La corona dei draghi. Морган Райс

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La corona dei draghi - Морган Райс L’era degli stregoni

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rivelava esattamente dove aveva pugnalato l’uomo da cui l’aveva presa.

      “Ho avuto uno scontro con alcuni ribelli l’altro giorno,” spiegò Vars, cercando di trovare una via d’uscita. “Sono stato ferito, ma non è niente di grave.”

      “Una ferita lì, e il giorno dopo non avresti più camminato,” ribatté l’uomo.

      L’altra guardia lo stava adesso fissando con un’espressione perplessa.

      “Io ti conosco,” disse.

      “Probabilmente dalla caserma,” replicò Vars, allargando le braccia e cominciando a indietreggiare.

      “No, io ti conosco.”

      “No, ti sbagli,” insistette Vars e fece qualche altro passo indietro, volendo stabilire quanta più distanza possibile fra loro.

      “Ti ho visto, mentre facevo la guardia al castello. Sei quel fantoccio che l’imperatore ha umiliato davanti a tutti. Sei il re Vars!”

      Lo affermò con una risata, ma avanzò nel frattempo.

      “Cosa ci farebbe lui qui?” replicò Vars. “Stai dicendo che somiglio a quel… quell’uomo?”

      “Non gli assomigli soltanto,” ribatté la guardia, lanciando un’occhiata al suo compatriota. “Sei lui, ci metterei la mano sul fuoco.”

      “Re Vars, fuori dal castello?” domandò l’altro e sembrò impiegare un attimo a metabolizzare il da farsi. “Prendetelo!”

      Vars se la stava già dando a gambe, spinto da un terrore che lo allontanava da quei due bramosi di acciuffarlo. Rimbalzava sui ciottoli, percorrendo le strade a tutta velocità, svoltando a una curva e poi a un’altra.

      “Fermati subito!” gridò una delle guardie alle sue spalle. Esisteva davvero qualcuno così stupido da fermarsi quando una guardia gli intimava di farlo? Forse Rodry si sarebbe voltato per cercare di combattere, ma Vars era diverso e continuò a correre verso la città, verso la salvezza.

      In teoria, avrebbe dovuto essere semplice. Quella era la sua città, il cuore del suo regno. Ogni strada di Royalsport era stata sua una volta, quindi avrebbe dovuto essere facile per lui seminare i suoi inseguitori nell’oscurità, prendere le curve e le giravolte fino a renderli incapaci di seguirlo.

      C’era un problema in tutto ciò, però: il fatto che conoscesse a memoria le strade che portavano alle case dei nobili suoi cosiddetti amici o alla Casa dei Sospiri non significava che avesse piena padronanza della cartina della città. Vars dovette tirare a indovinare, sperando di individuare i confini grazie al suo istinto.

      Intorno a lui, le case apparivano man mano più umili. A un certo punto della sua corsa all’ultimo respiro, era sfrecciato attraverso un ruscello e in un altro quartiere, ma le urla dietro di lui gli dicevano che le guardie non avevano ancora abbandonato la caccia.

      Vars non si guardò indietro. Gli idioti lo facevano, inciampavano o prendevano le curve sbagliate. Vars, invece, non aveva bisogno di altri pretesti per correre, perché la paura stava già pompando a più non posso nel suo cuore. Sfrecciò dunque, alla ricerca di una via d’uscita.

      Se quello fosse stato il quartiere nobile, forse avrebbe saputo da che parte andare, ma lì era impossibile e divenne presto preda di quel groviglio di strade. Peggio ancora, le guardie lo stavano raggiungendo. Girò un altro angolo e si ritrovò in un vicolo cieco, bloccato da carri che aspettavano di essere caricati.

      Si voltò, cercando di capire da che parte andare. Doveva forse salire su uno dei carri? Doveva forse…

      Una donna comparve su una porta. I capelli biondi le cadevano lungo la schiena e aveva un volto a forma di cuore bello in modo sorprendente. Era il tipo di donna di fronte a cui Vars si sarebbe fermato in ammirazione, se non fosse stato nel bel mezzo di una corsa per la sua vita. La mano di lei lo afferrò però, strattonandolo dentro alla porta da cui si era affacciata. “Presto, qui dentro!”

