Assassino Zero. Джек Марс

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Assassino Zero - Джек Марс Ein Agent Null Spionage-Thriller

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potrebbe essere un messaggio, dopo tutto”, concluse Strickland mentre camminava per la sala conferenze.

      Era l'unica ipotesi che sembrava aver senso in quel momento; un attacco a una città così piccola non poteva che essere un tentativo di far apparire i propri bersagli come casuali per seminare panico e confusione. “Ma se fosse così, cosa accadrebbe se arrivassero a New York City? O a Washington, DC?”

      Strickland smise immediatamente di camminare. “In poche parole, ci stanno minacciando. Ci stanno dicendo che il loro prossimo attacco potrebbe essere ovunque. In qualsiasi momento”.

      “Finora le autorità locali non sanno dare una spiegazione a ciò che è successo”, annunciò Maria. “Sembra che nessun altro oltre a noi stia collegando l'accaduto all'attacco all'Avana, per ora”.

      “Ma non appena lo faranno”, aggiunse Zero, “nessuno si sentirà al sicuro”. Già immaginava lo scenario in cui una semplice passeggiata lungo una strada trafficata potesse concludersi con un attacco ad ultrasuoni. Senza sapere cosa stesse succedendo, da dove venisse o come fare per fermarlo.

      Era un pensiero terrificante.

      Il tablet di Maria squillò all'improvviso. Zero riuscì a scorgere una chiamata in arrivo sul server crittografato della CIA, ma sul display si leggeva esclusivamente la scritta “SICURO”.

      Maria fece un sospiro e rispose. Era una videochiamata; improvvisamente apparve una donna bruna vestita elegantemente, solenne come una statua.

      “Vicedirettore”, disse la donna.

      “Signorina Halpern”.

      Zero non riconobbe il volto della donna, ma conosceva il nome; Tabitha Halpern era il capo di stato maggiore della Casa Bianca sotto il presidente Rutledge. E conosceva abbastanza bene lo sfondo dietro di lei. Era seduta nella Stanza delle Decisioni, un posto in cui si era trovato molte volte prima di allora.

      “Qui con me c'è il presidente”, disse Halpern. “Vorrebbe dirle alcune cose”. Poi ruotò lo schermo fino ad inquadrare Jonathan Rutledge, seduto a capotavola. Indossava una camicia bianca con le maniche raccolte fino ai gomiti, una cravatta blu annodata al collo e un'espressione stanca sul viso.

      “Signor presidente”. Disse Maria. “Mi dispiace che si debba trovare in quella stanza per due volte in un giorno”.

      “Quindi ha sentito?” Disse Rutledge, saltando le formalità.

      “Sì, signore. Proprio ora”.

      “È lui l'uomo dietro di lei? Vorrei parlargli”.

      Zero non si era reso conto di essere parzialmente inquadrato dalla fotocamera e se avesse saputo che avrebbe fatto una videoconferenza con il Presidente, avrebbe indossato qualcosa di più elegante di una maglietta e una giacca leggera. Maria gli passò il tablet e lui lo tenne di fronte a sé.

      “Quindi sei tu l'uomo che chiamano Zero”, disse semplicemente Rutledge.

      “Sì, signore, signor Presidente”, rispose lui con un cenno brusco. “È un peccato doverci incontrare in queste circostanze”.

      “Già”. Rutledge si massaggiò il mento. C'era qualcosa in lui che sembrava… beh, a Zero sembrava non proprio presidenziale. Sembrava perso. Sembrava un uomo spaesato. “Hai visto il video dell'attacco, agente?”

      “Si, signore. Proprio ora. È terribile a dir poco, ma è la prima parola che mi viene in mente”.

      “Terribile. Già”. Il Presidente annuì con sguardo perso e lontano. “Ha figli, agente Zero?”

      Era una domanda strana, soprattutto se posta a un agente segreto la cui identità doveva essere riservata, ciò nonostante Zero gli disse: “Sì. Due figlie”.

