La giara. Луиджи Пиранделло

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La giara - Луиджи Пиранделло

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s'adopera.

      – Perché?

      – Ma bisognerà prima temperarla.

      – Temperarla?

      – Con un temperino, già, qua in punta…

      – Temperino, niente!

      E Manuzza ripeté:

      – Giudizio! giudizio, sacramento!

      – Giudizio, sì, Manuzza mio…

      – Ah, – gridò questi. – M'avete riconosciuto?

      – Abbi pazienza, ti nascondi la faccia e lasci scoperto il braccio? Levati codesto fazzoletto e guardami negli occhi. Fai questo, a me?

      – Senza tante chiacchiere, – gridò Manuzza, strappandosi con ira il fazzoletto dalla faccia. – V'ho detto giudizio! Scrivete, o v'ammazzo!

      – Ma sì, sono pronto, – si rimise il Guarnotta. – Quand'avrete temperato la matita. Però, se mi lasciate dire… Volete danari, è vero, figliuoli? Quanto?

      – Tre mila onze!

      – Tre mila? Non volete poco.

      – Voi ce l'avete! Non facciamo storie!

      – Tre mila onze?

      – Più! più!

      – Anche più, sì. Ma non a casa, in contanti. Dovrei vendere case, terre. E vi pare che si possa, così, da un giorno all'altro, e senza me?

      – Vuol dire che se le faranno prestare!

      – Chi?

      – Vostra moglie e i vostri nipoti!

      Il Guarnotta sorrise amaramente e provò a rizzarsi su un gomito.

      – Volevo dirvi questo, appunto, – rispose. – Figliuoli miei, avete sbagliato. Contate su mia moglie e sui suoi nipoti? Se volete ammazzarmi, è un conto: sono qua: ammazzatemi, e non se ne parli più. Ma se volete danari, non potete averli che da me, e a patto di lasciarmi andare a casa.

      – Che dite? a casa? Voi? Fossimo matti! Scherzate!

      – E allora… – sospirò il Guarnotta.

      Manuzza strappò di mano rabbiosamente il foglietto da lettere al compagno e ripeté:

      – Senza tante chiacchiere, v'ho detto, scrivete! La matita… Ah già, bisogna temperarla… Come si tempera?

      Il Guarnotta spiegò come; e i tre allora, dopo essersi guardati negli occhi, uscirono dalla grotta. Nel vederli uscire, così carponi, come tre bestie, non poté fare a meno di sorridere ancora una volta, il Guarnotta. Pensò che ora di là si sarebbero messi in tre a temperare quella matita, e che forse, a furia di potarla come un ramo d'albero, non ne sarebbero venuti a capo. Già, ma lui ne sorrideva, e forse la sua vita in quel punto dipendeva dalla ridicola difficoltà che quei tre incontravano in quell'operazione per loro nuova: forse, stizziti di vedersi mancare in mano la matita a pezzo a pezzo, sarebbero rientrati a fargli la prova che se i loro coltelli non erano buoni da temperare una matita, erano però buoni da scannarlo. E aveva fatto male, un errore imperdonabile aveva commesso a dichiarare a quel Manuzza d'averlo riconosciuto. – Ecco: si bisticciavano di là, sbuffavano, bestemmiavano… Certo, si passavano dall'uno all'altro quella povera matita da un soldo sempre più corta. Chi sa che coltelli avevano in mano, in quelle loro manacce scabre e cretose.

      Eccoli che rientravano a uno a uno, sconfitti.

      – Legno lasco, – disse Manuzza. – Una schifezza! Voi che sapete scrivere non ce n'avreste in tasca un'altra bell'e temperata, per combinazione?

