Il Ritorno. Морган Райс

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Il Ritorno - Морган Райс

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alla deriva, indifesi. Quello non era un velivolo rubato all’Alveare dove loro due stavano lentamente morendo dopo essere stati urtati da una navicella degli Ilari e da ciò che restava del mondo di questi ultimi. Questo spazio era più ampio, e assomigliava quasi a…

      “È un ospedale,” ipotizzò Kevin. Ora sapeva benissimo come fossero fatti gli ospedali. Aveva passato così tanto tempo tra ospedali e laboratori e altri posti del genere, che gli era impossibile non riconoscerne uno, anche se sembrava un ospedale in un certo qual modo alieno, senza nessun dispositivo che assomigliasse a quelli cui lui era abituato.

      “Allora sei sveglio,” disse Chloe dal posto in cui si trovava in piedi, accanto al suo letto. Sembrava soddisfatta dei suoi sforzi per svegliarlo e sorrideva sotto i baffi in un modo che suggeriva che l’avrebbe rifatto molto volentieri.

      “Mi hai fatto male,” si lamentò Kevin, ma poi gli venne in mente un pensiero. “Sei ferita, tu? Stai bene?”

      “Sto bene,” lo rassicurò Chloe, ora con tono serio. “Hanno curato i lividi più grossi quando ci hanno portati qui.”

      Kevin la guardò comunque dalla testa ai piedi, giusto per essere sicuro, preoccupato che stesse tentando di nascondere quanto invece fosse ferita e dolorante. Qualcuno le aveva dato una specie di divisa argentata da indossare al posto dei suoi soliti vestiti. Assomigliava un po’ alle squame argentate di un pesce e rifletteva la luce in modi diversi a seconda di come lei si muoveva. Abbassando lo sguardo, Kevin si accorse di avere indosso la stessa cosa.

      “E tu?” chiese Chloe con ovvia preoccupazione. “Sei ferito?”

      “No,” le rispose. “Penso di no.”

      Di certo non si sentiva peggio del solito, o almeno di quanto si fosse sentito prima che l’Alveare avesse deciso di renderlo uno di loro. Sentiva il dolore che gli scorreva lungo il corpo, e lo stordimento che minacciava di metterlo al tappeto quando si muoveva troppo velocemente, ma erano sensazioni che conosceva. Erano così familiari che gli sembravano quasi dei vecchi amici a questo punto, ormai. Non sentiva niente di simile a forti dolori derivati da qualcosa di rotto.

      Chloe si chinò su di lui e lo abbracciò con forza. “Sono così contenta che tu sia sano e salvo.”

      Kevin si aggrappò a quell’abbraccio, anche se non aveva la sensazione di meritarselo in quel momento. Era colpa sua se erano arrivati a quel punto. Se non fosse stato per lui, Chloe non si sarebbe trovata rinchiusa in una cella, sottoposta a degli esperimenti. Non avrebbe avuto quella strana cosa che sembrava viva attaccata al braccio, stretta come una seconda pelle, la sua superficie ossuta da insetto completamente fuori posto sulla morbidezza della sua pelle liscia.

      Era talmente bello che fosse sana e salva che per un momento o due Kevin non pensò neanche a chi non era lì con loro.

      “Dov’è Ro?” chiese poi, guardandosi attorno alla ricerca dell’ex membro dell’Alveare. “È…”

      “Bene, sei sveglio,” disse una nuova voce. “Kevin si girò verso il punto in cui la porta si stava aprendo, rivelando una donna degli Ilari dalla pelle blu con indosso un’uniforme scura con un marchio militare sopra. Kevin riconobbe il generale s’Lara dalla trasmissione video che aveva fatto tentando di imbrogliare lei e tutti i suoi simili. Solo il pensiero bastava a dargli la certezza che quello dovesse essere solo un orribile sogno.

      “Generale, è stata lei a salvarci?” chiese Kevin. “Ma io… io ho tentato di ingannarvi.” Eppure non era la cosa peggiore. “Ho… ho contribuito a far saltare per aria il vostro mondo.”

