Dalla Terra alla Luna (Prometheus Classics). Жюль Верн

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Dalla Terra alla Luna (Prometheus Classics) - Жюль Верн

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di quarto ordine, quella che orgogliosamente si chiama il Sole, tutti i fenomeni ai quali è dovuta la formazione dell’universo si sarebbero successivamente compiuti a’ suoi occhi.

      Infatti questo Sole, ancora allo stato gazoso e composto di molecole mobili, esso l’avrebbe veduto girante sopra il suo asse per compiere il suo lavoro di concentrazione. Questo movimento, fedele alle leggi della meccanica, sarebbesi accelerato colla diminuzione di volume, e sarebbe giunto un momento in cui la forza centrifuga l’avrebbe vinta sulla forza centripeta, che tende a respingere le molecole verso il centro. Allora un altro fenomeno sarebbe accaduto dinanzi agli occhi dell’osservatore, e le molecole situate nel piano dell’equatore, sfuggendo come la pietra di una fionda la cui corda si spezzi d’improvviso, sarebbe andata a formare intorno al Sole parecchi anelli concentrici, simili a quello di Saturno. A loro volta, questi anelli di materia cosmica, presi da un movimento di rotazione intorno alla massa centrale, si sarebbero spezzati e decomposti in nebulosità secondarie, cioè in pianeti.

      Se l’osservatore avesse allora concentrata tutta la sua attenzione sopra questi pianeti, e’ li avrebbe veduti comportarsi esattamente come il Sole e dare origine ad uno o più anelli cosmici, origini di questi astri di ordine inferiore che si chiamano satelliti.

      Così dunque risalendo dall’atomo alla molecola, dalla molecola alla massa nebulosa, dalla massa nebulosa alla nebulosa, dalla nebulosa alla stella principale, dalla stella principale al Sole, dal Sole al pianeta, e dal pianeta al satellite, si ha tutta la serie delle trasformazioni subìte dai corpi celesti nei primi giorni del mondo.

      Il Sole sembra perduto nelle immensità del mondo stellare, e tuttavia è riunito dalle teorie attuali della scienza alla nebulosa della Via lattea. Centro d’un mondo, per quanto piccolo sembri in mezzo alle regioni eteree, nullameno è enorme, giacchè il suo volume è trecentocinquantamila volte quello della terra. Intorno a lui gravitano otto pianeti, usciti dalle sue viscere fino dai primi tempi della creazione. Sono questi, incominciando dal più vicino di tali astri al più lontano, Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Inoltre, fra Marte e Giove circolano regolarmente altri corpi meno considerevoli, forse gli avanzi erranti di un astro frammentato in più migliaia di pezzi, de’ quali, fino ad oggi, il telescopio ne ha riconosciuti novantasette[26].

      Tra questi servitori che il Sole mantiene nella loro orbita elittica mediante la gran legge della gravitazione, alcuni possedono a loro volta de’ satelliti. Urano ne ha otto, Saturno otto, Giove quattro, Nettuno tre, forse, la Terra uno; quest’ultimo, uno dei meno importanti del mondo solare, si chiama Luna, ed è lui che il genio audace degli Americani pretendeva di conquistare.

      L’astro delle notti, per la sua vicinanza relativa e lo spettacolo rapidamente rinnovato delle sue fasi diverse, a bella prima ha diviso col Sole l’attenzione degli abitanti della Terra; ma il Sole stanca lo sguardo e gli splendori della sua luce obbligano i contemplatori a chinare gli occhi.

      La bionda Febe, all’incontro più umana, si compiace di lasciarsi vedere nella sua grazia modesta; ell’è dolce all’occhio, poco ambiziosa; però si permette talvolta di eclissare il fratello, il radiante Apollo, senza mai essere eclissata da lui. I Maomettani hanno compreso la riconoscenza che dovevano a questa fedele amica della Terra, ed hanno regolato i loro mesi sopra le sue rivoluzioni[27]. I primi popoli professarono un culto particolare alla casta dea. Gli egiziani la chiamavano Iside, i Fenicî Astarte, i Greci l’adorarono sotto il nome di Febe, figlia di Latona e di Giove, e spiegavano i suoi eclissi colle visite misteriose di Diana al bell’Endimione. se vuolsi prestar fede alla leggenda mitologica, il leone di Nemea percorse le campagne della Luna prima della sua apparizione sulla Terra, ed il poeta Ayesianax, citato da Plutarco, celebrò ne’ suoi versi i dolci occhi, il naso vezzosino e la bocca gentile, formati dalle parti luminose dell’adorabile Selene.

      Ma se gli antichi compresero bene il carattere, il temperamento, in una parola le qualità morali della Luna dal punto di vista mitologico, i più dotti fra essi rimasero ignorantissimi in selenografia.

