L’alibi Perfetto. Блейк Пирс
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Quando fu certa di potersi tenere in piedi da sé, Jessie fece il giro dell’isola della cucina, portandosi davanti alla vittima per poterla vedere bene in faccia. Anche con il volto azzurrognolo e gli occhi castani vuoti e lucidi, Jessie la riconobbe dalle foto della cartella, anche se i capelli castano chiaro, che in ospedale le erano stati tagliati, ora erano molto più corti. Eppure era la donna che avrebbe dovuto incontrare domani.
“Segni di furto?” chiese sommessamente, sorpresa di sentire la propria voce. “Non è stato preso niente? Oggetti di valore? La sua borsa?”
“Per ora niente,” disse Clark.
“Dov’è il marito?” chiese Ryan.
“È in camera sua. Era piuttosto distrutto, mi è sembrato decisamente sotto shock. I medici vogliono portarlo in ospedale, ma lui non vuole andare fino a che non porteranno via il corpo della moglie. Dice che non può lasciarla qui.”
“Sappiamo se abbia precedenti?” chiese Ryan.
“Non ne ha,” rispose Jessie. “È stato arrestato durante una rissa al bar vicino al campus quando studiava all’UCLA. Ma le accuse poi sono state fatte cadere.”
“Come fai a saperlo, Hunt?” chiese Clark stupito.
“Stavo fornendo la mia consulenza sul caso delle donne rapite per un’investigatrice privata mia amica,” spiegò. “A dire il vero ho letto la cartella di Morgan proprio stasera. So tutto della formazione scolastica dei Remar, di come si sono conosciuti, quando si sono sposati, da quanto hanno gli attuali posti di lavoro. Sapevo addirittura che vivevano a West Adams. Solo che non avevo fatto il collegamento.”
“Perché avresti dovuto?” le chiese Ryan. “Voglio dire, che possibilità c’erano che fosse la stessa vittima?”
“Questa è la domanda che dovremmo seguire,” mormorò Jessie, parlando quasi a se stessa.
“Cosa stai dicendo?” chiese Clark scettico. “Che lo stesso tipo che l’ha rapita è tornato a finire il lavoro? Da quello che ho visto non sembra essere il suo modus operandi.”
“Hai ragione,” ammise Jessie. “Non lo è. Potrebbe essere una terribile e sfortunata coincidenza.”
“Oppure,” aggiunse Ryan, “potrebbe essere che il signor Remar abbia deciso di approfittare della situazione per sbarazzarsi della moglie. Con il suo rapimento, aveva tutto dalla sua parte per poter depistare i sospetti. Dovremmo parlare con lui prima che passi troppo tempo.”
“Fai pure,” disse Clark. “Il corpo non verrà rimosso prima di venti minuti almeno. Dato che non ha intenzione di andare da nessuna parte prima che ciò avvenga, avete un’opportunità perfetta.”
Li condusse verso la camera matrimoniale, dove Ari Remar sedeva sul suo letto, piegato in avanti con la testa tra le mani. Aveva un inizio di calvizie e aveva deciso di non nasconderla, ma di rasarsi in modo da lasciare solo una leggera peluria dietro alla testa. Sembrava fragile e patetico con la sua maglietta bianca e i pantaloncini, gli abiti che a quanto pareva si era messo addosso dopo la doccia.
Jessie lo immaginò andare in cucina, sperando di poter convincere sua moglie ad andare a letto dopo una lunga giornata, cercando di metterla a suo agio prima di tornare al lavoro per la prima volta l’indomani. Ma poi le entrò nella mente un’altra immagine, che non poté ignorare. Si voltò verso Clark.
“Qualcuno ha controllato la doccia?” chiese.
“Cosa intendi dire?” le chiese.
“Il team della scena del crimine ha controllato se ci sono residui di sangue sul pavimento della doccia, nello scolo o nelle tubature sottostanti?”
“Vado ad assicurarmene,” disse Clark.
“Per favore,” insistette Jessie. “Immagino che daranno anche un occhio all’immondizia per vedere se ci siano dei vestiti sporchi.”
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