Il Volto della Rabbia. Блейк Пирс

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Il Volto della Rabbia - Блейк Пирс Un Thriller di Zoe Prime

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di rosso e dandole la consistenza della carne in scatola.

      Zoe fissò le mani di Flynn. Non riusciva a concentrarsi sul suo viso e leggere la sua espressione, non con tutti gli angoli e i calcoli nuovi che la travolgevano ogni volta che i muscoli dell’uomo si contraevano. Ma poteva prestare attenzione al tremolio. E lo vide, non appena lui passo all’ultima foto: un tremito della sua mano che fece sussultare leggermente anche la carta. Ne era sconvolto.

      Era un bene. La paura l’avrebbe reso più facile da controllare, da zittire quando lei avrebbe avuto bisogno di tempo e spazio per riflettere. E voleva anche dire che era umano, che aveva quell’empatia di cui Zoe, a detta di tutti, era carente. In termini pratici, era un bene avere accanto una persona empatica che parlasse alle famiglie delle vittime: quando percepivano che qualcuno capiva il loro dolore, erano più disposti a dire la verità.

      Zoe prese gli altri due fogli, leggendo con attenzione le informazioni che vi erano riportate. “Anche la seconda vittima è una donna. Un’astronoma di nome Elara Vega, trovata morta nel planetario dove lavorava. Cinquantanove anni. Si presume che sia morta la sera prima del suo ritrovamento. È stata affogata in un secchio per pulire i pavimenti.”

      Queste foto mostravano una storia simile alla prima, se non esattamente la stessa. Il corpo lasciato disteso nel punto in cui era caduto, i capelli ancora bagnati. Anche la sua maglietta era stata tirata su, i bottoni inferiori erano stati slacciati per permettere all’assassino di incidere quel simbolo sulla sua pelle. Una linea dritta superiore e poi due linee parallele verso il basso.

      “Quindi non esiste una vera e propria correlazione tra le due vittime, se si esclude il simbolo,” disse Flynn. Stava esaminando con attenzione le immagini, confrontandole. “Nessuna corrispondenza in termini di luogo, metodo, tipo di donna; l’unico elemento in comune è l’età avanzata. Ma gli agenti che se ne sono occupati pensano che i casi siano collegati.”

      “È palese che lo siano,” affermò Zoe, sforzandosi di mantenere la calma. “Il simbolo è un biglietto da visita. Indica che gli omicidi sono stati commessi dalla stessa mano.”

      “Uhm.” Flynn le restituì le fotografie, guardandola mentre le riponeva nel fascicolo. “Ehi, ho sentito dire che sei nell’FBI da parecchio.”

      “Ho dieci anni più di te,” rispose Zoe. Voltò la testa per guadare fuori dal finestrino dell’aereo. Sarebbe stato perfetto se Flynn avesse fatto silenzio. Finché guardava fuori e ignorava il vetro del finestrino, poteva concentrarsi su quelle nuvole bianche e soffici, del tutto prive di numeri.

      “Hai anche avuto un sacco di partner, non è così?” domandò Flynn. “Mi hanno parlato di te quando sono stato assegnato.”

      Zoe si irrigidì. Se le avesse chiesto di Shelley, si sarebbe alzata e si sarebbe diretta verso la parte anteriore dell’aereo, fingendo di dover usare il bagno. Non voleva farlo: uno spazio così ristretto sarebbe stato pieno di numeri; le dimensioni ridotte di una stanza rimpicciolita alla grandezza di un armadio. Ma sarebbe stato meglio che parlare di Shelley. Insomma, chi mai avrebbe voluto parlare dei propri fallimenti più grandi? Soprattutto quando erano così recenti e pesavano così tanto.

      “Mi hanno detto che sei particolarmente in gamba quando si tratta di risolvere questi casi complicati,” disse. Si era avvicinato a lei, quasi impercettibilmente. Questione di millimetri. “Sei una sorta di genio o cose del genere.”

      “Davvero?” domandò seccamente Zoe; non aveva intenzione di abboccare.

      “Sì. Mi hanno detto che imparerò molto lavorando con te.”

      “Chi te l’ha detto?” domandò Zoe, voltandosi per guardarlo negli occhi. Voleva sapere chi aveva parlato di lei alle sue spalle, anche se non avrebbe fatto molta differenza. Il sorriso spavaldo sul viso di Flynn tentennò e svanì, mentre i muscoli che circondavano la sua bocca si contrassero.

