Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire. Belgioioso Cristina

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Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - Belgioioso Cristina

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più verosimile e più prossima.

      La bassa Lombardia sebbene assai meno estesa dell'alta, poichè non comprende oltre la Lomellina ed il Novarese di cui abbiamo accennato più su, che il Pavese, il Lodigiano e parte del Cremasco è divenuta oggi pressochè la sola fonte del pubblico reddito in Lombardia. — I terreni irrigatorj le case poste nell'interno della città, ed alcuni pochissimi opifici appartenenti a famiglie plebee che lentamente, e copertamente vi si arricchirono anche prima del 59 e che ora vanno comperando tutto ciò che le nostre illustri e cospicue famiglie più non possono conservare, formando così una nuova aristocrazia, più in armonia colle idee e coi bisogni della moderna società: ecco le fonti da cui oggi scaturisce lo scemato e smunto reddito della Lombardia. L'Italia centrale si compone della Toscana e di una grande parte delle provincie che formavano prima del 59 o del 60 gli Stati romani.

      La Toscana conta presso a due milioni di abitanti; è paese gremito di piccole, ma belle città, variato da colli ameni, da corsi d'acque, da sontuose ville, palazzetti, parchi, giardini, e villaggi che nulla presentano di quello squallore, che disadorna troppo sovente quelli del rimanente d'Italia. — Nessun angolo della Toscana possiede un aspetto grandioso e tetro, e le sue campagne fanno tutte presentire la vicinanza di una città. — Per quanto alcune di esse sieno solitarie e silenziose, vi si sente sempre che l'uomo è a pochi passi distante; ed il contadino toscano che vive sobriamente, respira un'aria salubre, lavora moderatamente ed è in frequente contatto cogli abitanti della città, nulla ha di rozzo, e non risveglia in chi lo incontra il doloroso pensiero di una ereditaria ed incurabile miseria. — Le donne o intrecciano i cappelli di paglia, o coltivano e vendono fiori; due mestieri che non affaticano le delicate membra, e non abusano delle forze giovanili, cosicchè le contadine toscane rimangono giovani per tutto il corso della loro gioventù, e per nulla rassomigliano quelle altre a cui incombono i più ardui lavori dei campi, e che bellissime a diciotto anni sembrano spesso decrepite appena passati i venti.

      Tanta gentilezza, vaghezza di forme e di costumi, tanta agiatezza di vita, ed una certa coltura che si estende alle infime classi della popolazione, farebbe naturalmente supporre che la Toscana sia paese ricco, e che i suoi abitanti sieno ampiamente dotati di operosità, di intelligenza, di risoluzione e di perseveranza. — Chi formasse una simile conclusione, commetterebbe però un gravissimo errore.

      L'agiatezza di tutte le classi popolari, la gentilezza dei loro modi e la durevole bellezza delle loro donne, provvengono da tutt'altra cagione, cioè dalla proporzione ed armonia esistente fra i desideri o diciam pure i bisogni, ed i mezzi di cui dispongono i popolani. — Il toscano non è un popolo ardente ed impetuoso come lo sono gli altri popoli d'Italia. Desso riflette alla condizione sua, sa che certe soddisfazioni non si possono ottenere se non col rinunziare a certe altre, e scieglie fra queste, quelle che più gli convengono, abbandonando con animo rassegnato quelle che sarebbero un ostacolo alle prime. — Tutto il sistema economico della Toscana è fondato sopra tale scelta. — Tra i desiderj o i bisogni più urgenti del popolo Toscano; il principale è il riposo; un riposo relativo s'intende e non assoluto. Il popolano ed il contadino Toscano, lavorano quanto è necessario per guadagnare ogni giorno i pochi bajocchi che bastano al sostentamento di lui e della famiglia perchè tanto l'uno quanto l'altra sanno di ciò accontentarsi. — La scarsità del denaro forma la ricchezza delle infime classi della popolazione, mantenendo bassi i prezzi degli oggetti di prima necessità. — Se un genio benefico versasse improvvisamente qualche milione di lire sulla Toscana, desso non riceverebbe in ringraziamento altro che maledizioni e busse, e produrrebbe in realtà un funesto squilibrio nella esistenza di quelle popolazioni, poichè gli oggetti di prima necessità aumenterebbero subito di prezzo. — Egli è ben vero che la mano d'opera sarebbe rimunerata più largamente, ma la concorrenza degli operai non toscani, si aggiungerebbe presto alle altre complicazioni, ed il toscano non conserverebbe il suo posto se non lavorando più o meglio che per lo passato. Ora il pensiero di lavorare più e meglio ch'esso non lavora oggidì, è pensiero per lui dolorosissimo, nè lo consolerebbe la prospettiva di un guadagno maggiore poichè ha pesato nella mente sua i vantaggi del riposo e della ricchezza ed ha preferito i primi ai secondi. Con tali sentimenti, e con siffatto carattere i progressi verso la civiltà ch'è quanto dire nella industria non possono essere che assai lenti se pure non sono nulli.

