Sette Pianeti. Massimo Longo E Maria Grazia Gullo

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Sette Pianeti - Massimo Longo E Maria Grazia Gullo

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e attesero felici la fine dell’effetto del fluido esilarante prima di rientrare a casa.

      Terzo Capitolo

      Le pieghe che ne risultavano erano occhi e bocca dell’essere

      Adesso era Zàira ad essere in pericolo e la distanza che li separava dalla cima della collina a Xam sembrava eterna. Lì si stagliava una cupola bianca, sembrava un alveare, aveva degli specchi esagonali che contornavano tutto l’edificio, riflettendo la luce del sole quasi accecante.

      Più si avvicinavano al monastero, più un senso di serenità si infondeva nei loro cuori.

      Xam, sfinito per il peso della compagna, continuò a camminare finché, arrivati al tempio, si trovarono d’innanzi un arco aperto che portava al suo interno.

      Appena furono dentro, il corpo di Zàira si sollevò fluttuando dalle braccia di Xam, che non si oppose, sentiva che non c’era minaccia in quello che stava accadendo.

      Fu trasportata verso un lungo corridoio e svanì lentamente dalla loro vista.

      Centinaia di sottili colonne laterali sorreggevano un’immensa volta trasparente che si affacciava sull’Universo, come se il monastero si trovasse nello spazio, Ulica e Xam videro uno strano essere dalle forme alquanto insolite sul fondo della navata e si avvicinarono.

      Il corpo, grigio-viola e approssimativamente cilindrico, era costituito dalla testa e da quattro sezioni che portavano due zampe ciascuna, quello che sembrava un naso a forma di trombetta era preponderante sul viso ma sembrava che qualcosa o qualcuno l’avesse spinto con forza verso l’interno, le pieghe che ne risultavano erano occhi e bocca dell’essere. Il suo corpo non era più grande di un sacco pieno di farina.

      - Sento in voi un’energia positiva, scusate se vi ho trascinati qui, ma il gesto della vostra compagna mi ha colpito.

      - Il gesto della nostra compagna non ci ha meravigliati conosciamo la sua generosità. Non dovevamo trascinare quelle creature inermi in uno scontro, abbiamo perso troppo tempo vagando per la giungla, consentendo a Mastigo di intuire dove fossimo diretti e portando le sue guardie in quel posto mite e sereno, errore imperdonabile - spiegò Ulica.

      - Sarebbe stato impossibile per i Tetramir arrivare fin qui senza trascinare quelle povere creature in uno scontro.

      - Come sai chi siamo?

      Provò a chiedere Ulica, ma Xam la interruppe bruscamente mentre istintivamente le afferrava l’avanbraccio:

      - Dove hai portato Zàira? - chiese al monaco, anche se sentiva che nulla di male potesse succedere alla sua amica in quel posto.

      - Non preoccuparti, è al sicuro. Si sta riprendendo, fra breve sarà qui con noi.

      La risposta gli sembrò vaga, ma continuava ad avvertire quella sensazione di benessere e serenità.

      - Come sai chi siamo? - ripeté Ulica che voleva capire chi gli stesse davanti.

      - Sono Rimei - proferì l’essere senza badare alla domanda - sono qui in meditazione. Le vostre anime e le vostre azioni, anche la bellezza dell’Eumenide di cui mi sfugge il nome - sembrava ridacchiasse soddisfatto della marachella - hanno, dopo trecento anni, attirato la mia attenzione.

      - Ulica - il suo viso dai tratti dolci non si scompose per il complimento.

      Esile e minuta, sapeva di essere molto bella e non lo nascondeva, la popolazione di cui faceva parte non era propensa ai corteggiamenti, né a nascondere le proprie opinioni ed emozioni. Si riproducevano, come le farfalle, da un bozzolo dal colore che avrebbe rispecchiato quello della creatura che stava per nascere. Le Eumenidi erano di tanti colori, tutti in tonalità pastello.

      Ulica faceva parte delle nuove generazioni, create geneticamente. Sul pianeta, uno strano accadimento avvenuto durante l’ultima grande guerra, ancora allo studio dei geologi più esperti, ne aveva fatto spostare leggermente l’asse, creando degli squilibri ambientali e magnetici che avevano eliminato la popolazione maschile.

      Per evitare l’estinzione della loro specie, le Eumenidi erano ricorse alla moltiplicazione dei geni maschili in vitro da utilizzare per la fecondazione artificiale.

      Venivano geneticamente creati solo embrioni di sesso femminile, per evitare che nascessero altri maschi che sarebbero andati incontro a morte sicura. Mai disposte a piegarsi ad una sconfitta, ricercavano nel loro DNA quel gene che aveva loro permesso di sopravvivere per impiantarlo nel DNA maschile, in modo da renderlo invulnerabile alle nuove caratteristiche ambientali di Eumenide.

       - Non mi hai ancora detto come fai a sapere chi siamo - insistette Ulica con il monaco.

      - Perché io vedo molte cose. Aspettavo da tanto tempo che veniste a pormi le vostre domande.

      - Quali domande? - chiese confuso Xam accarezzando la folta barba nera e riccia.

      - Quelle sulla Kirvir - lo anticipò Ulica - Di cosa parlavi prima? - domandò poi rivolta al monaco - Cosa puoi vedere?

      - Posso vedere tutto quello che succede sui pianeti, ma le informazioni a volte rimangono in me per breve tempo.

      - Quanto breve?

      - Dipende dalle informazioni, a volte per sempre, altre non più di un giorno o qualche ora.

      - Cosa ci puoi dire della Kirvir? - chiese Xam.

      - Kirvir è tutto: ci circonda, ci unisce e ci divide, se stimolata si trasforma, sembra che si possa governare ma in realtà è sfuggevole, può essere saggia o terribilmente pericolosa.

      - Non ci stai dicendo nulla di nuovo - commentò Ulica.

      - Non c’è nulla di nuovo, tutto è già intorno a noi - rispose il monaco - basta farsi trasportare da lei nella giusta direzione.

      - Se tutto vedi, sai già qual è il nostro scopo, aiutaci a controllarla, questo ristabilirebbe l’equilibrio - dichiarò Xam.

      - Logico che ci vuole aiutare - puntualizzò Ulica - o non ci avrebbe portati qui, il problema è come.

      - Non avere fretta mia cara, ho aspettato tanto tempo questo momento, sono trecento anni che non chiacchiero con qualcuno, non togliermi il privilegio di conversare. Il tempo è una dimensione dei viventi non della Kirvir, in fondo la scelta di portarvi qui è stata meditata a lungo.

      - Ma noi viviamo il nostro tempo e abbiamo la responsabilità di altri come noi, la guerra è imminente - asserì Xam.

      - Resterete quassù finché sarà necessario, se vorrete risposte alle vostre domande. Non dipende da me, deciderà la Kirvir il tempo necessario per mostrarvi la via da percorrere.

      Ai Tetramir era sembrato che fossero passati pochi minuti, eppure videro spuntare Zàira da un lungo corridoio di luce.

      Xam camminò velocemente verso di lei, cercando di nascondere le sue emozioni.

      - Come stai? - le domandò.

      - Cos’è successo? - chiese Zàira.

      - Ti hanno ferita, non ti ricordi? - disse Xam dandole il braccio per sorreggerla.

      -

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