Lo assedio di Roma. Francesco Domenico Guerrazzi
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alcuna, lo mandò al supplizio.
[2] Pendant toute la route il ne cessa d'adresser au Redempteur des
prières pour l'amour de ses persécuteurs, et de reciter le
breviaire et d'autres oraisons avec le père Liebel.—
Merita altresì essere notato il caso della pisside affatto
ignoto o poco manifesto. Il Vescovo di Valenza mandò a Pio IX
la seguente lettera, la quale gli fu consegnata solo il 21
Novembre 1818.
«Santissimo Padre
«Nelle sue pellegrinazioni, massime a Valenza dove morì, il grande Pontefice Pio VI portava la santissima eucarestia sospesa al petto proprio, o su quello dei prelati che lo accompagnavano, ed egli desumeva da questo augusto sacramento luce per la sua condotta, forza nei suoi patimenti, consolazione nei suoi dolori, pure attendendo il viatico pel suo passaggio alla eternità.
«Io possiedo in modo certo ed autentico la pissidina, o vasetto, che serviva a questo così santo, pietoso, e memorabile uso, e mi attento farne dono a Vostra Santità. Erede voi del nome, della sede, delle virtù, dei coraggio, e quasi delle tribolazioni del grande Pio voi forse terrete in qualche pregio questa modesta ma pure importante reliquia, la quale, io spero, non dovrà più essere adoperata in pari uso, e nondimanco chi conosce gli arcani della Provvidenza e chi, le prove a cui Dio serva la vostra Santità?—Io prego per voi con amore, e con fede.—
«Lascio la pisside dentro il borsellino che la conteneva appunto com'era quando se ne serviva Pio VI portandola attaccata al collo.—
«Io conservo grata memoria e riconoscenza profonda della bontà vostra verso me nell'ultimo mio viaggio a Roma; degnatevi, santo Padre, aggiungervi la vostra benedizione apostolica che aspetto prostrato ai vostri piedi.»
«Valenza 15 Ottobre 1848
«Pietro Vescovo di Valenza.
Relation du voyage de Pie IX a Gaète par M. la Comtesse Spaur, nèe Giraud. Paris. Antyot 1852. p. 9 et 27.
E poi ben'altra è la ragione dello asilo che adesso fre Roma ai masnadieri della terra. Non si tratta già salvarli alla pena, al contrario, spingonsi ad uccidere e; essere uccisi; non gli accoglie dopo commesso il deliti bensì gli ordina, e li manda a tuffarsi le mani nel sangue non alla espiazione, ma alla colpa: il danaro raccolto dalla pia credulità dei fedeli a Roma si converte in istrumenti di morte; costà si fabbricano pugnali che per temperare più taglienti dopo averli arroventati nel fuoco del sacro cuore di Gesù, spengono dentro l'acqua benedetta.—Che vorrete contrapporre voi altri sacerdoti, e sacerdotali? Per avventura, che ogni partito fu sempre giudicato buono quando o si difende, o vuolsi ricuperare il proprio? Di questo a suo tempo: intanto il Papa è o no! vicario di Cristo?—È.—Badate, Cristo rampognava Pietro quando percosse Malco i! servo del sacerdote Kaiaffa: «riponi il ferro; chi di coltello ammazza conviene che muoia.» Ora, di grazia, gli è questo il Cristo di cui si chiama vicario il Papa ovvero un altro?
Veramente, che i preti a Roma si sieno fatti complici di quanti masnadieri ci vomita il mondo da loro non si nega; anzi, si ostenta senza pur darsi pensiero che a cotesto modo operando rendono aborrita quella religione sotto la quale riparano i fatti nefari. La religione, essi pongono, come Federigo Barbarossa sospese vivi i corpi dei tortonesi prigioni, intorno alle torri nello assedio di Tortona, io vo' dire perchè i cittadini cessassero il saettame, o continuando, prima di arrivare ai suoi arnesi di guerra, traferissero i petti dei congiunti: ma se taluno si attentasse negare il rapporto della commissione d'inchiesta intorno lo stato delle provincie meridionali, io noto, che ne allego i fatti non già la esposizione, la quale dice e non dice, rivela e nasconde, biasima e loda, come le balie (ho udito raccontare) un passo ella muove innanzi e due indietro… si mostra e non si mostra, pari a Bertoldo quando si presentò con un vaglio davanti la persona al re Alboino; al pane sembra che senta orrore dire pane, e sasso al sasso, la piglia larga, e poi stringe a randa, leva a cielo la giustizia e il diritto per nabissare l'una e l'altro a mo' dei saltatori, che si tirano indietro e pigliano la rincorsa per isfondare i cerchi: i diritti altrui dissimula, gli spogliati oltraggia, e sovente ti richiama al pensiero quel Fimbria, di cui narra Valerio Massimo, che ai funerali di Caio Mario investì Scevola ferendolo malamente nel volto, e poichè costui si salvava fuggendo, Fimbria imbestiato gridava volerlo accusare al popolo; di che taluno maravigliando lo interrogava, che mai potesse apporre a Scevola, e Fimbria rispondeva: «—non avermi lasciato ficcare tanto il mio stile nel suo corpo da poterlo uccidere.»
