Natale Nell'Abbraccio Del Duca. Amanda Mariel

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Natale Nell'Abbraccio Del Duca - Amanda Mariel

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vostro sicuramente lo farà.”

      Marina si allontanò e sollevò la valigia dal letto. Liberando un respiro che non si era resa conto di aver trattenuto, alzò il mento e uscì dalla stanza.

      Una silenziosa speranza si fece luce nel suo cuore mentre si dirigeva verso la carrozza in attesa. Una speranza per il futuro, quello che avrebbe condiviso con suo figlio.

      CAPITOLO 1

      Chishire Inghilterra, 1812

      La carrozza rimbalzò e ondeggiò lungo una stradina innevata nell’Inghilterra settentrionale. “Ahi!” Marina premette una mano sulla sua piccola schiena dolorante mentre il cocchiere fece ancora un altro tuffo nella strada. Aveva viaggiato per giorni con solo un po’ di pausa. Il viaggio avrebbe lasciato indolenzito chiunque, ma immaginò che fosse ancora più difficile per una signora nelle sue condizioni.

      IL padre aveva dato ordine al cocchiere – un uomo che Marina non aveva mai incontrato prima – di fermarsi solo se strettamente necessario e questi aveva preso la cosa alla lettera. L’unica volta in cui le era stata concesso di scendere dalla carrozza fu quando si dovette cambiare i cavalli. Aveva dormito, mangiato e si era persino alzata in piedi nel suo piccolo spazio. La mente le si ribellò, la nausea aumentò al pensiero di arrivare da sua zia.

      Per quanto fossero orribili le sue condizioni, sicuramente sarebbe stato molto peggio una volta arrivata a casa di zia Teresa. Non aveva mai incontrato una donna più compassata, severa e fredda. Una volta, quando Marina aveva solo dieci anni, era stata sorpresa a rubare un pezzo di una crostata dolce mentre era in visita da sua zia. La donna l’ aveva punita con la cinghia . Dopo averla picchiata, aveva costretto la bambina a trascrivere versetti della Bibbia sul il peccato di rubare e a pregare per il perdono.

      Marina sospirò mentre si massaggiava dei piccoli cerchi sulla schiena palpitante. Poteva a malapena immaginare come sua zia l’avrebbe messa in riga per la trasgressione di cui si era macchiata. Di sicuro sua zia la vedeva come un’ atea, incinta e non sposata, una specie di eretica!. E se zia Teresa l’avesse picchiata di nuovo? Un freddo terrore invase Marina. Avrebbe potuto perdere il bambino.

      No. Non avrebbe permesso una cosa del genere! Marina disprezzava Lord Banfeld per il ruolo che aveva rivestito nella sua disgrazia, ma amava il suo bambino, voleva essere la madre di quel bambino! Tolse la mano dalla schiena e la appoggiò sul ventre rotondo. In qualche modo, avrebbe trovato un sistema per difendere entrambi.

      Improvvisamente, delle urla riempirono l’aria seguite dai nitriti spaventati dei cavalli e dalle maledizioni rabbiose del cocchiere. Il cuore le si fermò in gola mentre si teneva salda al sedile. La carrozza si spostò brutalmente da una parte all’altra. Un gridò le sfuggì dalla gola mentre il cocchiere frenava i cavalli. Con lo stomaco in gola, allungò una mano tremante per aprire la tenda. Guardò il paesaggio innevato, e fermò lo sguardo su un gruppo di tangheri “Che il cielo mi aiuti! “

      Gli uomini indossavano abiti strappati e sporchi, e il loro comportamento caotico le permisero solo di fare delle supposizioni. Impotente non potè fare altro che fissarli, mentre continuava a studiare il paesaggio. Un uomo afferrò forte le briglie del cavallo mentre l’altro brandì una pistola contro il cocchiere.

      “Sta per sparare, devo fare qualcosa “ . Marina lasciò ricadere la tenda sulla piccola finestra. Non poteva rimanersene seduta e aspettare di essere derubata, o peggio. Cominciò a muoversi verso la porta della carrozza, poi si bloccò. Un improvviso violento rumore di sparo che veniva da fuori la fece sobbalzare.