      CAPITOLO SECONDO

      Meredith della Casa dei Sospiri giaceva di schiena nel letto di Ravin; coperta dalle lenzuola e con i capelli arruffati, lo guardava mentre le dava le spalle e si esercitava con quella sua spada a due mani con indosso solo le vesti ufficiali. Come aveva fatto spesso nei giorni successivi alla morte della regina Aethe, sembrava ignorarla completamente adesso che gli aveva procurato i suoi piaceri.

      Meredith provava odio in quel momento ma, anche se Ravin era girato di spalle, cercava di non lasciarlo trapelare dal suo volto. Sapeva quanto fosse pericoloso e quanto dovesse muoversi come sul filo del rasoio da quando aveva preso Royalsport. Un’occhiata indietro mentre lei appariva come tutto tranne che una cortigiana docile e obbediente, e le avrebbe forse conficcato quella lama nel cuore.

      Una cortigiana? Meredith trattenne le risate amare. Ravin la stava trattando come la più indegna delle puttane. Aveva i suoi motivi per farlo, nonostante adesso potesse prendere qualsiasi donna del regno desiderasse. Riportava i lividi a dimostrazione dell’accaduto, e anche quelli erano parte della sua strategia per far capire alla maitresse della Casa dei Sospiri qual era il suo posto in tutto questo.

      La cosa peggiore era che se si fosse posto in modo diverso, sarebbe anche potuto piacerle. Ravin era un uomo affascinante, con quella sua barba bruna, un bel corpo muscoloso, la testa rasata e lo sguardo intelligente. Era un uomo forte, brillante e persuasivo, e Meredith capiva bene come avesse fatto a conquistare un impero. Era crudele, però. La maitresse lo aveva sperimentato in prima persona e lo sentiva anche nei rapporti ogni volta che tornava a casa; parlavano di persone lasciate morire di fame o uccise in strada per aver disobbedito.

      Ravin si fermò, appoggiando la punta della sua spada sul pavimento senza degnare Meredith di uno sguardo; eppure, era chiaro che si stesse rivolgendo a lei.

      “Dimmi,” disse. “Se potessi, mi uccideresti?”

      “Certo che no, mio imperatore,” rispose Meredith con il suo tono più docile. “Vivo per servirvi, come tutti noi.”

      Si voltò e, ora che quegli occhi erano di nuovo su di lei, Meredith avvertì un fugace brivido di paura.

      “Naturalmente una come te dice sempre quello che pensa di dover dire.”

      “Sì, mio imperatore,” replicò Meredith, abbassando lo sguardo. “Ma resta fermo il fatto che non vi ucciderei.”

      Non che non vi avesse pensato. Una delle sue ragazze si era persino offerta di farlo, nella riservatezza delle sue stanze nella Casa dei Sospiri, ma Meredith era stata costretta a spiegarle il disastro che ne sarebbe derivato, e non solo per chi lo avesse ucciso.

      Sarebbe stato abbastanza facile. Meredith avrebbe potuto tagliargli la gola nel sonno o mettergli un veleno nella bevanda, ma poi? Non vi sarebbe stata un’alternativa al trono, e dunque non avrebbero ottenuto altro che ulteriori guerre, con gli eserciti di Ravin determinati a vendicarsi mentre diverse fazioni combattevano per il controllo. Per ora, almeno, l’imperatore era ciò che si frapponeva tra loro e il caos peggiore.

      Osò alzare lo sguardo e incrociò gli occhi di Ravin ancora su di lei, impenetrabili e attenti, come stesse cercando di indovinare ogni suo pensiero.

      “Come ho detto,” aggiunse lei, “la mia Casa è lì per servirvi.”

      Ravin fece un ampio sorriso, mettendo da parte la spada. “Io ti credo; altrimenti, saresti già morta.”

      Meredith

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