      “Anch’io. Di quattordici e sedici anni”. Rutledge appoggiò i gomiti sul tavolo e guardò Zero negli occhi, per quanto possibile attraverso una fotocamera. “Ho bisogno che trovi queste persone. Che trovi quest'arma. Che metta fine a tutto questo. Per favore. Non può accadere di nuovo”.

      Anche in circostanze normali, e non era certo questo il caso, Zero non avrebbe mai potuto rifiutare un ordine del Presidente degli Stati Uniti. Tuttavia, non aveva bisogno che Rutledge lo implorasse di affrontare l'operazione. Da quando Maria aveva annunciato un attacco al suolo americano aveva capito che non avrebbe potuto sottrarsi all'incarico. Era scritto nel suo DNA; se avesse potuto fare qualcosa al riguardo, l'avrebbe fatto.

      “Lo farò”. Poi diede un'occhiata a Strickland e si corresse. “Lo faremo, signore”.

      “Bene. E dì a Johansson di mettere tutte le risorse possibili a tua disposizione”.

      Zero si accigliò; era una strana affermazione, probabilmente destinata più a Maria che a lui.

      “Buon lavoro”, disse Rutledge, e concluse bruscamente la videochiamata.

      Zero restituì il tablet a Maria, che immediatamente controllò gli aggiornamenti in arrivo dal Kansas.

      Strickland sospirò. “C'è solo un problema. L'Avana ora è un vicolo cieco, e se possono viaggiare così velocemente come hanno fatto, probabilmente non ci sarà nulla in Kansas. Abbiamo ancora meno tra le mani rispetto a prima”.

      “Questo non è del tutto vero”. Disse Maria alzando gli occhi dal tablet. “Un testimone oculare a Springfield, un uomo anziano, ha riferito di aver superato una donna per strada pochi istanti prima dell'attacco: una donna bianca con dei capelli rosso vivo. Proprio come a Cuba. E quest'uomo afferma di averla sentita parlare russo in una radio”.

      “In russo?” Ripeté Zero. Non avrebbe dovuto sorprendersene, dopo tutto quello che era successo nell'ultimo anno e mezzo. Ma le trame precedenti avevano coinvolto cabale segrete, enormi somme di denaro, persone potenti. Questa volta non sembrava esserci niente di simile, e non riusciva ad immaginare alcuna ragione per quell'attacco ad eccezione di una sorta di desiderio di vendetta.

      “Anche così”, sottolineò Strickland, “sapere di una ragazza russa con i capelli rossi non restringe di molto il campo d'azione”.

      “Hai ragione”. Maria tirò fuori il cellulare. “Ma qualcos'altro può aiutarci”. Premette un pulsante e poi disse al telefono: “Sto scendendo. Ho bisogno dell’OMNI”.

      “Che cos'è l’OMNI?” Chiese Strickland precedendo Zero.

      “È … complicato”, disse Maria in modo criptico. “Vi faccio vedere”. Si alzò dalla sedia, portando con sé il tablet mentre si dirigeva verso la porta.

      Zero sapeva che “scendere” probabilmente significava andare al laboratorio di Bixby, il braccio sotterraneo di ricerca e sviluppo dell'Agenzia Centrale di Intelligence. Erano già in un piano sotterraneo e l'eccentrico ingegnere era l'unico a trovarsi sotto di loro, almeno per quanto ne sapeva Zero.

      Ormai sapeva anche che non sarebbe tornato a casa, non avrebbe cenato con le sue ragazze. Una volta usciti nel corridoio vuoto, disse: “Aspettate. Posso fare una chiamata?”

      Maria esitò, ma annuì. “Va bene. Ma fai in fretta. Ci vediamo agli ascensori”. Entrambi si diressero verso il corridoio mentre Zero tirava fuori il suo cellulare, insieme alla piccola tessera bianca che gli aveva dato Strickland.

      Stava per far partire la chiamata, ma all'ultimo cambiò

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