      – Non ce l'ho, figliuoli, – rispose il Guarnotta. – Ma è inutile, v'assicuro. Avrei scritto, se mi davate da scrivere; ma a chi? A mia moglie e a quei nipoti? Quei nipoti sono suoi e non miei, capite? E nessuno avrebbe risposto, siatene pur certi; avrebbero finto di non aver ricevuto la lettera minatoria, e addio. Se volete danari da loro, non dovevate buttarvi in prima su me: dovevate invece andare da loro e accordarvi: tanto – poniamo mille onze – per ammazzarmi. Non ve l'avrebbero date nemmeno; perché la mia morte, la desiderano sì, ma sono vecchio; se la aspettano dunque da Dio gratis e senza rimorsi, tra quattro giorni. Pretendete sul serio che vi diano un centesimo, un solo centesimo, per la mia vita? Avete sbagliato. La mia vita a me soltanto può premere. Non mi preme, ve lo giuro; ma certo, morire così, di mala morte, non mi piacerebbe; e solo per non morire così, vi prometto e giuro su la sant'anima di mio figlio che appena posso, fra due, tre giorni, verrò io stesso a portarvi il danaro al posto che m'indicherete.

      – Dopo averci denunziato?

      – Vi giuro di no! Vi giuro che non fiaterò con nessuno! Si tratta della vita!

      – Ora. Ma quando sarete libero? Prima di andare a casa, andrete a fare la denunzia.

      – Vi giuro di no! Certo, dovete aver fiducia. Pensate ch'io vado ogni giorno in campagna. La mia vita è là, tra voi; e io sono stato sempre come un padre per voi. Mi avete sempre rispettato, santo Dio, e ora… Pensate che vorrei espormi al rischio d'una vendetta? Abbiate fiducia, lasciatemi ritornare a casa e state sicuri che avrete il danaro…

      Non risposero più. Tornarono a guardarsi negli occhi, e uscirono di nuovo dalla grotta, carponi.

      Per tutta la giornata non li rivide più. Li udì un pezzo, dapprima, discutere fuori della grotta; poi non udì più nulla.

      Aspettò, rivolgendo in mente tutte le supposizioni intorno a ciò che avessero potuto decidere. Gli parve certo questo: ch'era caduto in mano di tre stupidi, novizii, forse, anzi senza dubbio al loro primo delitto.

      Ci s'erano buttati come ciechi, senza considerare prima le sue condizioni di famiglia; solo pensando ai suoi danari. Ora, convinti dello sbaglio commesso, non sapevano più, o non vedevano ancora, come cavarsene. Del giuramento che non sarebbero stati denunziati, nessuno dei tre si sarebbe fidato; meno di tutti Manuzza ch'era stato riconosciuto. E allora?

      Allora, non gli restava da augurarsi altro, che a nessuno dei tre sorgesse il pentimento dello stupido atto compiuto invano, e insieme il desiderio di cancellarlo per rimettersi sulla buona via; che tutti e tre, invece, risoluti a vivere fuori d'ogni legge, a commettere altri delitti, non dovessero intanto curarsi di cancellare ogni traccia di questo primo e di gravarsene inutilmente la coscienza. Perché, riconosciuto lo sbaglio e risoluti a restare tre birbaccioni al bando, potevano fargli salva la vita e lasciarlo andare senza curarsi della denunzia; ma, se volevano ritornare sulla buona via, pentiti, allora per forza, a impedire la denunzia di cui si tenevano certi, dovevano assassinarlo.

      Ne seguiva, che Dio doveva dunque ajutarlo ad aprir loro la mente; perché riconoscessero che nessun profitto si ricava a voler restare galantuomini. Cosa non difficile con loro, visto che la buona intenzione di gettarsi alla perdizione l'avevano dimostrata, catturandolo. Ma c'era da temere pur troppo del disinganno che avevano dovuto provare così a prima giunta, toccando con mano il grosso sbaglio commesso appena incamminati sulla nuova via. E fa presto un disinganno a cangiarsi in pentimento e in voglia di ritrarsi da un cammino che cominci male. Per tirarsene indietro, cancellandovi ogni orma dei primi passi, la logica, sì, portava a commettere un delitto; ma, a volerlo scansare, la stessa logica non li avrebbe portati ad avventurarsi per quel cammino in cerca d'altri delitti? E allora, meglio quest'uno qua a principio, che poteva restar

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