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“Dove mi porti? Vuoi dirmi per favore cosa sta succedendo?”
“Più tardi. Devo portarti alla tua stanza e prepararti per il banchetto di stasera. Sua Maestà esige che i nuovi arrivati siano puntuali e vestiti come si deve.”
La donna elfo condusse Star lungo un altro sentiero di pietra, attraverso un gigantesco portone ad arco e in un’enorme stanza aperta. Star si guardò intorno con meraviglia, sentendosi come se fosse nel mezzo di un programma di Discovery Channel in visita ad un antico palazzo. Grandi mobili riccamente ornati riempivano lo spazio e i muri di pietra erano decorati con brillanti dipinti. La donna camminava troppo velocemente perché Star avesse la possibilità di vedere le opere d’arte da vicino, ma non riconobbe nessuno dei quadri.
Salirono una scala a chiocciola e arrivarono in una stanza che conteneva un letto, una specchiera, un divano e pochi altri pezzi d’arredo spaiati. Non c’erano finestre, notò Star con sgomento. Sentì insinuarsi in lei la claustrofobia.
“Ecco qui per te un abito da sera da indossare. Sul tuo comodino c’è una brocca con acqua potabile. Là in fondo c’è una vasca – l’acqua dovrebbe essere ancora tiepida. Ti aiuto a spogliarti e a fare il bagno.”
“Non ho bisogno di aiuto per spogliarmi e di certo non ne ho bisogno per fare il bagno,” le disse Star, avvolgendosi le braccia intorno al corpo. Avrebbe colpito quella donna se avesse provato a toglierle i vestiti. Restare nuda non era qualcosa che Star facesse con chiunque.
“Dobbiamo sbrigarci – Sua Maestà si arrabbierà se tardiamo.”
“Sì, ho afferrato il concetto, non gli piacciono i ritardatari. Se non mi vuoi dire dove siamo, dimmi almeno di questo banchetto, perché devo fare un bagno e chi è questo tal Maestà. Mi trascini via da casa mia, e ti aspetti che esegua i tuoi ordini senza darmi nessuna informazione. Cosa succede se non voglio obbedirti? Mi farai del male?”
“Per favore, per ora fai semplicemente quello che chiedo. Ci godremo un pasto delizioso e poi possiamo parlare, lo prometto. Non vogliamo farti del male. Ora, lascia che ti aiuti.”
“Penso di farcela a fare il bagno e a vestirmi da sola. Davvero.”
“Va bene, ti lascerò sola. Non provare ad andartene, ci sarà una guardia fuori dalla tua porta.”
“E dove diavolo dovrei andare?”
La donna sussultò. “Voi umani imprecate davvero troppo. Non è da signora. Tornerò a prenderti a breve. Tieniti pronta.”
Da signora un cavolo. Aspettate che mi arrabbi sul serio, e ragazzi vi faccio vedere io cos’è da signora. Star sapeva che il suo linguaggio tendeva a farsi grezzo quando era spaventata e arrabbiata, e in quel momento lo era parecchio, entrambe le cose.
Diede una rapida occhiata in giro per la stanza ma non si attardò. Non dubitava che la strana donna sarebbe tornata presto e l’avrebbe condotta di fretta da ‘Sua Maestà’, a qualunque punto fosse dei preparativi. La donna elfo era chiaramente sotto pressione e stressata, e Star aveva notato un barlume di paura nei suoi occhi.
Prendendo alcuni respiri, si calmò. L’intera faccenda era o un’allucinazione o un sogno, e in entrambi gli scenari non c’era motivo di farsi prendere dal panico perché avrebbe smesso di vedere cose strane o si sarebbe svegliata a breve.
L’orribile idea di essere stata rapita si annidava in fondo alla sua mente, ma mise da parte quel pensiero per timore di soccombere al panico conclamato. Perché qualcuno dovrebbe rapirla? E sul serio, costumi da elfo? No, tutto questo era il prodotto della sua iperattiva immaginazione, o forse uno di quei flashback ritardati da droga di cui era stata avvisata quand’era adolescente.
