Se lei sapesse. Блейк Пирс

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Se lei sapesse - Блейк Пирс

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estrasse la patente di guida e la fece scivolare attraverso l’apertura del vetro divisorio. La donna la guardò per un totale di un secondo e poi la fece scivolare di nuovo verso di lei. «Mi serve il documento identificativo dell’FBI.»

      «Be’, come ho detto, sono in pensione.»

      «E chi l’ha mandata? Mi serviranno nomi e informazioni di contatto e poi dovranno compilare una domanda per farle avere le informazioni.»

      «Speravo di scavalcare tutte le formalità.»

      «Allora non posso aiutarla» disse la donna.

      Kate si chiese quanto avrebbe potuto insistere. Se avesse spinto troppo, qualcuno avrebbe sicuramente avvisato Clarence Greene e sarebbe stato un male. Si scervellò, cercando di pensare a un altro modo. Riuscì a trovarne solo uno, ed era molto più rischioso di quel che stava tentando in quel momento.

      Con un sospiro, Kate disse bruscamente, «Be’, grazie comunque.»

      Girò sui tacchi e uscì dall’ufficio. Era un po’ in imbarazzo. Che diavolo aveva pensato? Anche se avesse ancora avuto il documento del bureau sarebbe stato illegale per il dipartimento di Richmond fornirle qualsiasi informazione senza l’approvazione di un supervisore di Washington D.C.

      Era oltremodo umiliante tornare alla macchina con una sensazione così assoluta – la sensazione di essere una semplice civile.

      Ma una civile che odia avere un no come risposta.

      Prese il cellulare e fece partire una chiamata per Deb Meade. Quando Deb rispose, sembrava ancora stanca e lontana.

      «Scusa se ti disturbo, Deb» disse. «Ma tu hai il nome e l’indirizzo dell’ex ragazzo?»

      Come si scoprì, Deb aveva entrambi.

      CAPITOLO QUATTRO

      Pur non avendo il suo vecchio documento del bureau, Kate aveva comunque l’ultimo distintivo che avesse mai posseduto. Era puntellato sulla mensola del camino come un relitto di altri tempi, non meglio di una fotografia sbiadita. Quando lasciò il terzo distretto tornò a casa e lo sollevò. Pensò a lungo se prendere anche l’arma da fianco. Guardò bramosa la M1911 ma la lasciò dov’era, nel cassetto del comodino. Portarla con sé per quello che aveva in programma di fare avrebbe voluto dire andare in cerca di guai.

      Decise però di prendere le manette che teneva in una scatola da scarpe sotto al letto con altri tesori della sua carriera.

      Non si sa mai.

      Lasciò la casa e andò all’indirizzo che le aveva dato Deb. Era un posto a Shockoe Bottom, un quartiere a venti minuti di macchina da casa sua. Non era nervosa durante il tragitto, sentiva invece un senso di entusiasmo. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo però, allo stesso tempo, era una bella sensazione essere fuori, a caccia, di nuovo – anche se in segreto.

      Non appena ebbe raggiunto l’indirizzo dell’ex ragazzo di Julie Hicks, un tizio di nome Brian Neilbolt, Kate pensò a suo marito. Le veniva in mente ogni tanto, ma a volte sembrava arrivare e rimanerci per un po’. Accadde quando svoltò nella strada di destinazione. Riusciva a vederlo scuotere la testa di frustrazione.

      Kate, lo sai che non dovresti farlo, pareva dire.

      Lei sorrise debolmente. A volte suo marito le mancava violentemente, un adatto contrasto col fatto che a volte le pareva di essere riuscita a superare la sua morte piuttosto velocemente.

      Scosse via le ragnatele dei ricordi parcheggiando l’auto di fronte all’indirizzo che le aveva dato Deb. Era una casa piuttosto carina, divisa in due diversi appartamenti con portici a separare le proprietà. Quando smontò dalla macchina capì subito che c’era qualcuno in casa, perché riusciva a sentire qualcuno parlare molto forte all’interno.

      Quando salì i gradini del portico, si sentì come se avesse fatto un passo indietro nel tempo, a circa un anno prima. Si sentiva ancora un’agente, nonostante la mancanza dell’arma da fuoco alla vita. Eppure, essendo in toto un’agente in pensione, non aveva idea di quel che avrebbe detto dopo aver bussato alla porta.

      Ma non lasciò che la cosa la fermasse. Bussò alla porta con la stessa autorità che avrebbe avuto un anno prima. Mentre ascoltava le parole ad alta voce venire da dentro, pensò che si sarebbe attenuta alla verità. Mentire in una situazione di cui già non avrebbe dovuto essere parte avrebbe solo peggiorato le cose se fosse stata beccata.

      L’uomo che aprì la porta prese un po’ alla sprovvista Kate. Era alto circa un metro e novantadue ed era grossissimo. Bastavano le spalle a mostrare che faceva molta palestra. Sarebbe passato tranquillamente per un pugile professionista. L’unica cosa che tradiva quella facciata era la rabbia che aveva negli occhi.

      «Sì?» chiese. «Lei chi è?»

      Lei allora fece una mossa che le era mancata tantissimo. Gli mostrò il distintivo. Sperava che desse un po’ di peso alla presentazione. «Sono Kate Wise. Sono un’agente dell’FBI in pensione. Speravo che potesse parlarmi per un attimo.»

      «Di cosa?» chiese, le parole rapide e svelte.

      «Lei è Brian Neilbolt?» chiese.

      «Sì.»

      «Allora la sua ex ragazza era Julie Hicks, giusto? Un tempo Julie Meade?»

      «Ah cazzo, ancora? Senta, mi hanno già portato dentro per interrogarmi quei cazzo di poliziotti. Adesso anche i federali?»

      «Stia tranquillo, non sono venuta a interrogarla. Volevo solo farle qualche domanda.»

      «A me pare un interrogatorio» disse. «E poi ha detto di essere in pensione. Sono piuttosto sicuro di non essere costretto a fare niente di ciò che chiede.»

      Lei finse di rimanerne ferita, distogliendo lo sguardo da lui. In realtà, però, stava guardando oltre le sue spalle massicce lo spazio dietro di lui. Vide una valigia e due zaini appoggiati contro il muro. Vide anche un foglio di carta posato sopra la valigia. Il grosso logo lo identificava come una ricevuta di Orbitz. Apparentemente Brian Neilbolt avrebbe lasciato la città per un po’.

      Non il miglior scenario quando la tua ex ragazza è stata assassinata e tu sei stato portato dentro e poi immediatamente rilasciato dalla polizia.

      «Dove sta andando?» chiese Kate.

      «Non sono affari suoi.»

      «Con chi stava parlando così rumorosamente al telefono prima che bussassi?»

      «Di nuovo, non sono affari suoi. Ora, se vuole scusarmi…»

      Fece per chiudere la porta, ma Kate insistette. Fece un passo avanti e incastrò la scarpa tra la porta e la cornice. «Signor Neilbolt, le sto solo chiedendo cinque minuti del suo tempo.»

      Un’ondata di furia gli passò per gli occhi, ma poi parve cedere. Lasciò cadere la testa e per un attimo pensò che sembrasse triste. Era simile allo sguardo che aveva visto sui visi dei Meade.

      «Ha detto di essere un’agente in pensione, vero?» chiese Neilbolt.

      «Esatto» confermò.

      «In

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