Una Maestra D'Asilo Per Il Re. Shanae Johnson

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Una Maestra D'Asilo Per Il Re - Shanae Johnson

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il nasino all’insù mentre cercava di venire a capo del suo problema con la favola. «Hai detto che quello non era il primo principe che cercava di salvarla. E sono tutti nella tana del drago. Quindi ci sono altre spade per terra. Perché lei non ne prende una da sola?»

      Quello era un ottimo ragionamento, specialmente da parte di una bambina di cinque anni che Esme spesso sospettava ne avesse cinquanta. Tutt’intorno a Esme, altre dieci testine dondolavano e si inclinavano considerando quella possibile svolta nella storia. Non cercavano subito la risposta nella maestra. No, discutevano tra di loro le possibilità e i fattori in gioco.

      Avevano ascoltato attentamente le prime due pagine. Le interruzioni erano iniziate quando la principessa aveva disobbedito al padre ed era andata nel bosco. I giovani studenti di Esme erano rimasti a bocca aperta e con gli occhi spalancati, come se non avessero mai preso in considerazione l’ipotesi di non seguire le indicazioni dei propri genitori.

      Erano rimasti senza fiato e aggrappati al filo della storia quando la principessa aveva accettato il cibo da uno sconosciuto. Kurt Willis e Carla Barrow avevano interrotto il racconto discutendo sui pericoli di accettare da qualcuno che non si conosce caramelle o qualsiasi altra cosa che non fosse ben sigillata e con gli ingredienti e gli allergeni chiaramente etichettati, in modo che mamma e papà potessero leggerli.

      Ma la parte migliore l’aveva fatta Tracey Chen. Aveva incrociato le braccine sul petto in preda all’orrore, facendo ondeggiare i codini quando Esme aveva descritto il cattivo della storia come una strega malvagia e aveva mostrato la sua immagine. Tracey era stata certa che Esme stesse discriminando le persone anziane, o quelle con psoriasi ed eczema.

      Quale bambino di cinque anni conosceva una di quelle parole, era in grado di pronunciarla e ne comprendeva il significato? Beh, almeno erano tutti coinvolti nel racconto. E quello era il succo dell’apprendimento, no?

      «Va bene» disse Esme, riferendosi all’ultima domanda che le era stata posta dai bambini. «E se la principessa raccogliesse la spada? Cosa pensate che farebbe?»

      «La principessa con la spada potrebbe uccidere il drago» rispose Aubrey, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Poi potrebbe tornare a casa prima di sera, scusarsi con i suoi genitori e non essere punita troppo severamente per le sue azioni.»

      «Ma così ucciderebbe un drago!» intervenne Carla. «È crudeltà verso gli animali.» La bimba era vegana e piangeva ogni volta che vedeva uno dei suoi compagni di classe mangiare bastoncini di pollo o hot dog.

      «I draghi non sono reali» le disse Aubrey.

      «Lo sono nella mia cultura» ribatté Tracey. «In Cina simboleggiano forza, potere e buona fortuna. Ecco perché la mia gente indossa costumi che li rappresentano durante le feste.»

      Kurt Willis tirò su col naso come se il pensiero di un immaginario drago sofferente o di uno in costume a una parata lo facesse stare male. «Penso che dovrebbe sedersi, parlare con il drago e risolvere i loro problemi a parole.»

      «Queste sono tutte ottime idee» disse Esme. «Ma cosa credete che dovrebbe fare il principe?»

      La classe la osservò in silenzio.

      «Mi ero dimenticata di lui» disse Aubrey.

      «Perché è ancora lì?» chiese Tracy.

      «Per salvarla, no?» rispose Carla.

      «Ma è lei che ha combinato un guaio» sostenne Aubrey. «Mia mamma dice che se ti trovi in un pasticcio, devi cavartela da solo.»

