Per Sempre È Tanto Tempo. Morenz Patricia
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«Adesso arrivo» è l’unica cosa che riesco a dire.
Mi cambio la maglietta, respiro profondamente preparandomi per una predica di mio padre per aver gridato contro la sua nuova mogliettina. Mi avvicino alla tavola già pronta e mi siedo mentre Elena tira fuori qualcosa dal forno.
«Sai» commenta papà «ti ho dato del tempo perché ti abituassi di nuovo alla casa, ma credo che d’ora in poi potresti iniziare ad aiutare. Inoltre, così ti distrai un po’.»
«Come? Aiutare in cosa?» lo sfido.
Perfetto, ora devo guadagnarmi vitto e alloggio. Non che io sia pigra, ma questa non la sento più casa mia.
«Aiutare Elena a cucinare la cena o preparare la tavola, ogni tanto lavare i piatti o qualcosa del genere.»
«Cosa?! Aiutare Elena? Sei pazzo!» entrambi si guardano imbarazzati. Lei non ha pronunciato una parola finora, ma sicuramente gli ha raccontato la nostra piccola discussione di poco fa.
«Lascia perdere, Charles. Credo abbia bisogno di più tempo» si rivolge a mio padre.
«Non ho bisogno del tuo aiuto» le ribatto.
«Jocelyn, non essere scortese. Elena vuole solo aiutare, entrambi vogliamo aiutarti.»
«Sapete una cosa? … va bene, darò una mano. Per non essere in debito con uno di voi due» gli faccio notare.
«Possiamo cenare in pace, per favore?» protesta papà, sconfitto, mentre Elena fa un cenno di assenso e inizia a servirci.
Mi fa schifo dover mangiare ogni sera qualcosa preparato da questa donna. Sono sicura che il suo cibo piacerebbe a chi non la conosce, ma io riesco appena a digerirlo. E ora vogliono che io la aiuti a prepararlo. Aiutavo sempre mia madre in cucina, era il nostro momento da condividere insieme, se anche la nonna partecipava, la cucina si trasformava in un parco giochi. Niente di più lontano da quello che sarebbe questa piccola esperienza con questa donna.
La osservo di sottecchi prendere con la forchetta un po’ di lasagne, le sue mani magre e le unghie color uva, come il vino rosso che beve mio padre ed è allora che questo piccolo dettaglio che prima non avevo notato si dimostra minaccioso. Lei non ha bevuto una goccia di alcol, né mio padre glielo ha offerto da quando sono qui. Va bene, forse sono paranoica, ma ho visto un paio di foto dove entrambi tengono in mano un bicchiere di vino brindando a chissà cosa. Smetto di pensare sciocchezze e mi concentro sul finire la mia cena. C’è un silenzio di tomba interrotto solo dalle posate che sbattono contro i piatti.
«Jocelyn, vogliamo parlare con te di una cosa importante» inizia papà «sappiamo che questo non è facile per te.»
Allora prende la mano di Elena e il mio stomaco si rivolta.
«No, non lo è» ammetto sprezzante.
«Lo sappiamo, figlia mia, e per questo non do importanza a tutti questi tuoi comportamenti negativi, ma voglio chiederti per favore di non sfogare la tua rabbia con Elena.» Sì, gli ha raccontato tutto. La fulmino con lo sguardo e lei abbassa gli occhi.
«Lei deve stare tranquilla, voglio che cerchiamo tutti di essere una famiglia» sento i miei occhi riempirsi di lacrime, «soprattutto adesso.»
Tutto il mio corpo si paralizza aspettando le sue prossime parole. Non so come, ma lo so prima che lo dica.
«Elena è incinta, avrai un fratello o una sorella, Lyn.»
Sento i muri chiudersi intorno a me e inghiottirmi, sbuffo così forte che mi viene la nausea.
«Stai parlando seriamente?!» mi alzo dalla sedia facendola cadere a terra. «Non ti è bastato sposarti con lei? Ora la metti incinta e speri che io accetti tutto questo e giochi alla famiglia felice. No!» grido impazzita.
«Non sto dicendo questo» esclama papà alzando anche lui un po’ la voce, «voglio solo che tu dia un’opportunità ad Elena e che troviamo il modo per andare avanti tutti insieme.»
«Questa non è la mia vita, papà …» sussurro atterrita. «Non è la vita che voglio!!! Non voglio alzarmi e vedere ogni giorno la puttana che hai sposato che porta in grembo tuo figlio!»
«Scusati subito con Elena» papà sembra sul punto di picchiarmi, ma io non desisto.
«Non ci penso proprio! Non penso di scusarmi a dire la verità!» corro nella mia stanza e chiudo la porta con tutte le mie forze.
Posso sentire i passi di mio padre che salgono le scale e quelli di Elena dietro di lui.
«Jocelyn! Apri questa maledetta porta!» urla fuori di sé, mentre io affondo il viso nel cuscino per soffocare i miei singhiozzi.
«Lasciala stare, Charles. Lascia che si calmi» lei dice a papà tentando di tranquillizzarlo ed è quello che mi dà più fastidio, il ruolo di mediatrice che vuole adottare, so che è falso, deve esserlo.
«Va bene … ma domattina mi aspetto queste scuse» sentenzia mio padre prima di allontanarsi dalla porta.
«Aspetta e spera,» penso.
Perché c’è così poco ossigeno in questa maledetta stanza? Mi sto asfissiando. Sento la necessità di uscire, ma non so dove andare, non ho nessuno a cui rivolgermi. Penso di scappare e andare a trovare Jake, ma ancora non è il momento giusto. Poi ricordo le parole di mia zia.
«Chiamami se hai bisogno di me, non importa l’ora», ma la verità e che non riesco a parlare e la farei solo preoccupare.
Decido di affrontare da sola tutto questo, così tiro fuori il mio quaderno giallo dallo zaino e mi metto a scrivere, non so nemmeno cosa, so solo che le parole che non riesco a esprimere a voce alta si riversano dalle mie dita sulla carta, come le lacrime dai miei occhi.
Con gli auricolari a volume massimo mi addormento ascoltando “Unsteady” degli X Ambassadors. Quanto mi manchi mamma.
***
Sento un movimento nel corridoio anche prima di poter aprire gli occhi. Sicuramente mio padre si sta preparando per andare al lavoro, con Elena che gli ronza intorno come un’ape nel suo alveare, l’immagine mi fa venire i brividi.
So che devo alzarmi, ma non trovo alcuna motivazione per farlo.
Davvero so che non posso rimandare ancora questo momento, devo scendere al piano di sotto e affrontare la mia nuova vita. Quando faccio la mia comparsa in cucina, entrambi stanno facendo colazione in silenzio. Non dico una parola e mi siedo a tavola, aspettando che qualcuno parli.
«E quindi …?» grugnisce papà «Stiamo aspettando.»
«Cosa?» faccio finta di non capire.
«Le tue scuse. Suppongo che tu abbia riflettuto durante la notte, quindi non uscirai da qui finché non le avremo ascoltate.»
Solo l’idea di passare tutta la giornata rinchiusa con questa imitazione di matrigna, mi provoca l’emicrania, non devo sentirlo davvero per dirlo, giusto? Se così posso uscire da questo mondo parallelo dove tutto fa schifo lo farò, che importa. Mi schiarisco la gola prima di scagliare le parole che bruceranno appena pronunciate.