Regno Diviso. Джек Марс

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Regno Diviso - Джек Марс

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bellissimo, Stone. Magari però i ragionamenti lasciali a me. Tu puoi adagiarti lì, a fare il bello.”

      “L’ho interrogato alla sua fattoria, in Florida,” disse Stone. “Gli ho chiesto che cosa sapesse su Jefferson Monroe e sui brogli elettorali. Lui è stato chiaro con me fin da subito. Ed è bravo con i cavalli. Delicato. Deve pur voler dire qualcosa.”

      “Lo terrò a mente,” disse Susan. “La prossima volta che cerco un cowboy.”

      Ma dopotutto aveva scelto lui. C’entrava qualcosa il fatto che conservatori e liberali si unissero per ricostruire la fiducia nel governo. C’entrava qualcosa il fatto che Stephen fosse un mago al Congresso, e finalmente aveva fatto passare un progetto di legge sulle infrastrutture – una cosa necessaria al paese. Però finora la realtà di Stephen Lief era stata nel complesso meno impressionante della fantasia.

      Nella mente di Susan cominciò a prendere forma un’idea, per Stephen Douglas Lief. Si sarebbe fatto un mese o giù di lì di viaggio negli Stati Uniti occidentali per un giro di assaggio di chili. Poteva partire dal remoto oriente, tipo dall’Ohio, provare un po’ del chili di Cincinnati famoso in tutto il mondo, meglio se come copertura letale di hot dog, e poi spostarsi a sudovest verso Louisiana, Texas, Arizona e California del Sud.

      Difficile dire che fosse una punizione – si trattava di posti molto piacevoli in cui passare l’inverno. E inoltre avrebbe sviluppato uno stomaco di ferro, e Susan era sicura che un uomo come Lief, laureato in compassate scuole dell’East Coast come Choate, Princeton e Yale, avrebbe adorato scendere in strada per incontrare gente normale, tanto per cambiare. Susan ne prese nota mentalmente – Kat avrebbe assegnato a qualcuno il compito di cominciare a organizzare questo importante tour sociale non appena terminata quella conversazione.

      Seduta accanto a Lief nello schermo c’era Lucy Pilgrim. Sembrava fragile e dimostrava più della sua età – tutt’altra cosa rispetto alla giovane bellezza che aveva ai tempi dell’attivismo in strada. Con la mente, Susan colse un’immagine di giornale in bianco e nero di una giovane Lucy che urlava in un megafono a un qualche raduno – giovane, energica, molto carina con i capelli lunghi e lisci che le arrivavano alla vita, in sbiaditi blue jeans aderenti e camicia a fiori. Prima o poi, col tempo dovevano farci i conti tutti.

      “Salve, Susan,” disse Stephen Lief. “Voglio ringraziarla di aver accettato questa riunione.”

      Susan fece spallucce. “Figurati. Sono sicura che comprendete entrambi che questa è una giornata difficile e che dovrò…”

      Lief la interruppe. “Certo che capiamo. Jack Butterfield era un mio amico. Domattina andrò in Texas, per esserci all’arrivo del corpo.”

      “E dovresti rimanerci, per il chili,” quasi disse Susan, ma non lo fece.

      Invece guardò dritta verso Lucy Pilgrim. “Salve, Lucy, come sta?”

      “Susan, è un piacere vederla. Grazie di questa chiacchierata con me.”

      “Be’, ha dalla sua un campione, con l’ex senatore della Florida. Lui non accetta un no come risposta, a quel che ho capito.”

      “Io e Stephen ci conosciamo da moltissimo.”

      Susan fissava lo schermo. Lanciò un’occhiata a Kat, pensando di presentarla, e poi cambiando idea. Che senso aveva prolungare le carinerie?

      “Lucy, in cosa posso esserle utile? Sono la presidente degli Stati Uniti, come penso che probabilmente sappia. Non sono io a fare le leggi. Non ha senso fare pressioni su di me.”

      Lucy scosse la testa. E così Susan vide l’effetto di quel leggero movimento sul corpo della donna. Parve che la sua intera figura seguisse lo scuotimento del capo e poi continuasse per qualche altro secondo. L’effetto era sottile ma evidente. E quasi sicuramente contemporaneo al lavoro dei farmaci per controllare i tremori.

      Susan sospirò. La vita. Andava così. Era molto, molto bello avere soldi, ma la salute costituiva la vera ricchezza.

      “Susan, voglio solo farle sapere quello che stiamo facendo, e vedere se ci sono punti di incontro in cui potremmo trovare giovamento l’una all’altra.”

      “Lucy, magari non se n’è accorta, ma adesso mi trovo in mezzo a una crisi internazionale.”

      Lucy annuì. “E penso che la stia gestendo meravigliosamente. Ho seguito il suo discorso al notiziario poco fa. Sono rimasta colpita come sempre dalla sua abilità nell’inoculare emozioni potenti nella connessione con la gente. Ma, come tutte le crisi, anche questa passerà. E i nostri problemi interni saranno ancora lì. Le crisi internazionali non fanno sparire i problemi interni.”

      “Né viceversa,” aggiunse Stephen Lief con un certo disagio.

      “Esatto,” disse Lucy.

      Susan quasi sorrise. Era una cosa molto simile a uno sketch di un programma comico notturno.

      “Ok,” disse. “Sentiamo.”

      Lucy si lanciò.

      “Susan, sono cambiati i tempi da quando io e lei, soprattutto io, eravamo giovani. Magari non ci pensa quotidianamente perché la cosa non sembra avere rilevanza per lei, ma ci troviamo per le mani una bomba a orologeria demografica e culturale. Con ogni prossima generazione, donne bianche in quella che chiameremo età feconda continueranno a rimandare la decisione di avere figli. Donne della cosiddetta generazione X hanno rappresentato una svolta radicale col passato – una ogni sei ha scelto di non avere figli. La cosa sarebbe uno sviluppo notevole di per sé, se fosse temporanea. Ma le cosiddette donne Millennial apparentemente raddoppieranno questa cifra, e rimandano pure il matrimonio. La situazione peggiora a mano a mano che scendiamo con l’età. Le ragazze delle superiori, se interpellate sul desiderio di avere figli, mettono la cosa molto in basso nella loro lista delle priorità. Il matrimonio si trova in fondo alla lista.”

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