Non resta che nascondersi. Блейк Пирс
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“Onestamente, un drink ci starebbe proprio bene adesso.”
“Si, ma dobbiamo parlare con questo Joseph Meissner. Pare che possa aver covato del rancore nei confronti dei Beneveti.”
“Non pensi davvero che un garzoncello li abbia ammazzati, vero? Neanche sappiamo ancora se sia stato davvero un omicidio. Non è ancora arrivato il rapporto del medico legale.”
Adele scrollò le spalle. Non lo disse, ma dentro di sé sapeva benissimo che lo era. Come un segugio che sente la traccia di un odore, lei lo sapeva. “Va bene,” disse. “Pensi che ci sia qualcuno che può portarci al bar?”
Anche la Marshall prese la sua giacca, infilandosela mentre seguiva Adele. “Ci sono golf cart che si spostano ovunque qui. Le chiavi sono giù al bancone.”
Adele resistette all’impulso di ruotare gli occhi al cielo. Golf cart a richiesta. Piscine private riscaldate accanto a campi da golf indoor. Bar privati nelle stanze. Le sembrava tutto stupefacente. Ma allo stesso tempo era anche così alieno e strano. Un modo estraneo di vivere. Però lei stessa aveva i suoi ricordi sulle piste da sci. Non erano mai venuti in un posto così bello. La sua famiglia non se l’era mai potuto permettere. Ma Adele ricordava le piste. Le belle conversazioni vicino al fuoco. I litigi di notte. Ricordava tutto.
CAPITOLO NOVE
Il Tregua tra le Rupi si trovava proprio al limitare del resort. Era un edificio a tre piani fatto di vetro e piattaforme circolari in legno. Sembrava innalzarsi su dei trampoli, ergendosi tanto da andare a sfiorare le cime degli alberi circostanti, e presentando una veduta incredibile sulla vallata sottostante. Adele e l’agente Marshall uscirono dal golf cart che avevano preso in prestito e si avvicinarono ai gradini in legno, che erano impreziositi da piccoli frammenti di pietre luccicanti che riflettevano la luce proveniente dall’alto.
Adele teneva le mani nelle tasche del giaccone e aveva il naso arrossato dal freddo, ma non poté comunque ignorare la bellezza dello scenario che circondava il bar sopraelevato.
Le montagne come sfondo, una vallata in primo piano, vetrate tutt’attorno a mostrare la meraviglia della natura. Adele salì i gradini con l’agente Marshall al seguito.
Aprì la porta del locale e si trovò davanti alcuni tavoli già occupati da dei clienti. A uno di essi era addirittura riunita una famiglia. I bambini stavano sorseggiando delle coca cole, mentre i genitori si gustavano due bicchieri di vino.
I tavoli stessi erano affascinanti. Erano fatti di vetro, con piccole pietre, levigate o lucidate, incastonate nella resina. Delle lampadine singole erano sistemate all’interno di alloggiamenti concavi nel soffitto, e illuminavano l’ambiente creando disegni luccicanti sui tavoli. Il soffitto era scuro, e con i colori riflessi assomigliava al cielo della notte. Dei lucernai lasciavano intendere che nelle notti più buie ma prive di nuvole, i visitatori potessero godersi la magnifica vista del cielo.
Per ora era ancora tardo pomeriggio e la notte non era ancora calata.
Adele si avvicinò al bancone con l’agente Marshall dietro di lei. Si sentiva un po’ fuori posto mentre si faceva strada verso il bancone e vi si appoggiava. “Mi scusi, sto cercando Joseph Meissner.”
La donna dietro al banco si voltò a guardarla, poi mise un bicchiere di fronte a un uomo robusto con un giaccone marrone. Sorrise all’uomo e scambiò con lui qualche chiacchiera prima di avvicinarsi ad Adele e all’agente Marshall. “Joseph è fuori,” disse senza tante cerimonie.
“Sa dove si trova?”
“Sta rifornendo il magazzino. Perché? Chi siete?”
