Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI. Francesco Domenico Guerrazzi

Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - Francesco Domenico Guerrazzi страница 6

Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - Francesco Domenico Guerrazzi

Скачать книгу

      Marzio, inclinata la persona, usciva. Il Principe, andatogli dietro, si assicura se avesse chiusa diligentemente la porta; tira la tenda, e poi si accosta al Conte, che, maravigliando non poco di coteste cautele, lo invita a sedere, e senza far motto attende ad ascoltarlo.

      —Conte! sarà Catilina adesso, che incomincerà la sua orazione ex abrupto. Però io vi dico ad un tratto, che estimando meritamente voi uomo di cuore e di consiglio, di mente e di braccio, a voi mi rivolgo per l'una e per l'altro, e spero mi sarete cortese di ambedue.

      —Parlate, Principe.

      —La svergognata mia genitrice, incominciò costui con voce velata, vitupera con sozze opere la casa mia ed anche un poco la vostra, pel vincolo di parentela che passa fra le nostre due famiglie. La età, invece di spegnere, riarde le sue aride ossa di libidine infame. Lo usufrutto ampissimo che gode, per disposizione dello stolido mio padre, sperpera fra turpi drudi:—per tutta Roma ne corrono le pasquinate:—vedo lo scherno dipinto sopra i volti della gente:—dovunque passi mi feriscono detti oltraggiosi…. il mio sangue ribolle nelle vene… il male è a tal ridotto, che non patisce rimedio, tranne…. Or via, ditemi, Conte, che cosa io mi debba fare.

      —La clarissima donna Costanza di Santa Croce! Ma lo pensate voi? Orsù; se voi fate per giuoco, io vi consiglio a torre per lo scherzo argomenti meglio dicevoli; se poi favellate da senno, allora, figliuolo mio, vi ammonisco a non lasciarvi andare alle tentazioni del demonio, il quale, come padre di menzogna, conturba le menti con immagini false….

      —Conte, lasciamo il diavolo a casa sua. Io posso mostrarvi qui le prove manifeste, ed obbrobriose pur troppo.

      —Vediamo.

      —Udite. Essa mi abbandona, per così dire, annegato nella miseria, mentre con l'entrate di casa tira su fanti e staffieri, e uno stormo dei loro figliuoli, che si sono annidati nel palazzo peggio che rondini;—me dal suo cospetto bandisce;—di me non vuol sentire favellare;—di me, Conte, intendete, di me che non mi sarei dato un pensiero al mondo dei fatti suoi, se si fosse comportata come madre benemerita verso figlio benemerente. E, per palesarvi ogni cosa di un tratto, ieri sera giunse a cacciarmi via di casa—dal mio palazzo—dalla magione dei miei illustri antenati.

      —Avanti, ecci egli altro?

      —E parvi poco?

      —Mi pare anche troppo: e veramente, a confessarvelo in secretis, corre buon tempo che io mi sono accorto come la Principessa Costanza nutra per voi, Dio la perdoni, naturale avversione. Adesso fanno appunto otto giorni ch'ella mi tenne lungo proposito di voi….

      —Sì?—E che cosa mai vi disse cotesta sciagurata di me?

      —Metter legna sul fuoco non è da cristiano; però taccio.

      —A quest'ora, Conte, lo incendio acceso dalle vostre parole è tanto, che poco più vi potete aggiungere;—e questo comprenderete di leggieri coll'ottimo vostro giudizio.

      —Pur troppo! E poi il silenzio mi grava, imperciocchè le mie parole vi serviranno di governo, e v'impediranno di farvi capitare male. La signora Costanza dichiarò espressamente, alla presenza di parecchi insigni prelati e baroni romani, che voi sareste il vituperio della famiglia; voi ladro,—voi omicida—voi, soprattutto, bugiardo….

      —Ella disse?—E al Santa Croce, diventato per rabbia come tizzo acceso, tremava la voce.