      Il senso di colpa lo pervase al pensiero di tutto ciò che aveva fatto, mentre vedeva l’espressione del generale assumere una connotazione di rabbia.

      “Hai anche contribuito a metterci in guardia,” disse. “Questo ti fa guadagnare un po’ di considerazione da parte nostra e… beh, non vogliamo abbandonare coloro che hanno bisogno. Noi non siamo come l’Alveare.”

      “Questo è…” Kevin non trovava le parole. “Grazie.”

      “Non ringraziarmi ancora,” disse il generale s’Lara. Alzò lo sguardo verso il soffitto e parve ascoltare qualcosa che solo lei poteva sentire. “La mia Intelligenza Artificiale dice che gli altri sono pronti per decidere cosa fare di voi. Voi e quel cosiddetto ‘Puro’ che avete portato qui. Seguitemi per favore.”

      “Kevin è ancora debole,” disse Chloe contrariata. “Ha bisogno di riposo.”

      “Potrà riposare tutto il tempo che vuole quando il processo sarà finito. Ora venite con me.” La donna generale era chiaramente abituata ad essere obbedita quando ordinava qualcosa, e stava già uscendo, senza aspettare per vedere se gli altri l’avrebbero seguita.

      Kevin guardò Chloe, che scrollò le spalle. Sapevano che nessuno di loro due aveva effettivamente una possibilità di scegliere. Affrettandosi per tenere il passo, seguirono il generale fuori dalla camera d’ospedale e si trovarono a percorrere una serie di corridoi contorti le cui pareti avevano immagini brillanti che davano loro l’illusione di ampi spazi aperti. Qua e là passarono accanto a finestre che davano vedute dello spazio.

      “Siamo su una navicella vero?” chiese Kevin. Non assomigliava alle navicelle dell’Alveare. Questa non aveva la perfetta stabilità dei regolatori della gravità, ma era pur sempre una qualche specie di navicella.

      “Questa è l’ammiraglia della flotta usata per fuggire,” disse il generale s’Lara. “La mia Intelligenza Artificiale vi è integrata.”

      “Quindi ogni millimetro di questo posto è… lei?” chiese Chloe.

      “Penso che si possa dire così,” rispose il generale. “La mia Intelligenza Artificiale si connetterà agli altri per il vostro processo.”

      “Come nell’Alveare?” chiese Kevin, capendo all’istante, dall’espressione sul volto del generale, di aver detto la cosa sbagliata.

      “Noi non siamo per niente somiglianti all’Alveare,” disse il generale s’Lara con tono severo. “Loro si lanciano di forza contro i mondi che poi distruggono, contro la gente che poi trasformano in parte di loro. La sofferenza e le scelte degli altri non significano nulla per loro. Noi ci uniamo alle nostre Intelligenze Artificiali, ma continuiamo a scegliere ciò che facciamo, e non andiamo a caccia di conquista. Ci mettiamo dietro a degli scudi perché non vogliamo massacrare gli altri, anche se questo ci è costato dei mondi.”

      Kevin sentì un’altra ondata di senso di colpa crescere in lui. Era stato lui a dare una mano per abbattere quegli scudi e rendere vulnerabile il loro pianeta davanti all’attacco successivo. Era stato lui ad aiutare l’Alveare a distruggere il loro mondo e a prendere il suo. Con sua sorpresa, però, Chloe fu più diretta.

      “Avreste potuto battervi contro di loro e non l’avete fatto?” disse. “Vi siete nascosti a loro quando avreste potuto fermarli?”

      “Chloe…” tentò di dire Kevin, ma a quanto pareva Chloe non aveva finito.

      “No, Kevin,” disse. “Se sta dicendo che avrebbero potuto fare di più, che avrebbero potuto batterli prima che arrivassero sulla Terra, allora avrebbero potuto risparmiarci tutto questo. Avrebbero potuto salvarci.”

      “Non siamo neanche riusciti a salvare noi stessi,” disse il generale s’Lara, ora con tono addolorato. “Non abbiamo i mezzi per fermare l’Alveare. Possiamo ucciderli, abbiamo la tecnologia

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