Se lei sapesse. Блейк Пирс

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Se lei sapesse - Блейк Пирс

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momento in cui prese posto, Jane e Clarissa parvero irrigidirsi. Era particolarmente bizzarro, perché non era da Clarissa essere altro che frizzante. A differenza di Kate, Clarissa aveva cominciato rapidamente ad apprezzare la pensione. Kate immaginava che fosse stato d’aiuto il fatto che Clarissa fosse sposata con un uomo di quasi dieci anni più giovane di lei che nel tempo libero partecipava a gare di nuoto.

      «Che avete, ragazze?» chiese Kate. «Sapete che vengo qui per cercare motivazioni pro pensione, no? Voi due sembrate assolutamente tristi.»

      Jane e Clarissa si scambiarono un’occhiata che Kate aveva visto innumerevoli volte. Durante gli anni come agente l’aveva vista in salotti, sale interrogatori e sale d’attesa di ospedali. Era uno sguardo che traduceva un’unica e semplice domanda senza proferir parola: Chi glielo dice?

      «Che c’è?» chiese.

      D’un tratto fu molto consapevole dell’assenza di Deb.

      «Si tratta di Deb» disse Jane, confermando il suo timore.

      «Be’, non precisamente di Deb» aggiunse Clarissa. «Di sua figlia, Julie. L’hai mai incontrata?»

      «Una volta, credo» disse Kate. «Cos’è successo?»

      «È morta» disse Clarissa. «Omicidio. Finora non hanno idea di chi sia stato.»

      «Oddio» disse Kate, sinceramente intristita per l’amica. Conosceva Deb da circa quindici anni, l’aveva conosciuta a Quantico. Kate lavorava come assistente istruttrice per un nuovo gruppo di agenti sul campo e Deb lavorava con alcuni dei topi da laboratorio su una specie di nuovo sistema di sicurezza. C’era stata subito sintonia ed erano rapidamente diventate amiche.

      Il fatto che Deb non l’avesse chiamata né le avesse mandato un messaggio per darle la notizia prima di parlarne con chiunque altro mostrava solo quanto velocemente le amicizie potevano cambiare negli anni.

      «Quando è successo?» chiese Kate.

      «Ieri» disse Jane. «Mi ha mandato un messaggio per dirmelo solo stamattina.»

      «Non hanno alcun sospetto?» chiese Kate.

      Jane si strinse nelle spalle. «Ha detto solo che non sanno chi è stato. Nessun indizio, nessuna pista, niente.»

      Kate si sentì andare immediatamente in modalità agente. Immaginò che fosse lo stesso modo in cui si dovesse sentire un atleta allenato dopo essersene stato fuori dal campo scelto per troppo tempo. Lei poteva non avere un manto erboso o una folla adorante a ricordarle com’erano stati i suoi anni di gloria, però aveva la mente finemente messa a punto per risolvere crimini.

      «Non cominciare» disse Clarissa esibendo il suo sorriso migliore.

      «Cominciare con cosa?»

      «Non fare l’agente Wise adesso» disse Clarissa. «Adesso sii solo la sua amica. Vedo le rotelle girarti nella testa. Cavolo, tesoro. Non hai una figlia incinta? Non stai per diventare nonna?»

      «Che modi, darmi un calcio mentre sono a terra» disse Kate con un sorriso. Lasciò perdere il commento e poi chiese: «La figlia di Deb… aveva un ragazzo?»

      «Non ne ho idea» disse Jane.

      Un silenzio imbarazzato cadde sulla tavola. Nell’anno in cui il gruppetto di amiche neopensionate si era trovato, la conversazione era sempre stata perlopiù leggera. Quello era il primo argomento pesante, e non si adattava bene alla loro routine. Kate, ovviamente, ci era abituata. Il tempo trascorso in accademia le aveva insegnato come gestire quelle situazioni.

