Le Straordinarie Avventure Di Joshua Russell E Del Suo Amico Robot. Antonio Tomarchio
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Dopo il quinto turno, anch’esso senza sorprese, fu decretata una pausa di due ore per dare modo ai giovani atleti e al pubblico di riposare e di pranzare nei numerosi ristoranti e fast-food del palazzetto.
La finale del torneo con i 100 migliori robot del mondo durava soltanto un giorno. Durante l’anno si svolgevano le qualificazioni, che vedevano migliaia di robot impegnati in tornei a eliminazione diretta che avrebbero decretato i partecipanti alla giornata conclusiva della stagione. I maggiori Network mondiali si contendevano l’evento che superava per numero di telespettatori i migliori eventi sportivi del mondo, dal Football al Calcio, dall’Automobilismo al Motociclismo.
Joshua aveva trovato una panineria piuttosto isolata per sfuggire all’assalto del pubblico e dei giornalisti, si gustava il suo panino e chiacchierava col suo amico metallico.
<<Siamo fortissimi, vero Raptor?>> domandò.
<<Certo comandante, per me i robot avversari sono solo delle marionette, ho evitato di esprimermi al massimo perché ho letto nella tua mente il timore di essere scoperto.>>
Il ragazzo a quelle parole pensò al pericolo che i piccoli alieni rappresentavano con le loro macchine super evolute e a quanto fosse stato sconsiderato a nascondere al mondo la loro esistenza. Erano passati molti giorni dal ritrovamento del robot e non poteva sapere quanti ne avessero costruiti nel frattempo.
Bevve la sua Coca Cola per mandare giù il panino che gli era rimasto sullo stomaco mentre pensava che forse avrebbe dovuto rivalutare la sua decisione. Se avesse affermato la verità, sarebbe stato squalificato a vita dal torneo e per sempre tutti lo avrebbero additato come quello che ha vinto barando, non poteva distruggere la sua vita per uno stupido scrupolo di coscienza, ormai la decisione era stata presa, doveva solo sperare che gli alieni non lo smascherassero, attaccando il mondo con dei robot identici al suo.
Raptor, che conosceva le preoccupazioni del suo giovane comandante e che provava per lui qualcosa d’inspiegabile, cercò di tranquillizzarlo.
<<Non ti preoccupare, mi occuperò di loro prima possibile, nessuno capirà mai da dove vengo né chi sono. Io so, dove si trova la loro base, so quanti sono e dov’è nascosta l’astronave madre.>>
<<Non avevi detto che tutte le informazioni su di loro si erano cancellate con la disconnessione?>> rispose contrariato il ragazzo.
<<Sì, è vero, ma tu sai benissimo che ciò che è stato cancellato può sempre essere recuperato, basta cercare nel posto giusto ed io ho scoperto di avere un’unità di backup in un angolo remoto della mia mente, adesso so tutto di loro e sono pronto a rispondere a ogni tua domanda.>>
Il ragazzo approfittò dell'invito e cominciò quindi a incalzarlo con una serie di domande.
<<Perché sono qui? Che cosa vogliono? Quali sono le loro intenzioni?>>
<<Sono qui da molti anni, sono i superstiti di una lunga e sanguinosa guerra sul loro pianeta, sono venuti in pace in cerca di ospitalità e di cibo. Hanno capito che sulla Terra c’è posto per loro e che possono sopravvivere senza venire mai in contatto con l’essere umano né tantomeno entrare in competizione con i terrestri per le risorse di cui necessitano.>>
<<Come sono arrivati qua da noi?>>
<<Possiedono un’astronave molto grande, l'hanno nascosta, rendendola invisibile, nella parte buia della Luna. Sono scesi sulla Terra con delle navicelle molto piccole che i vostri radar non possono individuare.>>
<<Tu dici che sono venuti in pace, allora perché hanno costruito te e hanno tentato di uccidermi nel bosco?>>
<<Loro vivono in pace nella foresta amazzonica e non possiedono né armi né robot, si sono adattati alle condizioni di vita delle specie animali e come loro vivono rinunciando alla tecnologia e persino agli abiti per confondersi con la natura e non essere scoperti. Vivono dei frutti che il vostro splendido pianeta offre generosamente.>>
<<Non capisco. Spiegati meglio.>>
<<Qualche anno fa degli esseri umani, disboscando parte della foresta, hanno distrutto con le loro ruspe una colonia aliena, uccidendone centinaia tra cui molte uova che stavano per schiudersi. Da allora i superstiti, contro il parere delle altre colonie che hanno votato per il mantenimento della pace, hanno creato una fazione ostile agli esseri umani giurando vendetta. Si sono spostati qui negli Stati Uniti formando una colonia e cominciando a progettare la conquista del pianeta e la distruzione degli umani. Hanno costruito una base ultra moderna servendosi delle tecnologie dell’astronave madre e lì hanno cominciato a progettare i robot.>>
<<Quanto tempo impiegano per costruire un robot come te? Quanti possono costruirne contemporaneamente?>>
<<Un mese circa, io ero il primo e l’unico, loro possono costruirne soltanto uno per volta.>>
<<Sono passati poco più di venti giorni dal tuo ritrovamento, abbiamo ancora tempo per pensare a un contrattacco, adesso occupiamoci del torneo.>>
<<Anzi voglio sapere ancora una cosa da te>> disse il ragazzo, prima che il suo amico si alzasse dalla sedia su cui si era accomodato.
<<Domanda pure.>>
<<Tu sei vivo, sei in grado di pensare, di ragionare, sei intelligente, che opinione hai di te stesso e della tua vita da robot?>>
<<Io sono soltanto uno schiavo, io non esisto senza una connessione, la mia non è una vita.>>
<<Ti sbagli, tu esisti perché hai coscienza di te stesso, sei in grado di pensare e quindi sei vivo, non sei solo una macchina. Ti prometto che quando il torneo sarà finito cercherò di studiarti e di capire come renderti libero dalla connessione.>>
Il robot rimase senza parole per alcuni minuti, prese la piccola mano del suo comandante tra le sue accarezzandola con dolcezza, poi esclamò:
<<Tu sei molto buono, ed io ti sarò per sempre grato per avermi liberato dalla connessione con quell’essere malvagio. Anche se tu non riuscissi a rendermi completamente libero, devi sapere che per me essere legato a te è il dono più bello che potessi ricevere.>>
Joshua avrebbe voluto abbracciarlo ma non poteva, le persone che erano sedute ai tavolini della panineria e che potevano vederlo non avrebbero capito, ma sapeva che il suo amico aveva letto nella sua mente la sua intenzione e sapeva quanto fossero forti i sentimenti che li legavano.
La pausa era terminata e la voce degli altoparlanti richiamava i concorrenti per l’inizio dei combattimenti, così si alzarono e si diressero verso l’enorme sala, dove si svolgevano gli incontri.
Il sesto turno era iniziato e i robot avevano cominciato a scontrarsi sul ring. Lo spettacolo migliorava sempre più e il pubblico lo evidenziava con applausi scroscianti, soprattutto quando venne l’ora di Raptor, si alzarono tutti in piedi intonando un coro per il loro beniamino.
Il robot per non deludere il pubblico cercò di far durare un po’ di più l’incontro evitando i colpi dell’avversario ma aspettando a colpire, finché con un avvitamento e un calcio alto al volto del malcapitato lo mandò al tappeto.
Gli