      “ Sparano! “. IL sangue le si congelò nelle vene a questo pensiero.

      Prima che potesse reagire, la portiera della carrozza si spalancò e uno dei banditi salì verso di lei.. Con il cuore che le batteva, si appiattì nell’ angolo interno della carrozza, premendo la schiena contro la parete.

      L’uomo sudicio sorrise, mostrando denti gialli e storti. “Ho proprio voglia di divertirmi con te.”

      Marina scosse la testa mentre si appiattiva ulteriormente contro la parete..

      “Non fare la timida, tesoro. Ti prometto che ti piacerà quello che ho in serbo per te.” L’uomo entrò nella carrozza.

      “No, aspetta.” Il panico riempì la voce di Marina, le sue viscere tremavano per l’intenzione che lesse sul ghigno dell’uomo e ,sì, stava per violentarla! “Per favore non toccarmi. Ti darò tutto quello che ho, solo non mi fare del male! “Fu solo dopo che ebbe pronunciato queste parole che si rese conto di non avere alcunchè per frenare gli istinti malvagi di quegli uomini.

      Avrebbe dovuto combattere. Trovare un modo per fuggire da loro. Ma come?

      “Voglio quello che si trova sotto quelle belle gonne.” L’uomo afferrò il suo copri abito, tirando la gonna verso l’alto. “Fai la brava ragazza e vedrò di non farti troppo male.”

      Marina si ricacciò la gonna sulle gambe, il cuore le batteva così forte da minacciare di esploderle nel petto. “Per favore fermati. Sono incinta.”

      Lui si avvicinò, appoggiando la coscia contro quella di lei e allungandosi verso il suo seno. “Allora mi aspetto che tu mi tratti come una donna esperta.”

      Gli strappò via la mano dal seno. Come aveva potuto pensare che quell’ animale si sarebbe preoccupato delle sue condizioni? Girò lo sguardo per tutta la alla carrozza alla ricerca di qualsiasi cosa potesse impugnare come arma.

      “Vieni amore. Non farmi chiamare Chester qui per tenerti ferma.” Afferrò di nuovo il suo copri abito e strappò il corpetto ,mettendo a nudo il seno.

      Chiudendo gli occhi, Marina strinse i pugni e cominciò a pregare. “Posa il tuo sguardo su di me. Dammi la forza e il coraggio per salvare me e il mio bambino “

      . Aprì gli occhi e poi agitò i pugni pazzamente, scagliandosi sulla faccia, la testa e il petto dell’uomo.

      Quello rise, afferrandole le mani e alzandole sopra la sua testa. “Una donnina pepata, sì.”

      Una lacrima scivolò lungo la guancia di Marina mentre l’uomo premeva la coscia tra le sue gambe. Mentre lui tentava di aprirle le gambe un’idea si formò nella sua mente. Si sforzò di rilassarsi, di concedergli un po’ di terreno, poi sollevò il ginocchio e l scagliò contro l’ inguine di lui..

      “Puttana.” L’uomo si stese sul pavimento della carrozza e rotolò in posizione fetale.

      Con una disperazione che le scoppiava da dentro Marina incespicò verso la porta e si lanciò. Quando i suoi piedi scivolosi colpirono il terreno ghiacciato, cominciò a correre. I suoi piedi incespicavano nella neve mentre fuggiva verso i boschi.

      “Non la passerai liscia. Ti congelerai là fuori.”

      Il suono dei passi che la seguivano continuò, ma non osò guardarsi indietro per paura di perdere l’equilibrio ed essere riacciuffata.

      “Da brava fatti prendere. Ti scalderò io.”

      Si infilò in una fitta vegetazione e in cespugli spinosi. Con la mano cercò di farsi strada per impedire agli arbusti di schiaffeggiarla e graffiarla, e ciò fece bruciare e pungere la sua pelle. Eppure , correva con tutta la forza che aveva. Scorgendo una caverna semi nascosta in una piccola collina, si diresse verso di essa. “Prega, che non ci sia un animale famelico nascosto all’interno.” Con quel pensiero, cadde in ginocchio e strisciò dentro.

      Marina cercò di calmare

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