bambini di sette anni poteva essere complicato tanto quanto quello degli adulti. Desiderava disperatamente poterle levare tutto il dolore, ma non era possibile. E non era neanche giusto. Il suo lavoro di madre era guidare Chantelle attraverso queste spiacevoli esperienze, non farle da scudo contro di loro né sradicarle.

      “Ti ricordi anche che cosa ha detto Laverne di te?” la incalzò Emily. Sapeva che Chantelle non voleva parlarne, ma era importante che analizzassero le sue emozioni. Aveva quasi otto anni, e la gente attorno a lei presto avrebbe perso la pazienza di fronte alle sue crisi. Aveva una curva di apprendimento ripida davanti a sé, e molto tempo da recuperare. Aveva già fatto notevoli progressi, ma c’era ancora tantissima strada da fare.

      “Ha detto che ho un accento stupido,” disse Chantelle. Poi, cupamente, aggiunse, “Ha ragione. Vorrei avere la tua voce, papà. Perché devo parlare come Sheila?”

      “Non c’è niente che non va nella tua voce,” le disse Daniel. “Il tuo accento è bellissimo.”

      “Ma così sono diversa. E così le persone pensano che sono stupida.”

      “Non sei stupida,” disse severamente Daniel. “Non permettere mai a nessuno di farti sentire così. Sei perfetta così come sei.”

      Emily adorava la quantità di calore che aveva Daniel nella voce. Il suo discorso era molto toccante. Ma Chantelle non sembrava crederci per nulla. Sembrava più abbattuta che mai.

      “Posso alzarmi adesso?” disse piano.

      Daniel guardò Emily. Lei si strinse nelle spalle, non sapendo quale fosse la cosa migliore da fare.

      “Vorrei vedere i cartoni in camera mia,” aggiunse Chantelle.

      “Certo,” disse Emily. Tutti meritavano un po’ di routine che tirasse su l’umore, pensò. Se i cartoni a letto potevano cullare Chantelle, era meglio questo piuttosto di un crollo.

      Chantelle scivolò giù dal divano e lasciò la stanza. Una volta che se ne fu andata, Daniel guardò triste Emily.

      “Avresti dovuto dirmelo,” disse con un sospiro esasperato. “Non appena è accaduto. Perché non hai chiamato?”

      Emily si accigliò. Prima era convinta della decisione di chiedere a Parker di dar loro un passaggio ma adesso, vedendo l’espressione di Daniel, sentì la risolutezza indebolirsi. “Eri al lavoro,” gli disse dolcemente. “Non volevo disturbarti.”

      “Ma questa è la mia bambina,” disse severamente.

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