      “Beh, insomma, un po’ tutti,” disse Flynn con voce insicura. Si spostò di nuovo, allontanandosi da lei e riprendendo la sua posizione precedente. “Voglio dire, magari riusciremo a risolvere velocemente questo caso lavorando insieme, no? Magari potrei gestire tutto io e tu potresti dirmi se mi sta sfuggendo qualcosa.”

      Zoe continuò a fissarlo per un istante, sbattendo le palpebre una sola volta con aria sbalordita, dopodiché si voltò per riprendere a guardare fuori dal finestrino.

      Non le piaceva questo Aiden Flynn. Era arrogante, forse anche più della maggior parte delle nuove reclute. Un novellino che non aveva ancora scoperto i propri limiti. Forse le sue origini avevano qualcosa a che fare con questa sua spavalderia. Molto probabilmente non era abituato a sentirsi dire di no.

      Non era interessata a condividere niente con lui, men che meno le sue abilità. Doveva ancora capire bene se fossero un dono o una maledizione, ma in ogni caso non voleva affatto che un estraneo ne venisse a conoscenza. Non soltanto si trattava di una cosa che non confidava a nessuno – o quasi – ma sarebbe anche stato un insulto alla memoria di Shelley. Soltanto un partner in tutta la sua carriera aveva spinto Zoe a rivelare il suo vero io.

      Questo giovane arrogante, con i suoi capelli lucenti e l’abito su misura, non sarebbe entrato nell’elenco.

      Il che significava che Zoe sarebbe stata costretta a combattere su due fronti: da un lato, avrebbe dovuto tenere a bada i numeri che minacciavano costantemente di travolgere i suoi sensi per poter risolvere il caso, e dall’altro, impedire al pivello di capire in che modo ci riuscisse.

      Zoe tenne lo sguardo fisso sulle nuvole, assaporando questo breve attimo di quiete prima della tempesta. Non sarebbe stato un caso semplice. Sperò soltanto di riuscire a risolverlo velocemente, in modo da non dover sopportare troppo a lungo questo suo nuovo partner.

      CAPITOLO SEI

      Zoe allontanò nuovamente la cintura di sicurezza dal collo, stringendola più forte. Dovette respirare profondamente diverse volte per calmare lo stomaco. Non le era mai piaciuto essere un passeggero – le faceva sempre venire il mal d’auto – ma era persino peggio con il novellino alla guida. Prendeva le curve troppo velocemente e accelerava sui rettilinei anche se si trovava in un territorio non familiare. Ogni volta che il GPS gli diceva di prendere un’uscita, era costretto a fare una curva stretta a velocità vertiginosa per riuscirci. Era un miracolo che non avesse ancora usato il freno a mano e non avesse sbandato.

      “A quanto pare siamo arrivati,” disse Flynn, allungando il collo per vedere più facilmente davanti a sé. Si erano fermati fuori dalla stazione di uno sceriffo; sembrava non esserci nessuno, a parte qualche volante parcheggiata e un solo giornalista che indossava un cappotto lanuginoso.

      Zoe fece un profondo respiro di sollievo, togliendo finalmente le mani dalla cintura di sicurezza. Anche dopo essersi fermati, la pressione che esercitava sul suo collo era sufficiente a farla sentire male. La nausea, insieme all’emicrania che continuava a tormentarla e ai numeri che affollavano la sua vista, lasciarono Zoe senza fiato e incapace di concentrarsi. Voleva soltanto sedersi, appoggiare la testa al sedile e magari dormire per un po’, ma sapeva che sarebbe stato impossibile farlo.

      Il novellino stava già aprendo la sua portiera per uscire dall’auto, quindi Zoe fece altrettanto, seppur a malincuore. Non poteva permettersi di restare indietro, non con un partner che non sapeva ancora come muoversi. Aveva già collaborato con delle reclute. Volevano soltanto mettersi alla prova e tendevano a seguire troppo la procedura. Erano riluttanti a separarsi dalla rigida struttura che avevano imparato all’Accademia. Quello le avrebbe provocato un grosso mal di testa e avrebbe innescato un sacco di discussioni. Proprio ciò di cui aveva bisogno in questo periodo.

      Raggiunse Flynn mentre era ormai arrivato alle doppie porte

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