Per Sempre È Tanto Tempo. Morenz Patricia
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Читать онлайн книгу Per Sempre È Tanto Tempo - Morenz Patricia страница 6
«Mi dispiace per ieri sera» chiarisco senza guardare nessuno dei due e senza molta convinzione nella voce. Mio padre mi osserva per un attimo.
«Va bene … per ora accetteremo le scuse, anche se so che in realtà non ti dispiace» inizia ad alzarsi in piedi «sbrigati, non voglio che arrivi tardi, buona giornata, ci vediamo a cena.»
Termino di fare colazione e ho appena il tempo per qualche respiro profondo e prendere il mio zaino, voglio davvero uscire da qui. Non saluto nemmeno Elena quando le passo accanto e corro in strada, ma mi fermo di colpo quando vedo Jake vicino casa mia. Mi sta aspettando?
Riesco quasi a sentire un sorriso che si affaccia sulle mie labbra, ma prima devo essere sicura che non è un sogno. I nostri occhi s'incrociano e lo vedo raddrizzare la postura. Si ravvia i capelli con un gesto nervoso della mano. Mi avvicino lentamente, non smette di osservarmi. Mi pento di non essermi truccata per nascondere le occhiaie e la mia faccia insonne. Avrei dovuto rubare il correttore a Elena, che sicuramente ne usa molto.
«Puoi fare con calma un altro giorno, perché credo che oggi siamo un po’ in ritardo» commenta serio, ma nascondendo un sorriso.
«Possiamo arrivare in tempo» lo sfido.
«Ah, sì? Come?»
«Propongo una corsa, a partire da adesso!» parto sparata mentre lui impiega un paio di secondi per capire cosa ho appena fatto.
Da bambini lo facevamo sempre quando eravamo in ritardo o quando semplicemente ci annoiavamo. Mi sento così viva di nuovo, ho di nuovo nove anni e la mia unica preoccupazione è prendere buoni voti a scuola e avere tempo per stare con il mio migliore amico.
Sento le sue lunghe gambe dietro di me, le sue scarpe contro il marciapiede quando mi raggiunge e alla fine mi sorpassa.
«Mi dispiace … forse un altro giorno ti lascerò vincere» ripete le parole che diceva sempre da bambino.
Per niente seccata di avere perso, voglio solo lanciarmi su di lui e abbracciarlo affinché tutto torni a essere come prima. Entrambi sorridiamo mentre riprendiamo fiato, quando vediamo avvicinarsi l’autobus giallo. Cerchiamo di respirare normalmente, ma ogni volta che ci guardiamo, sorridiamo come stupidi e in quel momento mi rendo conto di quanto mi è mancato tutto questo. Non so se lui prova le stesse cose, finché mi lascia salire per prima sul bus e quando gli passo accanto, mi sussurra: mi sei mancata molto.
«Se sapessi, quanto tu sei mancato a me» penso, e prego che il mio sorriso per lui rifletta meglio ciò che sento in questo momento.
CAPITOLO 3
«Vuoi stare un po’ a casa mia?» mi chiede appena scendiamo dall’autobus nel viaggio di ritorno.
È l’idea migliore che potesse venirgli in mente, ma sicuramente Elena spettegolerà con mio padre. Ma penso, dopotutto non ha detto che sono in castigo, quindi perché no.
«Va bene» rispondo timidamente. «Possiamo fermarci un attimo a casa mia? Lascio giù solo lo zaino e vedo se tutto è a posto.»
«Sì, certo.»
Posso andarmene senza dire nulla, ma so che mio padre ne farebbe un nuovo scandalo. Arriviamo a casa mia, o meglio, alla mia ex casa, e lo faccio entrare.
«Vado con Jake a casa sua, tornerò prima di cena» grido a Elena e mi sto dirigendo al piano di sopra per mettere giù il mio zaino quando lei m'interrompe.
«Jocelyn, non credo che tuo padre sia d’accordo, inoltre lui non so chi è.»
«Ah, scusa!» mi do un finto colpo in testa «Elena, lui è Jake, un mio compagno di scuola, inoltre è il nostro vicino. Jake, lei è Elena. Non preoccuparti per mio padre, lui conosce Jake da quando è nato.»
Non le do altre spiegazioni.
«Sì, mi sembra di averti visto da qualche parte» dice la mia matrigna.
«Piacere di conoscerla, signora» saluta Jake ed io sbuffo per la parola “signora”. «Sì, vivo a due isolati da qui, non si preoccupi per Jocelyn, io la riaccompagnerò a casa.»
La vedo dubbiosa e quando si rende conto che non può vincere, perché in ogni caso me ne andrò, desiste.
«Va bene, ma torna prima che arrivi tuo padre, per favore.»
Quasi mi scappa un “grazie”, ma poi ricordo che non ho nulla di cui ringraziarla e semplicemente la ignoro.
Mi affretto a lasciare giù le mie cose e prendo un’altra giacca dal mio armadio se per caso fa più freddo, che ovviamente lo farà, prendo il mio cellulare ed esco.
«Adesso possiamo andare» mi rivolgo solo a Jake mentre passo a fianco di Elena.
«Arrivederci?» lei vuole farsi notare, ma la guardo soltanto e proseguo per la mia strada.
«A presto» sento lui che la saluta.
Percorriamo un paio di metri in silenzio, mentre tento di tornare al buonumore che avevo prima. Davvero non abbiamo avuto un momento da soli, per poter parlare di tutto quello che abbiamo taciuto in questi anni e per questo sento una nervosa anticipazione impossessarsi del mio stomaco.
«Non ti avevo mai visto così maleducata» commenta Jake quasi divertito, «è … interessante.»
«Vuoi vederlo di nuovo?» lo sfido.
«Se è con me, no, per favore.»
«Sta zitto» lo provoco.
Passiamo oltre un altro paio di case, mentre io confronto i miei ricordi con la realtà davanti ai miei occhi. Alcune case hanno cambiato colore, altre sono semplicemente diverse. Forse ho idealizzato troppo questo luogo.
Jake cammina con le mani in tasca e lo sguardo a terra, mi ricorda me il primo giorno di scuola.
«Tua mamma è in casa?» chiedo solo per essere sicura. Se la mia non c’è, in questi anni potrebbe essere successa qualunque cosa.
«Deve essere da mia nonna, ma non tarderà ad arrivare.»
«E tuo padre continua a lavorare all’università?»
«Sì … e mio fratello ha iniziato l’università quest’anno, alla Columbia, quindi sono a casa da solo.»
«Questo è ottimo per Scott. Cosa ha deciso di studiare? E perché la Columbia?»
«Economia. Solo per sfidare mio padre. Suppongo che gli andrà bene, sai che non è solo intelligente, è anche popolare.»
«Sì, mi ricordo … E la casa sull’albero? È ancora in piedi?»
«In realtà era molto rovinata, ma Scott ed io l’abbiamo sistemata prima che andasse all’università, la vedrai.»
Arriviamo alla casa di mattoni rossi che vedevo nei miei sogni, così come la ricordavo. Potevo quasi vederci entrare per quella porta, da bambini e sederci nel piccolo giardino sul retro quando c’era il sole o fare pupazzi