Regno Diviso. Джек Марс
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“Comunque, ecco una buona notizia,” disse Gunner cambiando istantaneamente argomento. Era capace di fare anche questo – metterti in posizione disperata e poi improvvisamente lasciarti andare. Era un po’ un gioco del gatto col topo.
“Racconta,” disse Luke.
“Lo sai che la nonna e il nonno adorano sciare. Be’, andiamo nell’appartamento che hanno in Colorado per qualche giorno. Quindi sarà bello. Sciare mi piace.”
Luke annuì. Non riusciva a immaginare quanto riuscissero a sciare a questo punto i genitori di Rebecca, ma vabbè. “Quando partite?”
“Stasera,” disse Gunner. “Quindi perdo un altro giorno di scuola. Lo sai come sono. Pensano che la scuola sia per i poveri.”
Luke sorrise. Gunner aveva intuizioni affilate come rasoi. Era come se potesse farsi strada nella mente della gente per darci un’occhiatina. Luke ripensò a Boudiaf, che cercava disperatamente di far lasciare la città alla famiglia. La famiglia di Luke – una sola persona – se ne andava, guarda caso. Era proprio un bene. Qualsiasi cosa dovesse accadere, almeno Gunner non sarebbe stato nelle vicinanze.
Oltre, sullo schermo televisivo apparve il viso di Susan. La telecamera si allontanò per fare una panoramica, prendendola a figura intera, lì sul palco. Indossava ancora il tailleur azzurro della mattina. Con la mente, Luke se la immaginò scendere dal letto nuda, nell’oscurità che precede l’alba, per affrontare un’altra giornata provante. Sospirò.
Sullo schermo, Susan era più bella che mai, forse meno formale che in passato. Meno presidenziale? Si poteva dire così. La telecamera si allontanò ulteriormente, mostrando la sala stampa gremita della Casa Bianca.
Luke fissò la stanza. Venne inondato da sensazioni, ed era importante non distogliere lo sguardo. Quella era la stanza in cui si era preso un proiettile per Susan e in cui era stata assassinata Marybeth Horning. Per un istante, Luke vide la testa della Horning saltare per aria, e gli venne il prurito al fianco nel punto in cui era penetrato il proiettile.
Susan stava per parlare.
Gli occhi di Gunner saettavano avanti e indietro tra la tv e la faccia di Luke.
“Ami Susan?” disse.
“Questa è una domanda difficile a cui rispondere,” disse Luke. “Siamo entrambi adulti. Abbiamo avuto entrambi alti e bassi. Abbiamo entrambi lavori impegnativi – lei probabilmente ha il lavoro più impegnativo del mondo intero.”
“La ami come amavi la mamma?”
Luke allora guardò Gunner. Scosse lentamente la testa. “Non amerò mai nessuno come amavo tua madre. Tranne te. A te voglio bene alla stessa maniera.”
Annuì alla verità di quello che aveva appena detto. Qualsiasi cosa avessero insieme lui e Susan, ed era una cosa fantastica, ed era importante – non era uguale a quello che avevano avuto lui e Becca un tempo. Immaginava che Susan potesse dire una cosa simile su lei e Pierre. Tanto di cappello a un tredicenne per averglielo chiarito.
Sullo schermo televisivo, Susan avanzò verso i microfoni.
“Buongiorno,” disse.
CAPITOLO OTTO
12:15 ora della costa orientale
Sala stampa
Casa Bianca, Washington DC
“Buongiorno,” disse Susan. “Non ho molte informazioni per voi, quindi sarò breve.”
Era sul palco. Guardava una cinquantina di giornalisti e più o meno altrettanti fra telecamere e microfoni, cosa che sapeva avrebbe portato il suo volto e le sue parole quasi in ogni angolo del globo. Da molto tempo aveva smesso di preoccuparsene.
Per un breve momento, lasciò vagare lo sguardo per la stanza. Era una tetra mattinata invernale. Pareva che la gente non avesse voglia di starsene lì. Nemmeno lei. Le notizie erano brutte, e non voleva essere lei a darle. Ma la situazione richiedeva leadership, e così…
“Come tutti sapete, circa alle quattro del mattino, alle undici secondo l’ora locale, un aereo charter si è schiantato avvicinandosi all’aeroporto di Sharm el-Sheikh sulla penisola del Sinai, in Egitto. A bordo c’erano il deputato degli Stati Uniti per il Texas Jack Butterfield così come altri nostri stretti amici, incluso Sir Marshall Dennis del Regno Unito e il console generale egiziano a Londra, Ahmet Anwar. A bordo di quell’aereo è morto un totale di ottantatré persone, inclusi ventisette americani e persone provenienti da altri dieci paesi. Non ci sono stati sopravvissuti.”
Susan fece una pausa. Le telecamere ronzavano e ticchettavano nel silenzio.
“I filmati di videosorveglianza dell’aeroporto e i nostri dati satellitari hanno ora confermato quello che molti di noi sospettano fin dall’inizio – l’aereo è stato abbattuto da un missile terra-aria sparato dalle montagne circostanti. Condanniamo senza mezzi termini questo attentato codardo perpetrato ai danni di persone innocenti, e ci uniamo alla comunità internazionale nella determinazione di sconfiggere gli agenti del terrore.”
I reporter stavano già parlottando e borbottando, preparandosi a gridarle dietro domande. Anche se erano stati informati in anticipo che lei non avrebbe risposto.
“Facciamo le nostre sincere condoglianze alle famiglie delle vittime. I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con voi.”
A Susan si fermò il fiato in gola. Per un attimo si sorprese a trattenere le lacrime. Pensava di aver superato quel genere di cose, di essere stata tanto indurita dalle tragedie che le emozioni non l’avrebbero più riguardata. Ma si sbagliava. Lo schianto di quell’aereo, la perdita subita dalle famiglie dei passeggeri, aveva innescato in lei qualcosa – la perdita di tantissime persone negli ultimi anni, le sue perdite, e la paura di altro in arrivo.
Le venne in mente un’immagine improvvisa – quella di sua figlia Michaela, sotto tiro, legata e assicurata a una passerella di quasi cinquanta piani su Los Angeles. La scacciò. Venne sostituita dalla brevissima, fuggevolissima immagine di un’esplosione sottoterra, una grossa porta d’acciaio che scoppiava e le fiamme che inglobavano l’uomo dei servizi segreti che camminava appena davanti a lei – il disastro di Mount Weather.
Adesso nella stanza la fissavano tutti.
Smise di seguire il discorso preparato e proseguì improvvisando. “In senso molto reale, non siamo solo con voi, ma noi siamo voi. Non per minimizzare il dolore personale di qualcuno, ma di recente tutti noi abbiamo passato le pene dell’inferno. Abbiamo perso famiglie, abbiamo perso amici – io ho perso alcuni dei miei migliori amici sulla Terra – e abbiamo perso la sensazione del sicuro e sensato mondo che un tempo avevamo. Ma riotterremo quella sensazione, e la passeremo ai nostri figli e ai nostri nipoti. Queste atrocità terroristiche si fermeranno!”
Quasi involontariamente, alcuni giornalisti e operatori televisivi si misero ad applaudire.
“Ancora non sappiamo chi siano stati i perpetratori di questo attentato. Ma prometto a tutti i qui presenti e a tutti nel mondo che lo scopriremo, e che a quel punto agiremo repentinamente per consegnarli alla giustizia. Vi ripeto anche che stiamo lavorando sodo, insieme a molti alleati e amici, per creare un mondo in cui incidenti