Le avventure di Pinocchio: Storia di un burattino. Carlo Collodi

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Le avventure di Pinocchio: Storia di un burattino - Carlo Collodi

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che domani, all'alba, voglio andarmene di qui, perchè se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire mi manderanno a scuola, e per amore o per forza mi toccherà a studiare; e io, a dirtela in confidenza, di studiare non ho punta voglia e mi diverto più a correre dietro alle farfalle e a salire su per gli alberi a prendere gli uccellini di nido.

      — Povero grullerello!... Ma non sai che, facendo così, diventerai da grande un bellissimo somaro, e che tutti si piglieranno gioco di te?

      — Chetati, grillaccio del mal'augurio! — gridò Pinocchio.

      Ma il grillo, che era paziente e filosofo, invece di aversi a male di questa impertinenza, continuò con lo stesso tono di voce:

      — E se non ti garba di andare a scuola, perchè non impari almeno un mestiere tanto da guadagnarti onestamente un pezzo di pane?

      — Vuoi che te lo dica? — replicò Pinocchio, che cominciava a perdere la pazienza. — Fra i mestieri del mondo non ce n'è che uno solo, che veramente mi vada a genio.

      — E questo mestiere sarebbe?

      — Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi, e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.

      — Per tua regola — disse il Grillo-parlante con la sua solita calma — tutti quelli che fanno codesto mestiere, finiscono quasi sempre allo spedale o in prigione.

      — Bada, grillaccio del mal'augurio!... se mi monta la bizza, guai a te! —

      — Povero Pinocchio: mi fai proprio compassione!...

      — Perchè ti faccio compassione?

      — Perchè sei un burattino e, quel che è peggio, perchè hai la testa di legno. —

      Preso di sul banco un martello di legno, lo scagliò contro il Grillo-parlante.

      A queste ultime parole, Pinocchio saltò su tutt'infuriato, e preso di sul banco un martello di legno, lo scagliò contro il Grillo-parlante.

      Forse non credeva nemmeno di colpirlo; ma disgraziatamente lo colse per l'appunto nel capo, tanto che il povero Grillo ebbe appena il fiato di fare crì-crì-crì, e poi rimase lì stecchito e appiccicato alla parete.

       Indice

      Intanto cominciò a farsi notte, e Pinocchio, ricordandosi che non aveva mangiato nulla, sentì un'uggiolina allo stomaco, che somigliava moltissimo all'appetito.

      Ma l'appetito dei ragazzi cammina presto, e difatti, dopo pochi minuti l'appetito diventò fame, e la fame, dal vedere al non vedere si convertì in una fame da lupi, in una fame da tagliarsi col coltello.

      Il povero Pinocchio corse subito al focolare dove c'era una pentola che bolliva, e fece l'atto di scoperchiarla, per vedere che cosa ci fosse dentro: ma la pentola era dipinta sul muro. Immaginatevi come restò. Il suo naso, che era già lungo, gli diventò più lungo almeno quattro dita.

      Allora si dètte a correre per la stanza e a frugare per tutte le cassette e per tutti i ripostigli in cerca di un po' di pane, magari un po' di pan secco, un crosterello, un osso avanzato al cane, un po' di polenta muffita, una lisca di pesce, un nocciolo di ciliegia, insomma qualche cosa da masticare: ma non trovò nulla, il gran nulla, proprio nulla.

      E intanto la fame cresceva, e cresceva sempre: e il povero Pinocchio non aveva altro sollievo che quello di sbadigliare e faceva degli sbadigli così lunghi, che qualche volta la bocca gli arrivava fino agli orecchi. E dopo avere sbadigliato, sputava, e sentiva che lo stomaco gli andava via.

      Allora piangendo e disperandosi, diceva:

      — Il Grillo-parlante aveva ragione. Ho fatto male a rivoltarmi al mio babbo e a fuggire di casa.... Se il mio babbo fosse qui ora non mi troverei a morire di sbadigli! Oh! che brutta malattia che è la fame! —

      Quand'ecco che gli parve di vedere nel monte della spazzatura qualche cosa di tondo e di bianco, che somigliava tutto ad un uovo di gallina. Spiccare un salto e gettarvisi sopra, fu un punto solo. Era un uovo davvero.

      La gioia del burattino è impossibile descriverla: bisogna sapersela figurare. Credendo quasi che fosse un sogno, si rigirava quest'uovo fra le mani, e lo toccava e lo baciava e baciandolo diceva:

      — E ora come dovrò cuocerlo? Ne farò una frittata?... No, è meglio cuocerlo nel piatto!... o non sarebbe più saporito se lo friggessi in padella? O se invece lo cuocessi a uso uovo a bere? No, la più lesta di tutte è di cuocerlo nel piatto o nel tegamino: ho troppa voglia di mangiarmelo! —

      Detto fatto, pose un tegamino sopra un caldano pieno di brace accesa: messe nel tegamino, invece d'olio o di burro, un po' d'acqua: e quando l'acqua principiò a fumare, tac!... spezzò il guscio dell'uovo, e fece l'atto di scodellarvelo dentro.

      Ma invece della chiara e del torlo scappò fuori un pulcino tutto allegro e complimentoso, il quale facendo una bella riverenza disse:

      — Mille grazie, signor Pinocchio, d'avermi risparmiata la fatica di rompere il guscio! Arrivedella, stia bene e tanti saluti a casa! —

      Ciò detto, distese le ali, e, infilata la finestra che era aperta, se ne volò via a perdita d'occhio.

      Il povero burattino rimase lì, come incantato, cogli occhi fissi, colla bocca aperta e coi gusci dell'uovo in mano. Riavutosi, peraltro, dal primo sbigottimento, cominciò a piangere, a strillare, a battere i piedi in terra per la disperazione, e piangendo diceva:

      — Eppure il Grillo-parlante aveva ragione! Se non fossi scappato di casa e se il mio babbo fosse qui, ora non mi troverei a morire di fame. Eh! che brutta malattia che è la fame!... —

      E perchè il corpo gli seguitava a brontolare più che mai, e non sapeva come fare a chetarlo, pensò di uscir di casa e di dare una scappata al paesello vicino, nella speranza di trovare qualche persona caritatevole, che gli facesse l'elemosina di un po' di pane.

       Indice

      Per l'appunto era una nottataccia d'inferno. Tonava forte forte, lampeggiava come se il cielo pigliasse fuoco, e un ventaccio freddo e strapazzone, fischiando rabbiosamente e sollevando un immenso nuvolo di polvere, faceva stridere e cigolare tutti gli alberi della campagna.

      Pinocchio aveva una gran paura dei tuoni e dei lampi: se non che la fame era più forte della paura: motivo per cui accostò l'uscio di casa, e presa la carriera, in un centinaio di salti arrivò fino al paese, colla lingua fuori e col fiato grosso, come un can da caccia.

      Ma trovò tutto buio e tutto deserto. Le botteghe erano chiuse; le porte di casa chiuse, le finestre chiuse, e nella strada nemmeno un cane. Pareva il paese dei morti.

      Allora Pinocchio, preso

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