Mai Sfidare Una Volpina. Dawn Brower
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Ognuno doveva stare al proprio posto e non puntare troppo in alto. Era una triste realtà, che aveva sperimentato molto presto e sulla propria pelle. Sua madre era stata la governante del palazzo in cui era cresciuto suo padre. Essendo entrambi giovani, i due si erano innamorati ed erano convolati a nozze, di nascosto dal duca. Quando lui l’aveva scoperto era andato su tutte le furie, per il fatto che suo figlio avesse osato prendere in moglie una donna di così basso livello. Li aveva cacciati dal castello e tagliato loro qualsiasi forma di vitalizio, lasciandoli praticamente in miseria. Era fermamente convinto che il figlio avesse tradito il proprio sangue, con quel matrimonio! Per questo non aveva mai neanche voluto conoscere il suo unico nipote, colpevole di portare nelle proprie vene le tracce di quel sangue guasto. La miseria aveva portato prematuramente i suoi genitori nella tomba, ma poiché ufficialmente suo padre, Lord Andrew Ward, non era mai stato diseredato, ciò faceva di Zachary l’unico discendente diretto del duca. Non che gli fosse mai interessato. Tuttavia quella eredità insperata gli concedeva due gioie: la prima di aver vendicato in parte la sofferenza inflitta ai suoi genitori, e la seconda…beh, sperava che quando lo avesse visto entrare nel castello, quel vecchio ignobile si sarebbe rivoltato nella tomba!
Nel frattempo, lui era già abbastanza ricco di suo. Suo padre aveva fatto degli investimenti rischiosi, prima di morire, che per fortuna avevano dato i loro frutti. Così aveva potuto rimettersi in sesto, comprare delle proprietà e, con il suo fiuto per gli affari, era riuscito a farle fruttare. Ora, era curioso di vedere com’era messo il castello di cui aveva sempre sentito parlare. Si augurò che il nonno non lo avesse mandato in malora: detestava l’idea di dover mettere mano alle sue finanze, così faticosamente messe da parte, per qualcosa che non avrebbe mai neanche voluto! Comunque, lo avrebbe saputo ben presto. A giudicare da come la carrozza stava rallentando, avrebbe giurato che erano quasi arrivati.
Zach guardò fuori dalla finestra. Un’enorme costruzione, un castello davvero gigantesco, si profilava in lontananza. Erano molto più vicini di quanto pensasse. Si strofinò le mani. Bene! Presto avrebbe dato un'occhiata ai libri contabili... e alla vedova. Non vedeva l'ora di cacciarla fuori. Il duca non le aveva lasciato molto. IN realtà non aveva avuto il tempo di redigere un nuovo testamento, ma in fondo anche quello fatto per la donna che gli era stato al fianco per tutta la vita non era il massimo della generosità: solo il diritto, come da prassi, di continuare a vivere al castello, ma soggetta ai voleri del nuovo erede. Qualche gioiello, ma nulla di che. E Zach non aveva alcuna intenzione di garantire un vitalizio, a quella strega. E nemmeno di concederle alcun beneficio.
In breve, la carrozza si fermò davanti al castello di Graystone. Subito un valletto si precipitò ad aprirgli la portiera.
"Vostra Grazia. - lo salutò il servo, con entusiasmo - E’ un vero piacere che siate qui.”
Per forza. Dopotutto era da lui che ora dipendeva tutto il personale del castello! Zach fece un cenno con la testa e si avviò impettito verso l’entrata. Non c’era nulla che avesse voglia di rispondere a un servo. All’ingresso c’era ad aspettarlo un anziano maggiordomo dai capelli grigi e tutto il personale, schierato in bell’ordine.
Mentre passava davanti a tutta quella gente che gli s’inchinava davanti e che lo salutava con un continuo e incessante: “Ben arrivato, Vostra Grazia!” si sentì leggermente in difficoltà: non era abituato a sentirsi chiamare a quel modo…né ad avere tutte quelle persone al suo servizio!
Si rivolse al maggiordomo." Voi siete Bentley?" chiese. Era con lui che Zach aveva avuto a che fare per lettera, dopo la morte del nonno. Non aveva partecipato al funerale, perché per quello spregevole individuo che finalmente aveva tirato le cuoia non provava che rancore. E non aveva nemmeno intenzione di osservare il consueto periodo di lutto. Non avrebbe pianto ipocritamente il nonno, e nessuno del castello avrebbe dovuto farlo. Aria, aria! Il mondo sarebbe stato un posto migliore, senza quell’essere malvagio!