      —E disse ancora, voi scialacquatore sciaguratissimo di ogni vostra sostanza; voi aver tolto a usura danari dai giudei sodandoli sul palazzo dei vostri illustri antenati, per cui ella ha dovuto riscattarlo del suo per fuggire la vergogna di andare ad albergare altrove;—disse avervi pagato più volte debiti, e voi commetterne quotidianamente dei nuovi, e più grossi, e più brutti che mai: voi giuocatore disperato; non darsi laidezza nella quale non vi siate ingolfato fino alla gola; di Dio spregiatore, e di ogni umano rispetto… Per ultimo, onde mettere il colmo alla brutalità vostra, aver preso a imbestialirvi col vino e con acqua arzente per modo, che spesse volte vi riportarono su di una scala malconcio della persona.

      —Disse?…

      —E a tanto essere arrivata la inverecondia della vostra vita, da non trattenervi la reverenza materna o il rispetto del luogo, di condurre nel palazzo dei vostri illustri antenati femmine di partito; con altre più infamie, che a rammentarle soltanto mi sento salire il rossore sopra la fronte….

      —Mia madre?…

      —Ed aggiunse ancora, reputarvi di ogni correzione incapace; e, per quanto al suo materno cuore riuscisse dolorosissimo, essere ormai decisa di ricorrere a Sua Santità perchè vi chiudesse in castello… a far visita allo Imperatore Adriano. In fè di gentiluomo cotesto si chiama starsi in prigione con ottima compagnia…

      —Così ella disse?… Proseguiva a interrogare il Principe con suono strozzato, mentre il Conte rispondeva con la medesima voce acre ed irritante:

      —O a Civita Castellana… a perpetuità.

      —A perpetuità!—Propriamente ella disse a perpetuità?

      —E presto;—e ciò dovere alla memoria onorata dell'inclito consorte, alla reputazione della prosapia clarissima, ai nobili parenti, alla sua coscienza, a Dio…

      —Egregia madre! Non ho una buona madre io? esclamava il Principe con voce, che tentava rendere beffarda, quantunque male potesse celare lo insolito terrore.—E i prelati che cosa rispondevano eglino?

      —Eh! voi sapete il precetto dello Evangelo? L'albero che non fa buon frutto va reciso… ed essi lo ripetono con tale una voce amorosa, che pare proprio v'invitino a bere la cioccolata.

      —Or dunque, il tempo stringe più che io non credeva. Conte, suggeritemi voi qualche consiglio… io mi sento povero di partiti…. sono disperato….

      Il Conte, crollando il capo, con voce grave rispose:

      —Qui, dove scorre la fontana di tutte grazie, voi potrete attingerne a secchi pieni. Ricorrete a monsignor Taverna governatore di Roma, od anche, se avete danari molti e senno poco, al clarissimo avvocato signor Prospero Farinaccio, che farebbe a mangiar con l'interesse.

      —Ahimè! non ho danari….

      —Veramente senza danari vi potreste volgere ai colossi di Monte

       Cavallo con maggior profitto….

      —E poi la faccenda riuscirebbe contenziosa, ed io ho bisogno di rimedii che non muovano rumore…. e soprattutto spediti….

      —E allora umiliatevi ai piedi beatissimi:—perchè avvertite bene, che nel corpo del Santo Padre ogni membro è beatissimo, e però anche i piedi et reliqua del Pontefice: lo predicano insignis pietatis vir, come Virgilio canta di Enea.

      —Domine fallo tristo! Papa Aldobrandino nacque a un parto con la lupa dell'Alighieri, che dopo il pasto ha più fame di pria. Vecchio, spigolistro, e testardo peggio di un mulo delle Marche; cupido di far roba per arricchire i suoi consorti, da provarsi a scorticare il Colosseo. Anzichè ricorrere a costui mi getterei nel Tevere a capofitto.

      —Sì, cessato il tenue sorriso ironico, riprese a dire turbato il Conte; sì, ora che penso, voi gettereste il tempo e i passi. Dopo il solenne fallo di aver dato favore alla mia ribelle figliuola contro me,

Скачать книгу