      Nulladimeno, alcuni astronomi de’ tempi remoti scoprirono certe particolarità, confermate oggi dalla scienza. Se gli Arcadi pretesero di aver abitato la Terra in un’epoca in cui la Luna non esisteva ancora, se Semplicio la credette immobile ed assicurata alla vôlta di cristallo, se Tazio la considerò come un frammento staccato dal disco solare, se Cleareo, discepolo d’Aristotile, ne fece uno specchio terso nel quale riflettevansi le immagini dell’Oceano, se altri infine non videro in essa che un ammasso di vapori esalati dalla Terra, od un globo metà fuoco e metà ghiaccio, che girava sopra sè stesso, alcuni sapienti, in virtù di sagaci osservazioni, in mancanza d’istrumenti d’ottica, presentirono la maggior parte delle leggi che reggono l’astro delle notti. Così Talete di Mileto, 460 anni avanti G.C., emise il parere che la Luna fosse illuminata dal Sole. Aristarco di Samo diede la vera spiegazione delle sue fasi. Cleomene insegnò ch’essa brillava di una luce riflessa. Il caldeo Beroso scoperse la durata del suo movimento di rivoluzione, e spiegò in tal modo il fatto che la Luna presenta sempre la stessa faccia. Infine Ipparco, due secoli prima dell’era cristiana, riconobbe alcune ineguaglianze nei moti apparenti del satellite della Terra.

      Queste diverse osservazioni si confermarono in seguito e furono di profitto ai nuovi astronomi. Tolomeo nel secolo secondo, l’arabo Abul-Feda nel decimo, completarono le osservazioni d’Ipparco sulle inuguaglianze che subisce la Luna seguendo la linea ondulata della sua orbita sotto l’azione del Sole. Poi Copernico[28], nel quindicesimo secolo, e Tycho Brahe nel sedicesimo, esposero completamente il sistema del mondo e la parte che rappresenta la Luna nell’insieme dei corpi celesti.

      A quest’epoca i suoi movimenti erano pressochè determinati, ma poco sapevasi della sua costituzione fisica; fu allora che Galileo spiegò i fenomeni di luce prodotti in certe fasi dall’esistenza di montagne alle quali attribuì un’altezza media di quattromila e cinquecento tese.

      Dopo di lui Hevelius, astronomo di Danzica, diminuì le maggiori altezze a duemila e seicento tese; ma il suo collega Riccioli le riportò a settemila.

      Herschel, alla fine del diciottesimo secolo, armato d’un potente telescopio, diminuì d’assai le misure precedenti. E’ diede mille e novanta tese alle montagne più alte e ridusse le medie delle diverse altezze a quattrocento tese soltanto. Ma Herschel sbagliavasi ancora, e ci vollero le osservazioni di Schrœter, Lonville, Halley, Nosmyth, Bianchini, Pastorf, Lohrman, Gruithuysen, e soprattutto i pazienti studi dei signori Beer e Mœdeler, per risolvere definitivamente la questione. Grazie a questi dotti, l’altezza delle montagne della Luna è oggi perfettamente conosciuta. I signori Beer e Mœdeler hanno misurato mille e novecentocinque altezze, sei delle quali sono al disopra di duemila e seicento tese, e ventidue al disopra di duemila e quattrocento[29].

      La loro più alta vetta domina di tremila e ottocento e una tesa la superficie del disco lunare.

      Nello stesso tempo completavasi il riconoscimento della Luna; questo astro sembrava crivellato di crateri, e la sua natura essenzialmente vulcanica confermavasi ad ogni osservazione. Dal difetto di rifrazione nei raggi dei pianeti da lui occultati, concludesi che l’atmosfera doveva mancarle quasi assolutamente. Quest’assenza d’aria trae seco l’assenza d’acqua. Appariva quindi manifesto che i seleniti, per vivere in tali condizioni, dovevano avere un’organizzazione speciale, e differire singolarmente dagli abitanti della Terra.

      Infine, in virtù di nuovi metodi, gl’istrumenti più perfezionati esaminarono la Luna senza tregua, non lasciando inesplorato un solo punto della sua faccia, e tuttavia il suo diametro è di duemila e centocinquanta miglia[30], la sua superficie è la tredicesima parte della superficie del globo[31], il suo volume la quarantanovesima

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<p>26</p>

Alcuni di questi asteroidi sono tanto piccoli che se ne potrebbe farne il giro nello spazio di un sol giorno camminando al passo di ginnastica.

<p>27</p>

Ventinove giorni e mezzo circa.

<p>28</p>

Vedasi i Fondatori dell’Astronomia moderna, libro ammirabile del signor I. Bertrand, dell’Istituto.

<p>29</p>

L’altezza del Monte Bianco sopra il livello del mare è di metri 4,813.

<p>30</p>

Ottocento sessantanove leghe, cioè poco più del quarto del raggio terrestre.

<p>31</p>

Trentotto milioni di chilometri quadrati.