"Sì, Vostra Grazia, - s’inchinò l’uomo - Mi auguro che abbiate fatto buon viaggio." Sembravano tutti così in visibilio, per il suo arrivo! Dio, che maestri di finzione! Lo trattavano come se fosse un re. Ma forse era lui che era troppo prevenuto. Dopotutto, si trattava di servi e camerieri. Si stavano solo comportando come da etichetta. Passò avanti, con fare altero…e ancora molto a disagio.
"Dov'è la duchessa vedova?" chiese, senza convenevoli. Non vedeva l’ora di farla sparire! Se fosse stato per lui, l’avrebbe sistemata nella Dower House prima del tramonto.
"Credo che ora sia in salone insieme con le sue sorelle." Il maggiordomo fece cenno all’ala in fondo al corridoio. "Di solito è a quest’ora che prende il the con loro."
Anche le sorelle? “Occupatevi dei miei bagagli, prego. MI auguro che il castello sia stato allestito per il mio arrivo."
"Certamente, Vostra Grazia. - rispose il maggiordomo, inchinandosi di nuovo - E’ tutto pronto e pulito per accogliervi. Ogni stanza è stata accuratamente lavata e lucidata, la biancheria da letto è stata rinnovata, le dispense rifornite.”
"Ottimo.” Non voleva toccare nulla di ciò che era appartenuto al nonno. Se avesse avuto più tempo, avrebbe fatto rinnovare l’intera mobilia…ma per quello si poteva aspettare. Prima avrebbe esaminato esaminare il castello da cima a fondo e poi…avrebbe deciso. “Adesso desidero incontrare la duchessa. Più tardi vi vedrò nel mio studio. Abbiamo molte cose di cui discutere, Bentley.”
"Certamente, Vostra Grazia." Il maggiordomo fece un altro inchino. “ Ora mi occuperò dei bagagli.”
Zach annuì e si diresse sparato verso il salone, per fare finalmente la conoscenza di quell’arpia che era costretto a chiamare duchessa. Una risata cristallina e gioiosa gli arrivò a sorpresa dal salone. Dunque era molto allegra, la vedova! Si fermò sulla soglia, per dare un’occhiata non visto. Rimase affascinato e stranito da ciò che vide: dentro c’erano quattro belle ragazze bionde, di un’età compresa tra i quindici e i vent’anni, se aveva visto bene. Due erano gemelle. Quella che presumeva fosse la più giovane se ne stava comodamente sdraiata su una chaise longue in compagnia di un’altra ragazza, una sorella forse; la più anziana sedeva tranquillamente su una poltroncina di velluto blu, che ben si adattava ai suoi occhi…due laghetti blu cobalto. Era quella che gli piaceva di più, con quello sguardo malizioso e intelligente. Erano tutte belle, ma quella ragazza…era mozzafiato, inutile fare giri di parole.
Si schiarì la gola. "Perdonate, signore, ma chi di voi ha avuto il coraggio di sposare il mio ignobile nonno?”
Le ragazze smisero improvvisamente di chiacchierare e si voltarono all’unisono verso di lui, con la bocca aperta. Bene, almeno sono riuscito ad attirare la loro attenzione! pensò Zachary...
Billie si voltò a guardare il giovane tutto imbacuccato nei suoi abiti e che evidentemente intendeva farsi odiare…e rimase senza parole. Era l’uomo più bello che avesse mai visto! Aveva i capelli castani, leggermente schiariti dal sole in meravigliosi tocchi di oro rosso. I suoi occhi avevano lo stesso colore dell'erba in una calda giornata estiva. Ma quegli occhi stupendi la stavano fissando con un’espressione di disprezzo. Non riusciva a capire perché. Billie non lo aveva mai visto prima, ma da modo in cui si era presentato doveva essere il nuovo duca, l’erede del vecchio che aveva sposato. Certo, lo aveva definito nonno! Cominciò a sentirsi in ansia. Era a lui, quindi, che doveva rendere conto della sua posizione al castello! Si alzò per andargli incontro, con lo le viscere attanagliate dall’ansia. “Immagino che vi riferiate a me, signore.” rispose, con tono amabile.