      Però Clarissa aveva ragione. Sentendo la notizia Kate era scivolata con gran facilità in modalità agente. Sapeva che avrebbe dovuto pensare come un’amica, prima – pensare alla perdita di Deb e al suo stato emotivo. Ma l’agente che c’era in lei era troppo forte, l’istinto ancora lì, in prima linea, dopo essersene rimasto sullo scaffale per un anno.

      «Allora, che cosa possiamo fare per farla stare meglio?» chiese Jane.

      «Stavo pensando al cibo» disse Clarissa. «Conosco altre signore che potrebbero unirsi a noi. Solo per assicurarsi che non debba cucinare per la famiglia nelle prossime settimane mentre si occupa di tutto questo.»

      Per i seguenti dieci minuti, le tre donne organizzarono il sistema più efficiente per preparare dei pasti per l’amica colpita dal lutto.

      Però, per Kate, la conversazione rimase in superficie. La sua mente era rivolta altrove, cercava di portare alla luce fatti e notizie nascoste su Deb e sulla sua famiglia, cercava di trovare un caso dove forse non ce n’era neanche uno.

      O potrebbe essercene uno, pensò Kate. E scommetto che c’è un solo modo di scoprirlo.

      CAPITOLO DUE

      Dopo la pensione Kate era tornata a vivere a Richmond, in Virginia. Era cresciuta nella cittadina di Amelia, a circa quaranta minuti da Richmond, ma aveva frequentato il college giusto accanto il limitare del centro. Aveva trascorso gli anni da studentessa alla Virginia Commonwealth University, volendo originariamente studiare arte. Dopo tre anni aveva scoperto di avere a cuore la giustizia criminale tramite uno dei corsi a scelta in psicologia. Era stato un sentiero tortuoso e sghembo a condurla a Quantico e alla sua illustre carriera trentennale.

      Adesso percorreva in macchina alcune di quelle familiari strade di Richmond. Era stata a casa di Debbie Meade solo una volta in passato, ma sapeva esattamente dove si trovava. Lo sapeva perché ne invidiava il luogo, uno di quegli edifici dall’aria antica sulle strade fuori dal centro delimitate da alberi invece che da semafori e alti edifici.

      La via di Deb era momentaneamente inondata di foglie cadute dagli olmi che la sovrastavano. Dovette parcheggiare tre case più in là, perché la famiglia e gli amici avevano già cominciato a riempire i posteggi di fronte alla casa.

      Percorse il marciapiede, cercando di convincersi che era una cattiva idea. Sì, aveva pianificato di entrare in casa solo come amica – anche se Jane e Clarissa avevano deciso di aspettare e di recarsi da Deb nel pomeriggio, per darle un po’ di spazio. Ma c’era anche qualcosa di più profondo. Negli ultimi mesi aveva cercato qualcosa da fare, un modo migliore e più significativo di riempire il proprio tempo. Spesso aveva sognato di prendere del lavoro come freelancer dal bureau, magari persino dei compiti basilari di ricerca.

      Persino il più piccolo riferimento al suo lavoro la entusiasmava. Per esempio, la settimana seguente avrebbe dovuto recarsi in tribunale per testimoniare a un’udienza per il rilascio su condizionale. Non era bramosa di affrontare di nuovo il criminale, ma anche solo essere in grado di immergersi di nuovo nel lavoro per un lasso di tempo così breve era bello.

      Ma sarebbe stato la settimana seguente – e adesso sembrava lontano un’eternità.

      Alzò lo sguardo sul portico anteriore di Debbie Meade. Sapeva perché si trovava lì, davvero. Voleva trovare delle risposte a domande che le vorticavano in testa. La cosa la faceva sentire egoista, come se stesse usando la perdita dell’amica come scusa per mettere di nuovo piede con cautela nelle acque che non sentiva da più di un anno. Questa situazione coinvolgeva un’amica, il che la rendeva complicata. Ma la vecchia agente che c’era in lei sperava che avrebbe potuto evolversi in qualcos’altro. L’amica che era in lei, però, pensava che potesse essere rischioso. E tutte insieme quelle parti di lei si chiedevano se

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