      Nè vale il dire che la miseria non sentita nè rimpianta non può considerarsi come vera miseria. — Se il contadino ed il popolano toscano non deplorano la propria miseria, ma lo accettano come il prezzo del riposo cui godono, le classi più elevate della toscana società, poste in contatto coi pari loro di altre parti d'Italia e di Europa, sentono amaramente la condizione direi quasi subalterna e parassita a cui le condanna la loro povertà. — Firenze ebbe sempre una corte ed un corpo diplomatico che traeva dietro di sè molte famiglie straniere illustri e doviziose. — Queste esercitavano in Firenze la ospitalità, ed i Fiorentini a cui spettava siffatta parte, la abbandonavano a quelli che avrebbero dovuto ospitare, accettando invece per sè medesimi la parte dell'ospitato senza neppur ricambiare le cortesie dagli stranieri ricevute.

      In nessuna provincia d'Italia il bisogno di aprire nuove vie alla prosperità nazionale è così evidente come in Toscana; ed in nessuna la introduzione di nuovi strumenti per la operosità della popolazione sembra a primo aspetto dover incontrare minori difficoltà. Il gran numero delle città ossia dei centri di popolazione, di operosità e di civiltà, un certo grado di coltura e di modi civili distribuiti in tutte le classi sociali, la circostanza che il popolo parla non già un dialetto non intelligibile per chi nacque una trentina di miglia più in su o più in giù, ma la lingua scritta leggermente alterata, l'intelligenza ed il naturale docile e quieto degli abitanti, sono cose che animar dovrebbero gli speculatori e gli spiriti intraprendenti a tentare qualche nuovo stabilimento commerciale ed industriale. — Il felice successo di un tale tentativo non sarebbe però così certo nè così probabile, come può sembrarlo a prima vista. — Il grande, il formidabile ostacolo sta appunto nel carattere della popolazione che nessun male considera come più intollerabile, della fatica e che resiste passivamente a qualunque sforzo si tenti per vincerne l'inerzia; e vi resiste senza rimorsi perchè la sua resistenza non è accompagnata da moti o da espressioni violenti, anzi direi quasi che il toscano considera quella sua ostinata resistenza come una virtù, detta la moderazione nei desiderj, la rassegnazione, ed il sapersi accontentare di poco.

      Il governo gran ducale toscano fu sempre il più mite fra i governi dispotici che fecero per tanti secoli strazio dell'Italia. Il sovrano che conosceva personalmente una grandissima parte dei suoi sudditi conosceva e praticava con perfezione quelli artifizj di modi e di espressioni che toccano il cuore dei semplici, e rivestono agli occhi loro l'aspetto della benevolenza e della umiltà. Una passeggiata per le vie della città in abito borghese, e senza seguito apparente; una parola detta familiarmente ad un popolano, un soccorso largito in tempo opportuno ad un bisognoso, erano i mezzi con cui si mascherava agli occhi delle popolazioni il vicerè austriaco, il depositario delle massime imperiali. Una penna toscana gli strappò la maschera e lo presentò al popolo deluso in tutta la laidezza di un ipocrita tiranno, ma il popolo toscano rise della strana figura che gli si mostrava per la prima volta, ritenne nella memoria il mirabile ritratto di quello; che non è, nella lista dei tiranni, carne nè pesce; ma non cavò insegnamento alcuno dallo spettacolo, e forse noverò fra le virtù del sovrano la indulgenza con cui si lasciava dipingere coronato di papaveri e lattughe e permetteva a lui di ridere del dipinto.

      Le popolazioni degli antichi stati romani, ammontano a circa due milioni; sono povere come tutte le popolazioni italiane, non posseggono industria di sorta, non si dedicano al commercio; e vivono su di un suolo quasi interamente incolto. Una gran parte dei poderi rurali, ed il terreno che circonda i villaggi, erano sino al 59 od al 60 posseduti dalle manimorte, ossia dalle corporazioni religiose o dalla chiesa. Tali possidenti non avendo nè molti bisogni, nè aspirazioni ambiziose, ma accontentandosi per lo più di mangiar bene e di essere al coperto dalle intemperie delle stagioni, al che provvedeva d'altronde la pietosa generosità dei fedeli, l'agricoltura era da essi trascurata e negletta, ed il viaggiatore che attraversava dieci anni sono le Romagne, le Legazioni, ecc. ecc., vedeva con dolore e con raccapriccio i villaggi situati nelle vicinanze degli innumerevoli conventi, o monasterj, squallidi,

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