Curiosando nella stanza, scoprì un piccolo armadio e quello che sembrava essere un vaso da notte nascosto dietro a una tenda. Sollevata, Star fece uso dello strano aggeggio, poi annusò l’acqua nella brocca sul tavolo. L’odore era normale, e ad un piccolo sorso sapeva di buono, quindi ne trangugiò una tazza. Poi si tolse i vestiti, immerse le dita di un piede per controllare l’acqua ed entrò nella vasca. Usando la spugna che aveva trovato, si strofinò rapidamente e si era appena asciugata e messa l’abito quando la donna elfo entrò.
“Oh bene, misura perfetta. Hai un aspetto decoroso. Siediti qui, ti faccio i capelli,” disse Vesta, indicando la specchiera.
Star si mosse con esitazione nel vestito. Raramente indossava gonne lunghe ed era preoccupata di inciampare nei suoi piedi con quell’abito lungo fino al pavimento. Questo indumento, comunque, era fatto di un materiale leggero e arioso. La stoffa si muoveva con lei, e dopo alcuni giri e volteggi di prova, non aveva più timore di inciampare. Probabilmente riesco anche a correre con questo addosso, se devo.
Vesta era accigliata e batteva il piede. “Vieni, siediti, non abbiamo tempo per queste sciocchezze.”
Star si sedette. “Per favore, dimmi cosa sta succedendo. Sono stata collaborativa, no?” chiese con la sua voce più dolce, quella che usava per rabbonire bambini testardi e genitori arrabbiati.
“La conversazione dovrà aspettare, parleremo più tardi. Ora dobbiamo prepararti e andare a cena puntuali. Per gli dei, i tuoi capelli sono un disastro. Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto un buon taglio?”
La donna lavorò velocemente e con efficienza, e Star si meravigliò dell’elaborato chignon che realizzò in pochi attimi. Star non faceva molto di più che lavare i suoi capelli leggermente ondulati la sera, per poi bagnarli e raccoglierli con un fermaglio la mattina. Quando era necessario si faceva dare una spuntata in un posto senza appuntamento, e a pensarci bene, l’ultima di quelle volte era capitata molto tempo prima. Non aveva proprio fatto molto, a livello di manutenzione personale, dall’Evento.
“Almeno dimmi il tuo nome. È Vesta, giusto? Ti dico il mio, è Star.”
“Conosco il tuo nome,” disse la donna. Fece cenno a Star di girarsi e cominciò ad applicare velocemente il trucco. Dopo un altro attimo si addolcì. “Sì, il mio nome è Vesta. Ma dovresti parlarmi solo se necessario.”
Come se io volessi avere una lunga e intima conversazione con te, acida stronza. Ovviamente la donna non voleva parlare, ma Star, abituata a carpire informazioni da alunni di quarta, si mise al lavoro.
“Vesta, dove mi trovo e chi sei tu? Dai, questo puoi dirmelo. Lo scoprirò abbastanza presto comunque, no? Quell’elfo... Voglio dire, quell’uomo laggiù in giardino, ha detto che mi avrebbe spiegato. Mi piacerebbe davvero saperlo. Sono spaventata.” Le lacrime che si formarono negli occhi di Star erano autentiche – lei era spaventata.
“Oh, non piangere, ti rovinerai il trucco. Molto bene. Sei su Porrima e noi siamo folletti. E questo è tutto ciò che posso dire per il momento.”
Star rifletté su questa informazione. Poteva la sua stressata, depressa piccola mente piena di caffeina inventarsi qualcosa di così bizzarro? Aveva veramente fatto un giro dal dottore, ottenuto una ricetta e preso un po’ troppe pillole della felicità? Non era possibile che ciò stesse succedendo davvero, ma decise di mantenere la calma e andare avanti col piano. “Okay, Vesta, se sono su un altro pianeta, com’è possibile che io possa capire te e viceversa? Spiegamelo. E com’è che qui posso respirare aria e bere acqua?”
Vesta sospirò.