      Esme non faceva fatica a crederci. La madre di Aubrey parlava in continuazione di regole e procedure. Il primo giorno di scuola, la signora Thomas si era presentata con un documento rilegato di dieci pagine intitolato “Conoscere Aubrey”, in cui era indicato per filo e per segno il rituale del bagno a cui la bambina era stata addestrata da quando aveva un anno. E aveva insistito che Esme lo seguisse alla lettera.

      «Nelle favole», disse Esme, rompendo il silenzio, «è compito del principe salvare la principessa e le donzelle in pericolo.»

      «Donzelle in pericolo?» Sia Tracey che Carla pronunciarono quelle nuove parole come se le sentissero per la prima volta.

      «Ma questo è il mondo reale, signorina Pickett» disse Aubrey. «C’è una regina in Inghilterra e un sacco di principesse.»

      «Oggi una di loro viene a trovarci» disse Carla saltellando per l’impazienza.

      «Ma è solo una bambina.» Aubrey alzò gli occhi al cielo. «Mia madre ha incontrato una principessa adulta. Salvava i bambini dalle zone di guerra.»

      «Ooh» disse Kurt. «Sei riuscita a incontrarla?»

      Aubrey annuì. «Mi ha portato dei cioccolatini, ma contenevano latte, quindi non ho potuto mangiarli.»

      Tutti i bambini si voltarono e ascoltarono la storia di Aubrey. Il tempo della favola era effettivamente finito, quindi Esme chiuse il libro illustrato.

      «Va bene, bambini» disse. «Andate ai vostri materassini. È l’ora del pisolino.»

      Ci fu un coro di lamenti, ma tutti fecero come era stato loro detto. Più o meno. Kurt andò all’armadietto per prendere la sua copertina speciale. Aubrey tirò fuori gli auricolari e l’iPhone dal suo zainetto. Una parte del documento di benvenuto di Aubrey diceva che durante il pisolino la piccola doveva ascoltare Brain FM, una app che offriva specifiche sequenze musicali in grado di favorire il sonno e il relax.

      Finalmente tutti i bambini si misero stesi per il pisolino di metà mattina. L’insegnante di supporto entrò per permettere a Esme di fare la pausa pranzo, di cui aveva davvero bisogno.

      Faceva quel lavoro solo da un paio di mesi, ma quelli non erano bambini normali. Uscita dall’università, aveva sognato di cambiare la vita dei suoi giovani allievi, donando loro la voglia di imparare e ampliando la loro immaginazione. Fino a quel momento, l’unica voglia che le era stato permesso di soddisfare alla Global Learning Preparatory Academy proveniva da prodotti preconfezionati, senza latticini, frutta a guscio e glutine. L’immaginazione veniva soffocata, perché quei bambini non guardavano la TV, e i giochi a cui partecipavano non erano educativi. Esme non stava cambiando proprio un bel nulla.

      Afferrò la sua borsa dalla sala insegnanti e si preparò per uscire nella luminosa giornata di New York City. Camminando lungo il corridoio della scuola, sorpassò premi, riconoscimenti ed encomi. I ragazzini degli anni passati catturati nella celluloide sembravano tutti molto seri. Non un sorriso di gioia o occhi che scintillassero di immaginazione.

      Esme era ancora determinata a portare divertimento e gioia nella sua classe d’asilo, ma prima aveva bisogno di una pausa. E di qualcosa da mangiare.

      «Signorina Pickett.»

      Le spalle di Esme si piegarono al suono della voce del preside Clarke. Il modo in cui diceva “signorina” era singolare, e pronunciava male la parte finale, come se la troncasse. Era come se volesse allontanare da lei quel diminutivo in più, e trasformarla, così facendo, in una signora.

      Anche a Esme sarebbe piaciuto. Il problema era che non erano molti i ventenni come lei pronti a sistemarsi. Trent’anni. Sembrava fosse quello il momento giusto per fidanzarsi. E guai pensare a fare dei figli prima dei trentacinque, innanzitutto bisognava far decollare la carriera e sistemare la casa, arredarla e renderla a prova di bambino, il tutto seguendo i dettami del feng shui.

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