Lasciamo coteste sazievoli e vulgari compilazioni monumenti di colpa, di piaggeria, di astio, e di paura a bandire un diritto appo il quale conquiste, trattati, prescrizioni, e tutto, viene meno; il diritto del popolo, che vivendo ara, difende, e ricupera la terra ove è nato, e morendo cresce con le sue ossa la terra dove giace sepolto. Lasciamole, dico, e condiderate sola la parte compilata dal deputato Castagnola copiosa di fatti quanto sobria di parole, e vedrete quale l'opera nefaria di Roma, e quale scellerata miscela per lei si faccia di religione, e di omicidii; mirabile a dirsi! Un Romano di Gioia, il quale per errore di mente si dà ad intendere essere campione della fede e difensore del trono, conosciuti tardi i compagni suoi, così lasciava scritto nei suoi ricordi: «siccome in questi era unicamente il pensiero di rubare…. cominciarono ad agitarsi contro di me dicendo:—noi siamo usciti in campagna e siamo chiamati ladri, dunque dobbiamo rubare, e se il nostro capo non fa come noi, mala morte farà, oppure rimarrà solo.» E tuttavia cotesti compagni suoi pigliavano nome di Giurati alla fede cattolica; con sacramento obbligavansi a difendere mediante la effusione di sangue Dio, il sommo Pontefice Pio IX, Francesco II re delle due Sicilie, ed a combattere i ribelli della Santa Chiesa[1]. Pasquale Forgione presso a morire, presago che i bersaglieri i quali gli stavano dinanzi fossero ordinati per metterlo a morte, disposto a confermare le sue dichiarazioni al confessore protesta combattere per la fede. Se gli obiettano la fede cristiana aborrire dalle stragi, dagl'incendii, dalle immanità di cui egli si è contaminata l'anima, egli risponde: «di questo non sapere niente, egli combattere per la fede, lui essere, benedetto dal Papa e possedere documenti chiari, mandatigli da Roma; chè chi combatte per la santa causa del Papa, e del Re Francesco non fa peccato.»—Nè costui si scuote punto allo annunzio della morte imminente, e nè al giusto terrore, che il giudice tenta incutergli con le parole:—«ma come di tante scelleraggini hai tu potuto tenere per testimone, e, nel tuo pravo concetto, complice la Madre di Dio portando appeso al petto questo laido abitino con la sua effigie del Carmine? Di peggio non potrieno fare li stessi demoni, tu hai deriso la religione, e Dio.»—Senza commoversi il Forgione persiste: «io, ed i miei compagni abbiamo la Madonna nostra protettrice, e se aveva la patente con la benedizione non sarei stato certamente tradito[2]» Il Borjès, anch'egli, maledisse il momento in cui abbindolato, mentre crede trovarsi preposto a partigiani agitati dallo spirito della fede si mira attorno una collezione di rappresentanti di tutte le galere di Europa; lo stesso Tristany ebbe a mettere le mani addosso al Chiavone, e farlo fucilare pei suoi delitti: affermano che ciò cocesse al re Francesco, ed è credibile la fama imperciocchè vediamo licenziato il Tristany; e forse può anco darsi che costui ammazzasse il compagno meno per odio delle scelleratezze commesse, che per gara di comando: con gente siffatta s'indovina sempre quando si pensa al peggio.
[1] Relazione p. 172. 73.
[2] Relaz. alleg. pag.170, 71.
E' fu avvertito come Roma noccia forse assai più con i sobillamenti morali, che per forza di arme, e questo non sembra possa negarsi; nè danno siffatto muove solo dai preti, ma dal Borbone altresì, e dai Francesi. Quanto alle armi, agli ordinamenti, ed ai fini del Borbone, pari a quelli del Prete, e non occorre farne altra parola, senonchè meritano considerazione