“Sono l’agente Sharp. Sto indagando sulla scomparsa del signore e della signora Beneveti. Ho sentito che Joseph ha avuto qualche battibecco con loro.”
A volte l’approccio più diretto bastava ad eliminare la titubanza della gente. O almeno questo sperava Adele. Studiò la barista e la donna socchiuse gli occhi. “Joseph è un bravo ragazzo. Non c’entra niente con questa storia. E poi mi pare di aver capito che è stato l’attacco di un orso.”
“Così continuo a sentire,” disse Adele. “Sa quando Joseph sarà di ritorno?”
La donna incrociò le braccia. Non c’erano tatuaggi in evidenza. Ma Adele poté vedere dei piccoli fori, vagamente coperti con una sorta di cipria, sulle orecchie e sul naso della donna, a suggerire che quando non era di servizio, portava almeno tre piercing.
“Come ho detto, Joseph è un bravo ragazzo. E poi i Beneveti erano degli stronzi.”
Adele sbatté le palpebre. L’agente Marshall si fece più vicina.
“Molto esplicita,” disse Adele. “Le spiacerebbe spiegare?”
La donna dietro al bancone sbuffò. Si voltò, prese un paio di bicchieri e si portò all’estremità del banco, versandovi dentro qualcosa da un’alta bottiglia marrone con un’etichetta dorata. Aveva appena finito di versare che due clienti dal tavolo in fondo alla sala alzarono le mani e uno di loro esclamò: “Un altro giro, per favore.”
La donna sorrise, prese entrambi i drink e li portò al tavolo. Poi tornò indietro.
Adele aspettò con pazienza, guardandola mentre tornava verso di loro. La barista strofinò le mani sul piccolo canovaccio appeso dietro al banco. “Erano degli stronzi. Parlavano ad alta voce, erano prepotenti. Era come se fossero i padroni del posto. Il signor Beneveti me ne ha fatta passare più di una. Ovviamente non avevo il permesso di farne un grosso problema. Poi ha iniziato ad allungare le mani. Il signor Beneveti ha cercato di far licenziare diversi di noi. Anche Joseph, da quello che ricordo.”
Adele annuì. “Così ho sentito dire. Sta dicendo che il signor Beneveti le ha messo le mani addosso?”
La donna sbuffò. “Non usi la sua bocca per parlare dei miei problemi. No. Ho detto che allungava le mani. Era prepotente. Lavoro in un bar. Poche inibizioni e clienti ricchi. Danno buone mance, ma parte della mia dignità,” disse indicando verso la porta, “la lascio su quei gradini all’ingresso. Altrimenti non ce la farei mai.”
Adele fissò la donna. “Va bene, quindi i Beneveti non le piacevano.”
La barista scosse la testa. “Non c’era tanto da gradire. Ricchi stronzi. Davano buone mance, e questo è giusto. Ma se fai come loro, è facile dare mance e poi sperare che i tuoi problemi svaniscano. Non dico che non fosse carino da parte loro. Ma sì, non mi piacevano. Non piacevano a un sacco di gente.”
Adele tamburellò le dita sul bancone. “Inizio a percepire la sensazione. Bene, la vorrei ringraziare per il suo tempo. C’è nient’altro che magari ha notato? Niente di strano? Qualcuno che conosce che avrebbe potuto covare del rancore per i Beneveti?”
“Pensavo fosse stato l’attacco di un orso,” ripeté la donna.
Adele scrollò le spalle. “Sto solo mettendo i puntini sulle i. Le viene in mente niente?”
La donna fece per rispondere, ma subito la sua espressione spensierata e il suo atteggiamento senza filtri mutarono. Una maschera di preoccupazione rapidamente lasciò spazio a un’espressione docile e obbediente. Raddrizzò la schiena, tirò indietro le spalle e sorrise con cortesia. “È tutto?” chiese, con tono attento e gentile.
Adele si accigliò, poi sentì il tintinnio di un campanello alle sue spalle e si voltò a guardare.